Una lunga fila di trattori corre lungo l’arteria che costeggia la stazione centrale di Erfurt, diretta verso il punto convenuto della manifestazione. Nella capitale della Turingia, dove la politica consuma gli ultimi giorni di una serrata campagna elettorale per il rinnovo del governo regionale, gli agricoltori sembrano spuntati dal nulla. Un po’ come in tutto il resto della Germania. A Bonn, dove ieri si è svolta la dimostrazione principale perché l’ex capitale è ancora ufficialmente sede del ministero dell’Alimentazione e dell’Agricoltura, a Berlino, invasa dai trattori arrivati da tutto il Brandeburgo, a Monaco, Münster, Hannover e Stoccarda, la capitale dell’automobile per un giorno “conquistata” dagli uomini delle campagne. Protestano contro la politica agraria del governo che, frantumata in una serie di leggi e regolamenti (dal piano per la tutela degli insetti all’ordinamento sui concimi, fino a quello sugli allevamenti), farebbe dell’agricoltore il capro espiatorio dell’inquinamento ambientale.
GLI AGRICOLTORI LAMENTANO DI ESSERE DIVENTATI IL CAPRO ESPIATORIO DELL’AMBIENTALISMO
La questione è più profonda. Nelle misure sull’uso più restrittivo dei prodotti a base di glifosato e dei nitrati che minacciano le falde acquifere, sull’introduzione di un’etichetta per la protezione degli animali, per la tutela degli insetti o di generici finanziamenti per difesa di ambiente e clima, gli agricoltori non solo vedono provvedimenti letali per l’esistenza delle imprese agricole, ma una vera e propria manovra per gettare discredito sull’economia delle campagne. “Ideologico” è il giudizio con cui hanno bollato il pacchetto delle ministre Julia Klöckner (Cdu, Agricoltura) e Svenja Schulze (Spd, Ambiente), puntando il dito in particolare sulle nuove regole per i concimi “che apporterà più danni che vantaggi”. Ma insistono soprattutto sul tentativo da parte di politici e ong varie di fare degli agricoltori i colpevoli della distruzione dell’ambiente: “Discriminazione, pregiudizio e mobbing nei nostri confronti sono all’ordine del giorno”, è scritto nel comunicato con cui è stata lanciata ieri la protesta, “noi non siamo inquinatori e torturatori di animali”. È da questa frustrazione a lungo covata che nasce l’esplosione che ha spiazzato tutti.
UN MOVIMENTO NATO SU FACEBOOK, FUORI DAI CANALI DI RAPPRESENTANZA ISTITUZIONALI
A cominciare dall’istituzione che ufficialmente tutela gli agricoltori, la potente Deutscher Bauernverband (Dvb). Se le rivendicazioni fossero solo economiche, sarebbe bastato rivolgersi a questi professionisti berlinesi del lobbing, con i contatti giusti nei posti che contano. Invece a organizzare i nuovi contestatori è una piccola associazione nata sul web. Si chiama Land schafft Verbindung, un gioco di parole. Landschaft (con una sola effe) è il paesaggio, schafft è la terza persona del verbo creare e Verbindung significa contatto: più o meno, la terra crea contatto. Più che la terra ha potuto il web. Il gruppo è nato su Facebook all’inizio di ottobre e in poche settimane ha raccolto 30 mila aderenti. La rete trasferita su WhatsApp si è moltiplicata raggiungendo 100 mila persone. Così ha preso forma la protesta che ieri ha reso a tutti visibile il malcontento degli agricoltori tedeschi. Qui nessuno li chiama ancora gilet gialli, forse anche per non evocare fantasmi mediatici, ma le similarità ci sono tutte: una protesta improvvisa, che nasce dal basso, al di fuori dei canali istituzionali di rappresentanza politica o sindacale e si sviluppa attraverso i social media.
