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Bolloré

Perché Macron e Bolloré battibeccano anche sull’islamismo

Polemiche politiche e tensioni fra istituzioni e uomini della finanza e dei media (come Bolloré) dopo una lettera aperta (che inquieta Macron) di generali in pensione contro l'islamismo. Il punto di Enrico Martial

Al Tg serale del 27 aprile, come ultima notizia, quasi a ridurne la rilevanza, France2 ha riportato le reazioni politiche alla lettera aperta che una ventina di generali in pensione e circa 1500 militari hanno sottoscritto, pubblicata diversi giorni prima, mercoledì 21 aprile, su Valeurs Actuelles.

La critica più netta riguarda il suo tono “eversivo”, che peraltro la stessa lettera non nasconde: “Se non si fa nulla, il lassismo continuerà a diffondersi inesorabilmente nella società, causando alla fine un’esplosione e l’intervento dei nostri compagni attivi (cioè i militari in servizio attivo, ndr) in una pericolosa missione di protezione dei nostri valori di civiltà e di salvaguardia dei nostri compatrioti sul territorio nazionale”.

Continua la lettera: una “guerra civile metterà fine a questo caos crescente, e i morti, di cui sarete responsabili, si conteranno a migliaia”.

Da un lato si è tentato di minimizzare o almeno di contestualizzare, sottolineando che si tratta di 1500 militari su 205mila (268mila con il personale civile), che sono generali in pensione, già noti nell’ambito della destra estrema, anche sui social. Dall’altro vi sono state reazioni più ferme, annunciate pene severe da parte della ministra della Difesa, Florence Parly, che ha comunque atteso fino a domenica 25 aprile per esprimersi, dopo molte sollecitazioni da sinistra, da Benoît Hamon a Jean-Luc Mélenchon. Un sostegno è invece venuto da Marine Le Pen che li ha invitati a unirsi alla sua battaglia politica già venerdì 23, due giorni dopo la pubblicazione della lettera. Probabilmente è stato proprio il sostegno di Marine Le Pen e quindi del Rassemblement National ad aver portato la lettera al dibattito nazionale, che forse si tentava di confinare tra le pagine del settimanale di estrema destra.

La lettera elenca tre temi, che non vanno però chiusi nel perimetro della destra radicale, perché fanno parte del più esteso dibattito francese, per quanto poco conosciuti in Italia. Da un lato la lettera prende posizione contro ciò che chiamiamo la “cancel culture”, più precisamente contro i tentativi di “separare le comunità” e metterle in conflitto, fondandosi teorie “decoloniali”,  su “razzialismo” e “indigenismo”. Sono appunto parole sconosciute in Italia, che richiamano o le polemiche sulle riunioni di studenti a cui sono invitati solo coloro che appartengono “a una razza” oppure l’orgoglio delle identità “razziali” e della loro protezione, da cui la critica alla pittura del rinascimento o alle statue greche. Sono temi sensibili per l’opinione pubblica, scossa dagli attentati del radicalismo islamico (la lettera cita la decapitazione dell’insegnante Samuel Paty del 16 ottobre 2020), discussi in tutti gli ambienti, anche di governo, anche a sinistra. In secondo luogo, la crisi delle banlieues viene ricondotta all’”islamismo” e alla delinquenza diffusa (la lettera parla di “orde”), con aree territoriali in cui non si applica più la legge dello Stato ma “dogmi contrari alla nostra costituzione”. Il terzo argomento è a sostegno delle forze di polizia, esposte a “ordini contraddittori”, al prevalere dell’odio rispetto alla “fraternità” che si dovrebbe a persone scosse dalla disperazione e che sarebbero poi i gilet gialli, a cui quindi i generali in pensione si sentono vicini.

Di questo caso, su cui è possibile che si spengano presto i riflettori, vanno rilevati due fatti.

Il primo è la tendenza all’estremizzazione delle posizioni, fenomeno occidentale, anche italiano, e ben rappresentato nell’ultimo periodo della Presidenza Trump. È accompagnata da una letteratura ormai significativa, a partire dai libri di Michel Houellebecq (La Carte et le territoire del 2010, Soumission del 2015, Sérotonine del 2019), dagli interventi di Eric Zemmour (le Suicide français, 2018), da una narrazione continua del Rassemblement National di Marine le Pen e di figure che la rilanciano come il sindaco di Perpignan, Louis Alliot. Alcuni personaggi fanno da contorno, come il sovranista Philippe de Villiers, che da no-mask ha invitato pochi giorni prima, sempre su Valeurs Actuelles a una “insurrezione delle coscienze” a favore delle riaperture, ma con un significato sottinteso più ampio. Il fratello, il generale Pierre de Villiers, si era dimesso da capo di Stato maggiore il 19 luglio 2017, dopo un pubblico e inedito contrasto con il presidente Emmanuel Macron in materia di bilancio della difesa, che svelava un certo tono dell’ambiente militare e che aveva suscitato discreto stupore tra gli osservatori.

Il secondo fatto da considerare riguarda le manovre nei media, in particolare in questa fase preparatoria alle elezioni presidenziali del 2022. Valeurs Actuelles è un giornale che rilancia le tesi dell’estrema destra, il suo direttore, Geoffroy Lejeune, è un personaggio discusso e radicale, che fino al 2020, prima di un contrasto sulla rappresentazione in copertina di una deputata di colore, è stato ospite fisso di LCI  (La Chaîne Info), una televisione di informazione in continuo del gruppo TF1, che controlla il primo canale televisivo.

Non è l’unico con posizioni radicali di destra a esprimersi sulle televisioni: lo si vede anche a CNews, dove Eric Zemmour è ospite fisso della trasmissione Face à l’Info. Sono televisioni che vanno citate, perché si trovano sullo sfondo di una battaglia per l’informazione, in cui Bernard Arnault, a capo del gruppo del lusso Lvmh (fatturato 44,7 mld), combatte a fatica contro Vincent Bolloré, tra l’altro per la conquista del gruppo Lagardère, che oltre a Hachette controlla Paris Match, Le Journal du Dimanche e Europe 1.

In forte relazione e sempre stretto amico di Nicolas Sarkozy — che ambiva a presentarsi alle presidenziali del prossimo anno ma è esposto a vari procedimenti giudiziari — Bolloré ha costruito un gruppo media, da Canal + fino alla recente solida presenza nel cda del gruppo Lagardère, su posizione conservatrici e ultraconservatrici. Emmanuel Macron non apprezza e dall’Eliseo per il momento ascolta sconfortato gli strali antiglobalisti e sovranisti di Eric Zemmour, sulla rete CNews di Vincent Bolloré.

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