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Perché l’Italia non può non essere filo-Trump. Il commento del prof. Pelanda

Il commento di Carlo Pelanda, analista e saggista, sul ruolo di Italia e Germania nell'Unione europea con gli Stati Uniti di Trump

Donald Trump ha conquistato la leadership del Partito Repubblicano e quindi la ricandidatura alle presidenziali del 2020, con certa possibilità di vincerle grazie al controllo governatoriale di due Stati chiave quali Ohio e Florida. Pertanto è elevata la probabilità che la sua Amministrazione sarà l’interlocutore politico nel prossimo periodo 2019-24 per l’Ue e l’Italia.

Conseguentemente si può pre-scenarizzare che Washington vorrà perseguire la vittoria nei contenziosi aperti con alleati, competitori e nemici. Ciò porta ad analizzare quale sia la «condizione di vittoria» dal punto di vista neoamericanista. Non c’è l’intenzione di far implodere la Cina, e quindi di cambiarne il regime, perché essendo ormai parte rilevante del mercato globale ciò comporterebbe una depressione destabilizzante per tutti.

La condizione di vittoria in questo caso è una resa di Pechino, via dissuasione condizionante, cioè la sua accettazione dello status di potere regionale e non globale. Ma per ottenerla, concedendo carote, dovrà mostrare un bastone forte. Per esempio, un cambio di regime in Iran è un’occasione per segnalare ai cinesi (e ai russi) fino a dove potrebbe spingersi l’America. Ma l’azione principale per ottenere la resa della Cina è la re-inclusione dell’Ue, oltre che del Giappone, nella sfera americana: un sistema G7 più compatto sarebbe un imbattibile centro del mondo e di una Nova Pax.

Ciò rende prioritario per gli europei predisporre con molta attenzione il negoziato commerciale proposto recentemente da Trump. Washington lo vorrà «simmetrico». Da un lato, l’Ue non potrà rinunciare ai suoi protezionismi né accettare in pieno la clausola di consenso americano per affari con entità cinesi, come fatto recentemente da Canada e Messico per il trattato post Nafta. Inoltre dovrà tener conto della divergenza francese. Dall’altro, se l’Ue non mostrasse ri-convergenza militare ed economica con l’America, questa la spaccherebbe per prendere il controllo diretto dell’Eurasia occidentale.

Da tempo chi scrive marca l’utilità di una forte sia alleanza euroamericana sia convergenza euro-dollaro e di concordare con l’America gli spazi di relazione con Cina e Russia, ampliando i secondi. Ora questa raccomandazione va rafforzata per salvare l’Ue e il suo accesso globale ai mercati. Germania e Italia hanno il maggior interesse oggettivo a realizzare tale scenario. Sarebbe urgente avviare un dialogo bilaterale inizialmente informale, che ora non c’è, per costruire una convergenza intraeuropea poi utile a trovare una formula per quella euroamericana.

Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza

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