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Frega a qualcuno del Cnr?

Scaduti i 45 giorni di proroga straordinaria dell'attuale presidente Maria Chiara Carrozza, il Cnr, ovvero l’ente scientifico più grande d’Italia, è senza nocchiero e privo di tre quarti del Cda. Il governo evoca irregolarità di bilancio e non riuscendo a trovare un nome spinge per il commissariamento. Nel disinteresse complice (poche le voci di protesta) anche di opposizioni e quotidiani ostili alla maggioranza. La lettera arrabbiata e delusa di Francis Walsingham

Caro direttore,

mentre in America l’hỳbris di Trump ha raggiunto livelli tali da rispedire a casa i migliori cervelli del mondo attratti dall’incomparabile qualità degli atenei americani, in Italia – nella nostra italietta – la follia è tale che non proviamo nemmeno più a trattenere i nostri di cervelli, in perenne fuga.

Se ancora sopravviveva a stento – e lo faceva grazie a soldi pubblici, italiani ed europei -un ente capace di fermare in patria qualche mente brillante, qualche sparuto uomo o sparuta donna dal ‘multiforme ingegno’ ammesso ne esistano ancora quello era senz’altro il Cnr.

Che sarà pure – in parte  – un carrozzone (pure i numeri non tornano: Repubblica parla di 108 istituti allocati in tutta Italia, 8.600 dipendenti e un bilancio annuo prossimo al miliardo di euro, il Manifesto di 88 istituti di ricerca e in cui lavorano dodicimila tra ricercatori, tecnici, amministrativi e assegnisti, poi sempre Repubblica ci dice che ha 5mila ricercatori e 1,7 miliardi di budget all’anno), sarà con ogni probabilità un ente troppo complesso e articolato per fungere davvero bene, senza sprechi, avrà mille e più problemi classici di ogni entità statale o parastatale, come denunciano quotidianamente i ricercatori precari, però credo sia anche un vanto e una eccellenza in un panorama in cui noi europei siamo sempre meno visibili, messi in ombra dagli Usa prima e da tutta l’aria asiatica poi (non solo Cina e Giappone, ma anche l’India e la Corea del Sud non sono affatto da sottovalutare nell’ambito Stem e c’è chi è già pronto a scommettere su Cambogia e Vietnam).

Vedere che l’attuale governo, sempre molto attento e puntuale nel disporre delle poltrone in Rai dove arriva quasi a metter becco anche su quelle degli uscieri della redazione distaccata di Canicattì, si stia invece totalmente disinteressando della questione in cui versa il Consiglio nazionale delle ricerche mi fa davvero male al cuore. Com’è possibile lasciare il Cnr fermo con le quattro frecce nella corsia d’emergenza su di un’autostrada, quella della scienza e dell’alta tecnologia, in cui per stare al passo bisogna correre alla velocità della luce, senza fermarsi mai?

Da italiano che ha pagato le tasse tutta una vita sono pure parecchio inca…volato di veder questo ente appassire giorno dopo giorno in un immobilismo che è uno sfregio al lavoro delle nostre menti più brillanti.

Ti spiego la situazione e la dico a te ben sapendo che troverò finalmente un giornalista disposto ad ascoltarmi, dato che Start Magazine è la sola testata che s’è occupata in quest’ultimo periodo e non solo delle beghe della Carrozza, della sua controversa passione per le univerità telematiche e della questione precari (su questo voglio tornare a breve, abbi pazienza). Maria Chiara Carrozza, già ministra dell’Istruzione e della ricerca nel governo Letta, è in proroga, quattro membri del Cda su cinque non possono firmare atti e dunque tutti i progetti sono fermi.

Su tutto ciò si sta imbastendo una triste polemica meramente pecuniaria, col Mur di Anna Maria Bernini che parla di “Serie criticità patrimoniali”, la Ragioneria di Stato di un “Risultato negativo per 21 milioni” e col Consiglio nazionale delle ricerche che invece ribatte che la “Situazione economica è solida”. Ciascuno qui ha seguito un film diverso. Risultato? Il governo, pur vantando la maggioranza più vasta mai vista nella storia recente e forse anche passata, dopo essersi bellamente infischiato del dossier sul Cnr, procederà – ci scommetto ciò che vuoi – con un commissariamento perché i conti non tornano. Sceglie insomma di non scegliere. E per non sfigurare troppo, per non sfigurare ancora, utilizzerà la foglia di fico del bilancio.

Come se il Cnr fosse una qualsiasi partecipata di Stato che non deve fare ricerca ma deve fare profitto a prescindere. Beninteso: se dall’analisi del bilancio – immagino stratificato, considerata la complessità dell’ente – risultassero ammanchi sospetti o finanziamenti ad amici di amici un commissariamento sarebbe anche ipotizzabile, ma dato che sulla stampa non leggo nulla di tutto ciò, il dubbio che mi viene è che sia solo un tentativo di calciare la palla lontano. Ti leggo di quali inadempienze parliamo: la Ragioniera generale Daria Perrotta ha fatto presente come “il budget economico del Cnr non è conforme allo schema richiesto” alle amministrazioni pubbliche: “I documenti contabili di programmazione e di consuntivazione devono essere redatti con chiarezza”. Invece, “non risultano allegati al budget economico né il prospetto delle previsioni di spesa complessiva, articolato per missioni e programmi, né il piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio”.

