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Successione Merkel

Germania, chi mira alla successione di Merkel. Nomi e scazzi nella Cdu

Chi si candida alla successione al vertice della Cdu di Merkel in Germania? L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

Entra improvvisamente nel vivo la lotta per la successione ad Angela Merkel alla guida della Cdu. Tecnicamente si tratta della successione ad Annegret Kramp-Karrenbauer, ma della leader del Saarland resterà solo il suo vezzoso acronimo AKK. I candidati scendono in campo o, per dirla alla tedesca, gettano il cappello sul ring, uno dopo l’altro, non senza sorprese.

Dei tre probabili aspiranti della vigilia (Merz, Spahn, Laschet), uno ha fatto un mezzo passo indietro. È il ministro della Salute Jens Spahn, che poco più di anno fa aveva conteso ad AKK e Merz la guida del partito e oggi rinuncia, si accasa al fianco di Armin Laschet con la promessa di diventarne il vice in caso di vittoria. È la mossa che rimescola le carte e riduce di fatto la lotta a due: Armin Laschet, merkeliano, presidente del Land più popoloso della Germania (il Nord Reno-Vestfalia) e Friedrich Merz, ex enfant prodige ai tempi di Kohl, poi uscito dal partito in furiosa polemica con Merkel, da un anno figliol prodigo nella Cdu, adorato dai liberal-conservatori ma inviso al corpaccione merkeliano del partito. C’è un terzo incomodo, Norbert Röttgen, il presidente della commissione Esteri del Bundestag, un tempo ritenuto un delfino della cancelliera, caduto poi in disgrazia dopo una rovinosa sconfitta elettorale proprio in Nord Reno-Vestfalia, ma la sua corsa appare a oggi quella di un candidato di bandiera, la sua.

Tre candidati e mezzo per un posto, dunque. Tutti uomini e tutti provenienti dal Nord Reno-Vestfalia, il Land occidentale per eccellenza: 18 milioni di abitanti, il più popoloso della Germania, impigliato in una lunga transizione industriale che ha lasciato strascichi soprattutto nell’area mineraria della Ruhr e con una catena di città che raccontano la storia di questo paese, da Colonia a Dortmund, dal capoluogo Düsseldorf a Duisburg e naturalmente a Bonn, la vecchia capitale.

Le storie personali dei candidati si intrecciano in un groviglio di amicizie e invidie, rivalità e frequentazioni. Ma da esse emerge già il discrimine fra i due che se la giocheranno fino in fondo: armonia contro polarizzazione, per dirla con Laschet; continuismo contro nuovo inizio, per dirla con Merz. Sarà competizione vera.

I retroscena della Berlino politica, veri o verosimili, raccontato di tentativi del gruppo dirigente attuale di smorzare le ambizioni di Merz, offrendogli un gabinetto ministeriale nell’ambito di una leadership collegiale che avrebbe dovuto guidare il partito. Ne scrive la Bild, la cui redazione politica nella capitale è sempre ben informata, aggiungendo che Merz avrebbe rifiutato. Ma il disastro elettorale di Amburgo di domenica scorsa (11%, minimo storico nella città anseatica) ha precipitato gli eventi costringendo, tutti a rivedere l’agenda lenta che AKK aveva disegnato per la sua successione: scelta del nuovo capo del partito anticipata al congresso straordinario di Berlino il 25 aprile. Nessun compromesso, nessuna cooptazione, via alla corsa.

Nelle presentazioni ufficiali avvenute ieri mattina Laschet e Spahn prima, Merz subito a ruota hanno fissato i punti di forza della campagna che nelle prossime settimane svolgeranno di fronte alle federazioni regionali. Laschet punta sulla capacità di unire le diverse componenti del partito, elemento a suo dire indispensabile per affrontare la crisi che la Cdu sta vivendo, e mette sul piatto la sua esperienza di governo in un Land importante. Il governatore sottolinea il suo ruolo di pontiere, la sua capacità di cucire i rapporti, e paventa il rischio che una presidenza Merz possa polarizzare il partito, riaprire ferite ormai composte, spingere la Cdu troppo a destra. Da un lato la corsa con Spahn al suo fianco gli garantisce, oltre che il pieno dei delegati del Nord Reno-Vestfalia (la federazione più numerosa), anche una copertura dell’ala conservatrice, strappando consensi che sarebbero andati a Merz: nel congresso che elesse AKK, Spahn raccolse il 15% dei voti fra i delegati. Dall’altro Laschet può vantare una vittoria elettorale di peso, quella che nel 2017 gli ha consentito di battere la presidente uscente dell’Spd e riconquistare alla Cdu il Land più popoloso del paese.

Merz al contrario gioca tutto sul cambiamento, sostiene che questa volta si tratta di scegliere la direzione verso cui la Cdu deve andare, affibia a Laschet il ruolo del continuatore e riserva per sé quello dell’innovatore. Non parla di rottura con Merkel e il passato, ma di nuova partenza, che è un modo più elegante per dire che bisogna cambiare tutto: più legge e ordine, più digitalizzazione, più investimenti nell’economia, più Europa ma dentro un quadro che piace ai “falchi” dell’economia. Numericamente parte anche questa volta svantaggiato, ma sostiene di aver riallacciato tanti rapporti nel partito dal congresso perso nel dicembre 2018 e gode, secondo i sondaggi, del consenso maggiore fra gli elettori della Cdu. A votare saranno però i delegati, quadri del partito eletti nelle federazioni regionali e dirigenti nazionali. Merz pensa di avere le carte giuste per convincere anche loro: “l’altra volta i deputati temevano che una mia elezione avrebbe fatto cadere il governo e causato nuove elezioni, adesso mi dicono che solo con me hanno una chance di riconquistare un seggio”, ha detto in conferenza.

Sarà una competizione dura, tra uomini dalla personalità e dal temperamento differente, che offrono prospettive diverse a una forza in crisi, timorosa di perdere il ruolo di ultima Volkspartei. Un confronto aperto a qualsiasi esito, che può essere lacerante oppure rivitalizzante per un partito inevitabilmente letargico dopo una stagione lunga come il ventennio di Angela Merkel. Gli umori nel partito sono depressi per i ripetuti rovesci elettorali regionali degli ultimi mesi, mentre il pasticcio combinato in Turingia – che peraltro mantiene il Land ancora nell’ingovernabilità – ha evidenziato la necessità di una leadership chiara e determinata nel gestire una fase completamente diversa della politica tedesca.

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