skip to Main Content

Vi racconto genesi e fini del petroyuan

L’analisi dell’editorialista Guido Salerno Aletta sulla recentissima creazione in Cina di un mercato di future per il petrolio La fortuna di una moneta, è inutile dirlo, dipende dalla economia che rappresenta. La sterlina fece furore, da quando l’economia inglese prosperò, prima finanziando le coalizioni anti-napoleoniche dei primi dell’800 e poi con il suo impero coloniale, alla…

La fortuna di una moneta, è inutile dirlo, dipende dalla economia che rappresenta.

La sterlina fece furore, da quando l’economia inglese prosperò, prima finanziando le coalizioni anti-napoleoniche dei primi dell’800 e poi con il suo impero coloniale, alla prima guerra mondiale. Collassò per via dello spostamento dei traffici verso gli Stati Uniti ed il dollaro. La sterlina perse così il suo ruolo centrale nel panorama internazionale: l’oro ed i capitali si erano spostati verso gli Usa, che erano diventati i principali esportatori al mondo di prodotti agricoli e manufatti.

Dal 1918 al 2018, abbiamo assistito al secolo americano: il potenziale economico, finanziario ed americano, sviluppatosi ulteriormente dopo la seconda guerra mondiale, aveva fatto del dollaro la principale valuta di riserva al mondo: tutto si misura in dollari. Non solo si compra e si vende in dollari, ma soprattutto in dollari si mantiene la riserva di ricchezza per i futuro.

Chi parla dell’euro, che rappresenterebbe dal 2001 una valuta internazionale di riserva alternativa al dollaro, compie un errore: in euro, infatti, sono denominati la gran parte dei future, i contratti che servono per proteggersi dal rischio sull’andamento dei tassi di cambio, dei tassi di interesse, dei rischi di default. In pratica, l’euro è una moneta assai diffusa per via degli Stati che la adottano, ma è altrettanto fragile per via della debolezza delle economie che la adottano. Quindi, la gran parte degli operatori che utilizzano l’euro per le transazioni economiche e finanziarie, si copre dai rischi che comporta l’aver stipulato un contratto in questa valuta. Si compra e si vende in euro, si investe in obbligazioni, ovvero in azioni, denominate in euro, ma contemporaneamente si stipula un contratto (il derivato) che copre i rischi derivanti dall’utilizzo di questa valuta rispetto al dollaro.

La vera debolezza dell’euro è rappresentata dal fatto di essere una valuta eccezionale: non è la moneta di uno Stato, ma di un insieme di Stati che la hanno adottata, come alternativa al cambio fisso. Di conseguenza, le tensioni all’interno dell’eurozona ne fanno una moneta intrinsecamente precaria, per il rischio che qualche Paese in difficoltà rinunci a questa moneta unica, e torni alla sua propria, nazionale.

Il fenomeno cinese e della sua valuta, il remninbi o comunemente yuan, è stato assai poco considerato nella sua portata globale. Se, infatti, la Cina è stata ammessa nel Wto sin dall’inizio del 2001, la sua valuta è rimasta ad uso interno: né i cinesi potevano esportarla, né gli stranieri comprarla.

In pratica, in questi anni l’economia cinese ha usato principalmente il dollaro, ma anche lo yen e l’euro, per commerciare all’estero, ed ha usato il surplus commerciale per investimenti in titoli di stato americani. Per ogni dollaro incassato importando, la Banca del popolo cinese ha stampato il controvalore in remnimbi: il dollaro rimaneva fermo presso la Banca, mentre all’imprenditore-esportatore veniva corrisposto il controvalore in moneta cinese. Di converso, quando lo stesso imprenditore aveva bisogno di importare materie prime, la Banca del popolo cinese incassava yuan e metteva a disposizione la valuta straniera occorrente.

L’imprenditore cinese non ha mai potuto detenere valuta straniera: il suo profitto era sempre e solo in moneta interna, che poteva usate e reinvestire a piacimento. Il surplus estero era quindi gestito solo dalla Banca del popolo cinese. La economia cinese è quindi cresciuta in un ambiente valutariamente stagno, ma con l’inconveniente di dover investire prevalentemente all’interno gli enormi profitti accumulati anno dopo anno con il commercio estero. Gli investimenti all’estero delle imprese cinesi sono infatti fortemente controllati: di recente, sono stati introdotti limiti per quanto riguarda le acquisizioni in settori come il calcio. E’ evidente che il Partito comunista cinese non può tollerare che gli imprenditori cinesi comprino all’estero squadre di calcio come fanno gli emiri arabi. Si pone un problema assai rilevante: come reimpiegare il risparmio interno cinese, che è pari al 42/43% del PIL annuo. Un tasso di investimenti corrispondente a questa cifra, fa sì che di altrettanto cresca annualmente il debito interno delle imprese. E’ evidente che si tratta di un andamento non più sostenibile: bisogna dare a questa mole immensa di risparmio una prospettiva di investimento diversa.

Le alternative erano tante. Innanzitutto, liberalizzare gli investimenti all’estero, ed era la soluzione desiderata da Wall Street. Veder affluire enormi quantità di risparmio cinese, avrebbe sostenuto i corsi azionari americani assai più dei petrodollari arabi: ma questo avrebbe significato per la Cina di perdere il controllo politico del risparmio interno. Avrebbe trasformato i cinesi in un popolo di ingenui speculatori, in mano alle volpi dei mercati. Una alternativa era la creazione di un ampio mercato azionario interno cinese: ma questo ha comportato, alla Borse di Shanghai, due anni fa, la creazione di una bolla incontrollabile.

Tre soluzioni sono state individuate di recente, per far diventare lo yuan una valuta internazionale: usarla per i prestiti a lungo termine negli investimenti lungo la Via della Seta; usarla per gli acquisti di petrolio; creare un mercato dei future di petrolio. Mentre la prima soluzione dipende da congiunture geopolitiche assai complesse, come quelle che hanno portato di recente la Russia, l’Iran ed il Venezuela a farlo, gli investimenti lungo la Via della Seta seguiranno ritmi dilazionati nel tempo.

La recentissima creazione in Cina di un mercato di future per il petrolio ha avuto un enorme successo, per tre motivi; corrisponde alle necessità interne, essendo la Cina il principale importatore al mondo di prodotti energetici; dà una prospettiva di utilizzo concreto e non speculativo al risparmio interno; evita di esportare capitali a beneficio altrui.

Diversamente dai petrodollari, che sono stati per decenni un utilizzo finanziario negli Usa dei proventi in dollari dei Paesi arabi produttori di petrolio, i petroyuan sono una riserva di risorse finanziarie interne cinesi accumulate per provvedere al fabbisogno interno. È iniziata la internazionalizzazione della valuta cinese. La Lunga Marcia del Petroyuan.

(Estratto di un articolo pubblicato su Teleborsa)

Back To Top