Per quanto riguarda le entrate, “esse sono riferite principalmente ai contributi a carico del bilancio dello Stato, quali i trasferimenti dal Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca”. E a proposito dei costi di produzione, pari a 844 milioni di euro, “si evidenzia che tale previsione è riferita alle sole spese per il personale, di funzionamento e di mantenimento degli edifici”.

Ancora, “non emerge dalla documentazione trasmessa la predisposizione di uno stato patrimoniale iniziale al 1° gennaio 2025”. Ciò posto, “il budget 2025 espone un risultato atteso negativo per 21.089.200 euro” e “non risulta corretto il riferimento all’utilizzo, ai fini del rispetto del principio di pareggio di bilancio, dell’avanzo di amministrazione disponibile”. Quindi, “la relazione illustrativa non fornisce elementi di dettaglio circa l’importo dei costi per acquisto di beni e servizi”. La Ragioneria di Stato chiude così: “In sostanza, si deve dare contezza delle risorse che si intendono utilizzare a copertura del disavanzo economico, dimostrando una programmazione rispettosa degli equilibri di bilancio e rappresentando una situazione complessiva ed analitica del pareggio , che non può essere esclusivamente economico, ma anche finanziario e patrimoniale, per assicurare la continuità amministrativa”.

Il Cnr però ribatte: “In questi anni, l’Ente ha operato in stretta sinergia con il ministero dell’Università e della Ricerca, con il quale ha condiviso le strategie di riorganizzazione gestionale e scientifica del Piano di rilancio (approvato da Mur, Mef e Corte dei Conti), le cui milestone sono state raggiunte nell’arco temporale previsto, con parere positivo del comitato internazionale di esperti Supervisory Board. Imputare il ritardo nelle nomine dei componenti del Consiglio di amministrazione a inesistenti criticità di bilancio corrisponde pertanto ad informazione priva di fondamento. L’ultimo Rendiconto generale, relativo all’esercizio 2024, sul quale il Collegio dei revisori dei conti in data 30 aprile 2025 ha espresso parere favorevole, registra un avanzo di amministrazione libero molto consistente, in forte crescita rispetto ai precedenti. Il Rendiconto generale 2024 potrà essere reso pubblico dopo che il futuro Consiglio di amministrazione, quando sarà costituito, potrà riunirsi, deliberare sul risultato e disporne l’utilizzo per le finalità connesse al perseguimento della missione dell’Ente. L’Ente gode, quindi, di una attestata solidità patrimoniale, frutto di una corretta gestione delle risorse. Il bilancio è positivo”.

Il mandato quadriennale di Maria Chiara Carrozza avviato agli albori dell’esecutivo Draghi è scaduto il 12 aprile scorso. In queste ore scadranno pure i 45 giorni di proroga. Questo per il Cnr significa dire addio ai bandi europei, dire addio ai fondi, dover fermare ogni progetto in essere perché non c’è nessuno con l’autorità di firmare la variazione di un decimale dal bilancio.

“L’ultima riunione – annotano sul Manifesto – risale a due mesi fa. La ministra deve nominare i successori pescando dalle liste indicate da Crui, Unioncamere e Confindustria: le candidature sono arrivate ma le nomine sono ferme. Scaduto anche il consigliere nominato dalle Regioni. Al momento l’unico membro in carica è il rappresentante eletto dal personale, Nicola Fantini. E ora il Cnr è una nave che procede senza timone”.

Eppure si sapeva che Corrazza era al capolinea. Non ricordo un governo della Prima o della Seconda repubblica che non abbia seguito con attenzione la scadenza delle poltrone. Rino Falcone (già Direttore dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr) su Left parla di un tentativo di prevaricazione del legittimo funzionamento autonomo del Cnr e accusa il governo di voler “imporre un regime monocratico e di controllo politico del tutto estraneo alle esigenze della ricerca e contrario a ciò che la nostra Costituzione prescrive”. Io direi che più che altro il governo se ne frega, come se ne fregano i media. Passi Left, che dà ospitalità al pensiero dell’autorevole Falcone, ma dove sono finiti i giornali vicini all’opposizione? Ancora ubriachi, come l’opposizione, per le vittorie di Genova e Ravenna?

Capisco che per non creare malumori di coppia alcune testate non possano insistere troppo sull’inerzia della ministra dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini evidentemente in tutt’altre faccende affaccendata (l’HuffPost – vicediretto dal consorte Alessandro De Angelis, pure firma del quotidiano La Stampa del gruppo Gedi – si limita a trattare qua l’argomento), ma dove sono finiti tutti gli altri quotidiani, anch’essi sempre molto attenti quando c’è da parlare delle poltrone in Rai?

La verità empirica, quella insomma che come i principi scientifici tanto cari al Cnr va dedotta mediante osservazione, caro direttore, è che a nessuno in questo nostro folle Paese frega nulla della ricerca.

Con buona pace dei precari del Cnr, rimasti in Italia convinti di poter fare ancora la differenza e che adesso non potranno più andare manco negli Usa.

Un affranto,

Francis Walsingham

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