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Giorgetti

Gentiloni festeggia Draghi (e archivia felicemente Conte)

Elogi a Draghi, secchiate di acqua fredda addosso a Conte. Questo il succo vero dell'interviste del commissario italiano nella Commissione di Bruxelles, Gentiloni.

 

Il sospiro di sollievo del commissario italiano a Bruxelles ed ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, raccolto – credo al telefono – dal direttore della Stampa Massimo Giannini, deve essersi rovesciato come una secchiata d’acqua fredda, e di verità, addosso a Giuseppe Conte. E a chi, sotto le cinque stelle ma anche altrove, per esempio nel Pd, lo rimpiange e, magari, si commuove come il suo portavoce Rocco Casalino nel rivedere le foto del commiato da Palazzo Chigi con la fidanzata.

“Con Draghi rinasce l’Italia”, ha detto Gentiloni, e gridato La Stampa su tutta la prima pagina. “Ora Bruxelles si fida di Roma”, ha aggiunto il commissario europeo all’economia quasi liberandosi di un incubo che, a dire il vero, aveva in qualche modo manifestato anche durante la crisi, quando si lavorava per una terza edizione del governo Conte. Ma a Roma avevano fatto finta di non sentire e capire né i compagni di partito di Gentiloni, a cominciare dal segretario “ombra” Goffredo Bettini, né i pentastellati arroccati attorno al presidente del Consiglio dimissionario come ad un’immagine sacra nel pieno di una spaventosa tempesta.

Il nuovo presidente del Consiglio “non dice nulla e piace a tutti”, ha scritto desolato lo storico dell’arte Tommaso Molinari sul Fatto Quotidiano – e dove sennò? – ma vorranno pur dire qualcosa gli effetti benefici che si sono già avvertiti col suo arrivo alla guida del governo, anche se c’è chi soprattutto a sinistra, più che a destra, dalle parti di Giorgia Meloni e “fratelli” schieratisi presto all’opposizione, spera magari di vederlo naufragare nella lotta alla pandemia. “Alla destra si perdona sempre tutto e subito, alla sinistra niente”, ha osservato il politologo Piero Ignazi su Domani, desolato come Molinari per altro verso sul giornale di Marco Travaglio, pensando al ruolo aumentato dei leghisti di Matteo Salvini e dei forzisti di Silvio Berlusconi.

Naturalmente la secchiata di acqua fredda e di verità rovesciatasi addosso a Conte con le parole e i giudizi impliciti di Gentiloni, a questo punto, su entrambi i governi da lui presieduti, non frenerà minimamente l’ex guardasigilli grillino Alfonso Bonafede. Che ha riproposto sul Fatto Quotidiano – e dove senno?, anche questa volta – di affidare al professore e avvocato amico il compito di “rifondare” e capeggiare, si presume, il tormentatissimo MoVimento 5 Stelle. E ciò anche per smentire due ex grillini come Gian Luigi Paragone ed Emilio Carelli, che ne hanno appena parlato, intervistati da Libero, come del “nulla” o dell’”inferno”.

Eppure una ricetta più semplice e immediata per la rifondazione, rigenerazione e quant’altro del movimento di Grillo è stata indicata proprio sul Fatto Quotidiano con “la cattiveria” di giornata sulla prima pagina. Eccola: “A proposito di espulsioni, fanno prima se dai 5Stelle vanno via Crimi e Di Maio, restano tutti gli altri”, compreso Bonafede evidentemente, ospitato con tanta generosità dal giornale di Travaglio anche ora che non è più il ministro della Giustizia e tanto meno il capo della delegazione grillina al governo. Egli partecipa a suo modo a quella trasformazione del movimento che, pur sospetta agli occhi di Travaglio, ha così rappresentato nel suo editoriale su Repubblica l’ex direttore Ezio Mauro: “Grillo, l’antistato diventa sistema”. Vasto programma, avrebbe detto il sempre compianto generale Charles De Gaulle.

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