Ieri nei mercati di Francia si è diffuso il panico, con i bond e le azioni in caduta libera per via del timore degli investitori che la finanziaria stilata dal governo Barnier non sia approvata soprattutto per l’opposizione dei lepenisti e che l’esecutivo vada incontro ad un voto di sfiducia che innescherebbe una crisi di governo dai destini più che incerti.
COSA DI DICE SUI MERCATI DELLA FRANCIA
Ieri il rendimento del benchmark francese ha raggiunto il 3%, praticamente ai livelli di quello greco (come scrive Politico, all’una del pomeriggio il rendimento francese era al 3,03 contro il 3,04 di quello greco), mentre lo spread col Bund tedesco aveva sfiorato quota 90 nel corso della seduta portandosi infine a 85,12.
In ribasso da fine settembre, l’indice azionario Cac 40 ha perso lo 0,72% dopo essere calato anche dell’1,4% durante le contrattazioni, facendo di quella francese una delle borse dalle performance peggiori del continente.
Come riporta il Financial Times, i titoli più colpiti sono stati quelli bancari e assicurativi: Axa ha perso il 4,3% e Société Générale il 3,5%.
ARIA DI CRISI DI GOVERNO IN FRANCIA?
“Queste vendite”, ha dichiarato al Ft Gareth Hill, bond fund manager di Royal London Asset Management, “sono basate sulla paura di un potenziale collasso del governo Barnier”.
In un’intervista rilasciata martedì e citata da Bloomberg il premier ha ammonito che, se il budget non passasse, vi sarebbero “una grande tempesta e una turbolenza molto seria del mercato finanziario”.
Ma secondo un’indiscrezione di Le Parisien, Macron già lunedì era convinto che Le Pen voterà la censura e che l’esecutivo Barnier si trovava ormai su un binario morto: “le gouvernement va tomber”.
IL NODO DEL VOTO DI SFIDUCIA
In carica appena dal 5 settembre, Barnier rischia di cadere già la prossima settimana se il Rassemblement National mantenesse la promessa – una volta approvato il budget – di votare la cosiddetta censure, la sfiducia, facendo convergere la sua mozione con quella preannunciata dai partiti di sinistra.
A non piacere a Le Pen è soprattutto l’aumento delle imposte sull’elettricità previsto dal budget e la mancata indicizzazione delle pensioni, elementi che lei definisce “non negoziabili per noi” e la spingono ora a dichiarare che è meglio tornare al budget dell’anno scorso, che “è molto meno cattivo di questo, perché ci sono meno imposte che peseranno sulle classi popolari e le classi medie”.
Ma con un deficit che viaggia verso il 6,1%, l’ipotesi caldeggiata da Le Pen provocherebbe un impatto rovinoso nei mercati e nell’Ue.
LE FIBRILLAZIONI POLITICHE
È da settimane che i parlamentari stanno discutendo la finanziaria proposta da Barnier che include 40 miliardi di euro di tagli e 20 miliardi di tasse aggiuntive, considerati dal premier un calice amaro per risolvere i problemi gemelli del deficit e del debito fuori controllo.
Ma la fibrillazione innescata dalle mosse parallele dei partiti ora è tale che molti danno Barnier per spacciato. Ad esempio secondo David Roche di Quantum Strategy intervistato da Cnbc, il governo “cadrà probabilmente” a dicembre, preparando la strada a nuove elezioni legislative che per legge non potranno tenersi prima di giugno.
Secondo Roche “Macron potrebbe lasciare al suo posto Barnier come capo di un governo paralizzato (e senza budget) in carica solo per gli affari correnti oppure nominare qualcuno come il governatore della Banca di Francia che guidi un governo totalmente passivo che svolga compiti minimalisti fino a giugno”.
OPINIONE PUBBLICA IN FERMENTO
Da un sondaggio effettuato ieri da BFM Tv e citato da Reuters emerge che il 54% dei francesi non vuole il voto di sfiducia e la caduta di Barnier per via dei concreti rischi di una conseguente crisi finanziaria.
Ma lo stesso sondaggio dice che, in caso di caduta di Barnier, il 63% sarebbe a favore delle dimissioni del presidente Macron.