TUTTO E’ INIZIATO ALL’INIZIO DEL MESE IN OLANDA
Ma la protesta del mondo agricolo non nasce in Germania. L’epicentro della ribellione è nella vicina Olanda, dove i trattori sono per le strade già da tre settimane e le manifestazioni non sono state tutte pacifiche. L’Olanda fa meno notizia, eppure la prima grande dimostrazione è datata 1 ottobre. In quel giorno più di 2 mila agricoltori in sella ai propri trattori invasero strade e autostrade del paese, causando secondo i tecnici dell’automobilclub locale oltre mille chilometri di coda. Diecimila manifestanti assediarono le sedi della politica a L’Aja e ci furono due arresti per il tentativo dei trattori di forzare i blocchi messi a protezione dei palazzi istituzionali. Le proteste sono poi proseguite, nella capitale e nelle altre province, e una settimana fa a Groningen gli agricoltori hanno sfondato con un trattore il portone di una sede amministrativa della città. La polizia è intervenuta con i manganelli, ci sono stati feriti e scene che hanno ricordato i momenti più drammatici delle sommosse francesi. “Le proteste olandesi sono massicce e in alcuni casi sorprendentemente violente”, racconta a Start Magazine Rob Savelberg, corrispondente da Berlino per De Telegraaf, “e per la manifestazione di mercoledì scorso a L’Aja il governo ha dovuto impiegare l’esercito per presidiare e difendere le sedi delle istituzioni politiche, una situazione certamente straordinaria per le abitudini del nostro paese”.
DA L’AJA A BONN I TRATTORI METTONO IN PIAZZA LE FRUSTRAZIONI DEL MONDO AGRICOLO
Anche in Olanda, come poi in Germania, si è partiti dal contrasto a paventate misure del governo e delle province per sfociare in una vera e propria ribellione esistenziale. A seguito di una sentenza dell’Alta corte che ha imposto una drastica riduzione delle emissioni di azoto, il governo ha puntato il dito contro gli allevamenti intensivi, lasciando intendere di voler chiudere la metà degli stabilimenti tuttora in attività. “In Olanda non vi è alcun futuro per gli allevamenti intensivi”, aveva detto un politico della sinistra liberale D66 imputando agli agricoltori il 70% delle emissioni di azoto. altre misure erano state già prese dalle amministrazioni provinciali. Da qui la nascita del gruppo Agractie che ha organizzato le manifestazioni. Oltre a opporsi alle misure per il taglio delle emissioni di azoto, gli agricoltori lamentano il fatto di essere messi sempre sul banco degli imputati e che altri settori produttivi vengano risparmiati da misure che giudicano vessatorie. Dai politici pretendono maggiore rispetto: “Non siamo né assassini né inquinatori, abbiamo un cuore per l’agricoltura”, sono le parole d’ordine riecheggiate nei cortei. Nel frattempo la pressione della piazza ha fatto compiere marcia indietro a doverse province, che hanno ritirato le misure relative alle autorizzazioni per i cosiddetti “spazi di azoto” all’intrerno degli stabilimenti e il ministro nazionale competente ha assicurato che sotto il suo mandato non ci sarà alcun dimezzamento. Ma la questione resta aperta e il governo è diviso, fra la sinistra liberale che vorrebbe portare avanti le misure e i conservatori che preferirebbero puntare sulla tecnologia per combattere le emissioni di azoto.
UNA PROTESTA IMPROVVISA CHE NESSUNO SA DOVE PUO’ PORTARE
Nel frattempo la protesta è tracimata in Germania e nessuno sa dove può arrivare. La politica è allarmata dalla velocità con cui da una miccia è scaturito l’incendio. Il fantasma dei gilet gialli, pur esorcizzato, torna a far capolino, anche se gli organizzatori della manifestazione tedesca evidenziano il carattere pacifico della protesta di ieri. Per ora, tutti quelli che hanno sottovalutato la frustrazione nelle campagne sono costretti a rincorrere i protestatari. A cominciare dal presidente della Deutscher Bauernverband che ha dichiarato “totale comprensione e solidarietà, fintanto che la protesta resterà pacifica”, per passare ai politici. La ministra dell’Agricoltura Klöckner ritiene “falsa e ingiusta” l’equiparazione fra agricoltori e torturatori di animali o inquinatori, anche se li sprona ad assumersi il dovere di contribuire al risanamento delle falde acquifere. Uno degli esponenti più in vista dei Verdi, Anton Hofreier, se la prende più col governo e giudica le proteste “il risultato della decennale assenza di una politica agraria”.