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Guerre

La Nato può distruggere i missili russi contro l’Ucraina?

Il generale Tricarico ha ragione quando definisce "ipotesi di scuola" la possibilità che la NATO intercetti i missili russi sull'Ucraina. Ma sbaglia quando sostiene che Zelensky e Kuleba vogliano "innalzare la tensione". L'intervento di Marco Mayer.

Caro direttore,

il generale Leonardo Tricarico ha ragione quando definisce “ipotesi di scuola” la possibilità che la Nato intercetti e distrugga i missili russi che di notte e di giorno colpiscono le città ucraine, ma sbaglia profondamente quando sostiene che Zelensky e Kuleba invocano questa eventualità “allo scopo di innalzare la tensione”. Questa accusa alla leadership dell’Ucraina da parte del generale Tricarico appare – oltre che ingenerosa – priva di fondamento.

Tutti gli osservatori concordano sul fatto che nelle ultime settimane chi ha “innalzato la tensione” è la Russia con i massicci attacchi di terra nella regione di Kharkiv, con insidiose azioni di guerra elettronica e con una evidente escalation dei bombardamenti con missili, bombe telecomandate e droni kamikaze.

È soprattutto per far fronte al dramma quotidiano dei bombardamenti e alle loro conseguenze devastanti sulle popolazioni civili che Zelensky e Kuleba chiedono a Washington, alle capitali europee e a tutti i paesi democratici supporti tecnologici più adeguati.

Dotare l’Ucraina di una difesa aerea degna di questo nome ha innanzitutto un valore umanitario perché può ridurre in modo consistente le vittime civili nonché intercettare i vettori di morte e distruzione prima che colpiscano le infrastrutture energetiche, le città e i villaggi.

Sulla necessità di ridurre in modo incisivo gli effetti devastanti dei bombardamenti russi sull’Ucraina tutti dovrebbero concordare e non dovrebbero esserci le divisioni politiche che caratterizzano purtroppo la politica italiana.

Oggi Putin si sente forte perché è libero di bombardare a suo piacimento l’Ucraina in ogni angolo del territorio. Ed è proprio per questo che non sembra disponibile a negoziare (o meglio: a concedere) neppure la breve tregua olimpica auspicata a Parigi da Emmanuel Macron e dal presidente cinese Xi Jinping.

I pacifisti a senso unico e i partiti (di governo e di opposizione) che contrappongono la prospettiva dei negoziati all’invio di aiuti per la difesa aerea dell’Ucraina non hanno capito quello che sta accadendo o sono in malafede, succubi della propaganda russa. Potenziare le capacità difensive dell’Ucraina e compiere ogni sforzo per avviare negoziati sono due obbiettivi politici e umanitari da perseguire contemporaneamente perché si rafforzano l’un l’altro, facilitando una soluzione positiva del conflitto.

L’Ucraina avrebbe bisogno di un vero contributo dell’Europa nel comparto della difesa aerea; peccato che il duro scontro tra l’industria tedesca e francese nel settore abbia prodotto uno stallo che incide negativamente anche sul supporto europeo all’Ucraina.

I ritardi degli Stati Uniti sono noti all’opinione pubblica, la sostanziale assenza dell’Unione europea meno. Da quanto emerge, solo la Germania sembra contribuire in modo davvero significativo a mitigare gli effetti devastanti dei bombardamenti quotidiani che colpiscono l’Ucraina.

Dopo i viaggi in treno di Mario Draghi e Giorgia Meloni a Kiev, anche l’Italia dovrebbe fare di più. Ma non è facile. All’epoca del governo giallo-verde di Conte e Salvini i finanziamenti per gli apparati antimissile furono bloccati da un lungo braccio di ferro tra i ministri dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e della Difesa Elisabetta Trenta; non so se sia stato recuperato il tempo perduto.

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