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Tunisia

Fino a quando il Pd sopporterà l’egemonia M5S nel governo Conte?

Fatti, effetti e scenari dopo i risultati delle elezioni regionali

È stato un voto a favore del taglio dei parlamentari, o un voto contro questi parlamentari, ritenuti, giustamente o ingiustamente, per le loro intrinseche qualità, come gli ultimi “dinosauri” della casta? Pur nel solco di una tradizione sostanzialmente anti establishment che è sempre stato un filone importante della tradizione italiana. In questo caso, tuttavia, l’aggravante era data dalla presenza di coloro, che senza merito e senza storia, se non per un colpo di fortuna, si etano trovati catapultati nella grande arena della politica. Certo: alle loro spalle era stato il fallimento di coloro che li avevano preceduti. Ma come spiegare, allora, la resilienza del Pd? Solo colpa di Matteo Renzi e della sua vocazione, sostanzialmente, minoritaria?

Furbescamente, Luigi Di Maio ha intestato ai 5 stelle, ma soprattutto a sé stesso, la vittoria. Fosse così, sarebbe stato un plebiscito, considerate le percentuali che hanno segnato i rapporti tra il “Sì” ed il ”No”. Ma la disaggregazione dei voti di lista mostrano un risultato del tutto opposto. I grillini sono quasi usciti dal radar della politica, con percentuali di consenso in caduta libera. Al punto che se non ci fosse stato il ruolo di supplenza del Pd, lo smacco per l’intera maggioranza sarebbe stato devastante.

Il che non potrà non aprire una breccia nei rapporti interni alla compagine governativa, che sorregge Giuseppe Conte. Fino a che punto il Pd potrà continuare a subire più che l’egemonia, la semplice supremazia, dei propri alleati? Quel rimpasto più volte evocato, ma sempre negato, prenderà forma? Oppure Nicola Zingaretti, novello Quinto Fabio Massimo, continuerà a far finta di nulla, dimostrando di non avere gli attributi necessari? Peccato vi siano scadenze che non possono essere ulteriormente posticipate, a partire dalla decisione sul Mes, ancora avvolta nelle nebbie. Altro nodo: la legge elettorale ed i regolamenti parlamentari, spine non tanto nel fianco della maggioranza, ma delle due forze principali che la compongono.

Ma c’è un aspetto poco noto su cui vale la pena richiamare l’attenzione. A Bruxelles si sta discutendo delle regole che dovranno essere rispettate per avere accesso ai fondi della Next generation. C’è qualcuno che sta trattando per difendere gli interessi nazionali? Per evitare cioè che quelle regole siano ritagliate nel prevalente interesse dei Paesi più forti, per poi essere applicate soprattutto nei confronti di quelli più deboli? Si parla, anzi si sussurra, di nuove condizionalità. E tutte a danno dell’Italia. Sarà bastato il successo dei “Sì”, al referendum, come teorizzato da Di Maio, per far lievitare il prestigio nazionale e quindi scongiurare ogni possibile pericolo? Difficile crederlo.

Quel Sì non è stato il frutto della strategia dei 5 stelle, ma la conseguenza delle paure dei loro avversari. Che hanno semplicemente voluto cavalcare, chi più chi meno, quel sentimento anti-casta che è stato, come si diceva all’inizio, ed è, un tratto fondamentale della cultura italiana. E che rimarrà tale, nella migliore delle ipotesi, salvo peggiorare progressivamente, finché in Italia non si formerà una classe dirigente all’altezza delle sfide che sono di fronte al Paese. E che non possono essere, certo, esorcizzate da un semplice sberleffo, come avvenuto nei mesi passati, oppure riposti nel cassetto del quieto vivere quotidiano.

I risultati complessivi di questa tornata elettorale mostrano come la matassa italiana si sia ulteriormente aggrovigliata. Segno evidente che la crisi è ancora in stand by. Mentre alle porte del Paese premono urgenze e scelte indilazionabili. Il fatto che i 5 stelle abbiano conseguito un risultato ben inferiore ai sondaggi, che li premiavano, è un dato di fatto. Le forze populiste, nel complesso, stanno perdendo terreno. Ma è solo la metà dell’opera: in attesa che possa nascere una forza di governo capace di dar luogo a quella svolta che l’Italia merita. E sia in grado di evitare quel baratro che, purtroppo, si intravede in controluce.

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