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Bassa Sassonia

Perché la Germania di Scholz torna a guardare a Ovest su energia e non solo

La Germania, costretta ad abbandonare la Russia, torna a guardare a Ovest per accordi commerciali ed energia. Merkel, invece, portava delegazioni di industriali soprattutto a Pechino. L'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino.

 

La Germania scopre le Americhe. Novello Cristoforo Colombo, Olaf Scholz ha messo il timone a Occidente, ha voltato le spalle alla Russia inaffidabile e all’infida Cina e ha fatto rotta verso l’Atlantico, per approdare in Canada. Tre giorni di visita ufficiale appena conclusasi, da Montreal a Toronto e Terranova, fin nel Canada orientale, accompagnato dal suo vice Robert Habeck (cui è demandata la regia della crisi energetica) e da un folto stuolo di imprenditori. Una delegazione di alto profilo, come quelle con cui Angela Merkel era solita negli anni passati scorrazzare in lungo e in largo per tutta la Cina, alla conquista di contratti e mercati. Ora il sole non sorge più a est.

Ad attendere il cancelliere alla scaletta dell’aereo di Stato nel giorno del suo arrivo c’era il suo omologo Justin Trudeau, accompagnato pure lui dal suo vice. Sorrisi e abbracci, come tra vecchi amici, una plateale dimostrazione di cordialità, ben oltre quanto richiesto dai protocolli.

C’è l’energia di mezzo e Scholz ha offerto subito la misura del cambio di rotta. “La Germania non ha nessun altro Paese al di fuori dell’Ue con cui ha legami così amichevoli come il Canada”, ha detto il cancelliere appena sbarcato a Montreal, “si condividono valori comuni e una visione simile del mondo, e il Canada, come la Russia, possiede ricche risorse naturali ma è, al contrario, una democrazia affidabile”.

Il viaggio era stato preparato con cura, i capitoli degli accordi predisposti in anticipo da un laborioso lavoro degli sherpa e alla fine le firme sono arrivate copiose. I due paesi hanno concordato una cooperazione a lungo termine per la produzione e la fornitura di idrogeno a impatto climatico zero, patto su cui hanno apposto la firma a Stephenville, nella provincia canadese orientale di Terranova, il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck e quello canadese Jonathan Wilkinson. L’accordo prevede consegne in Germania a partire dal 2025 e include anche la cooperazione nella produzione. I due capi di governo presenti hanno posto il sigillo con dichiarazioni roboanti. Scholz: “La domanda di idrogeno aumenterà fortemente, le condizioni per una produzione neutrale dal punto di vista climatico sono particolarmente buone nel nord-est del Canada, scarsamente popolato”. Trudeau: “Un grande passo che creerà posti di lavoro e consentirà la transizione verso un’economia verde”.

In precedenza, le società energetiche tedesche Eon e Uniper avevano già firmato un memorandum d’intesa con lo sviluppatore canadese di progetti Everwind. Secondo questo accordo, la cosiddetta ammoniaca verde sarà prodotta in un impianto nella provincia atlantica della Nuova Scozia a partire dal 2025.

Ma anche Volkswagen è stata della partita. La casa automobilistica di Wolfsburg entrerà nel settore minerario canadese per garantire la fornitura di materie prime per la produzione di batterie per le sue auto EV. Thomas Schmall, membro del CdA di Volkswagen, ha precisato all’Handelsblatt i termini della strategia: “Non apriremo miniere nostre, ma vogliamo acquisire partecipazioni in miniere e operatori minerari canadesi”. Schmall ha aggiunto che la scelta del marchio europeo è ricaduta sul Canada in quanto il paese “possiede praticamente tutte le materie prime necessarie per la produzione di batterie”.

Se fino a qualche tempo fa, anche in materia di batterie si guardava verso Pechino (spesso con invidia), ora la geopolitica internazionale ha fatto compiere alla Germania una virata da far venire il torcicollo. Soprattutto l’enfasi politica di dichiarazioni e immagini che ha accompagnato questo primo “viaggio collettivo” di governo e imprenditori tedeschi all’estero è apparso un segnale preciso di svolta. L’obiettivo della missione canadese era l’espansione delle relazioni economiche, anche sullo sfondo degli effetti economici della guerra in Ucraina. E il Canada appare all’opinione pubblica tedesca – specie a quella di sinistra che alimenta il consenso di due dei tre partiti della coalizione di governo – una sorta di America buona rispetto agli Usa. Tanto è vero che l’accordo di libero scambio Ue-Canada, il Ceta, entrato in vigore a titolo provvisorio cinque anni fa ( il che significa che la maggior parte dell’accordo si applica già adesso) ha trovato in Germania molta meno opposizione rispetto a quello con gli Stati Uniti (Ttip), congelato nell’epoca del grande freddo con Donald Trump.

Per la Germania, che ha alle porte il primo inverno di quella che si potrebbe definire l’era dell’energia post Russia, si tratta di correre contro il tempo. Le previsioni economiche sono fosche, in questa prima fase di transizione si punta molto sulla resilienza della società e dell’imprenditoria tedesca: virtù da non sottovalutare. Tuttavia, due giorni fa la Bundesbank ha scritto nel suo bollettino mensile che dopo la stagnazione estiva prevede una recessione invernale: “La probabilità che il PIL diminuisca nel prossimo semestre invernale è aumentata significativamente a causa degli sviluppi sfavorevoli del mercato del gas”.

Con la fine delle misure di sostegno del governo, la Bundesbank si aspetta inoltre tassi di inflazione – secondo la misurazione europea (HICP) – intorno al 10% in autunno. A luglio, secondo questo calcolo, la percentuale era dell’8,5%. “I tassi di inflazione a due cifre sono stati misurati per l’ultima volta in Germania più di settant’anni fa”, ha detto il presidente dell’istituto tedesco Joachim Nagel. A fine mese si esaurisce a un tempo lo sconto fiscale sui carburanti, che nonostante le polemiche ha calmierato i prezzi alla pompa, e il cosiddetto ticket mensile a 9 euro per mezzi pubblici urbani e treni regionali. Alle viste, già annunciati da Deutsche Bahn e operatori del trasporto locale, rincari rispetto ai prezzi pre-ticket.

Non sarà il Canada a salvare la Germania dalla crisi nei prossimi mesi, ma la nuova rotta degli affari tedeschi fa capire che la barra è ormai chiaramente messa in direzione Ovest. I prossimi mesi preciseranno meglio i contenuti di questa ritrovata Westpolitik.

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