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Come la Francia schiva il terzo lockdown, almeno per il momento

Non ci sarà un terzo lockdown in Francia, almeno per il momento. Ecco perché. Il punto di Enrico Martial.

Non ci sarà un terzo lockdown in Francia, almeno per il momento. Da una settimana gli annunci rimbalzavano sulle pagine dei giornali, il coprifuoco alle 18 pareva non più sufficiente, con gli indicatori in lenta salita e potenzialmente capaci di accelerare, come sottolineava il ministro della salute, Oliver Véran, giovedì scorso, in conferenza stampa.

La preoccupazione maggiore viene dalle varianti Covid inglese e sudafricana, che hanno progressivamente raggiunto la quota dei 20% dei casi positivi registrati in Francia.

Nella percezione pubblica, il Regno Unito avrebbe ritardato di due-tre settimane le misure restrittive di risposta alla variante più contagiosa, pagandone lo scotto con un’impennata e una media giornaliera di oltre 1500 decessi e fino ai 1820 morti del 21 gennaio. Il Portogallo avrebbe sottovalutato la contagiosità delle varianti ricavandone un numero di positivi fuori controllo e le ambulanze davanti a ospedali saturati.

Inoltre, come indicava il ministro Véran, i letti di rianimazione in Francia sono ormai occupati al 60% da pazienti Covid. I sovraccarichi in alcune zone, come Nizza e le Alpi marittime, obbligano ormai al trasferimento dei pazienti nei dipartimenti vicini. Sul piano generale, sempre il 21 gennaio, il Centro europeo per il controllo delle malattie (ECDC), preoccupato per la rafforzata diffusione del Covid, invitava gli Stati membri a monitorare i tassi di trasmissione per valutare l’impatto e la diffusione delle varianti.

Questi scenari minacciosi sono affiancati dalle preoccupazioni sulle possibili ricadute economiche di un lockdown duro e sulla sua sostenibilità sociale, pensando alle recenti rivolte nei Paesi Bassi. Secondo un sondaggio del 27 gennaio i favorevoli a misure restrittive simili a quelle adottate nella prima fase sono passati da un 93% della primavera scorsa al 48% attuale.

Alle 20.30 di venerdì 29 gennaio, il primo ministro Jean Castex si è dunque fatto carico dell’annuncio di un moderato giro di vite e delle relative spiegazioni, al termine di una riunione ministeriale nel formato “consiglio di difesa sanitaria” con il Presidente Emmanuel Macron. Si è trattato di una presentazione asciutta, segnata anche dal cambio di modalità rispetto alla sequenza con cui il Presidente francese si rivolgeva per primo alla nazione illustrando le misure e il loro inquadramento generale delegando poi al capo del governo la spiegazione dei dettagli.

Da domenica, i circa 400 centri commerciali di più di 20mila metri quadri a vocazione non-alimentare resteranno chiusi (e il personale sarà in cassa integrazione), l’applicazione del coprifuoco delle ore 18 sarà più rigida, anche nei controlli di polizia e nelle sanzioni, fino alla repressione di feste clandestine.

Gli ingressi dai Paesi esterni all’Unione europea (quindi anche dal Regno Unito) saranno vietati, salvo casi di assoluta necessità, mentre chi entrerà in Francia da un altro Paese dell’UE anche via treno o auto – e non solo negli aeroporti e in alcuni valichi – avrà l’obbligo di presentare un test molecolare fatto nelle 72 ore precedenti. Il telelavoro sarà la regola dovunque possibile, superando quindi gli allentamenti che hanno consentito il ritorno in ufficio – anche per equilibrio psicologico – un giorno alla settimana.

Le vaccinazioni, che hanno coinvolto 1,5 milioni di francesi per la prima dose, andranno avanti, malgrado i ritardi nelle consegne. Siamo però lontani dai 4 milioni di vaccinati previsti entro febbraio e dalla speranza di riuscire a contenere in parte la terza ondata anche con questo strumento.

La scelta di evitare il lockdown è stata assunta dopo le consultazioni che il governo ha svolto tra giovedì e venerdì con i presidenti dei gruppi parlamentari e con le parti sociali, incontri che in passato hanno lasciato strascichi polemici.

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