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Fincantieri Egitto

Fincantieri e Leonardo. Chi traccheggia nel governo sull’Egitto

Di Maio nicchia sulle 2 Fremm di Fincantieri all'Egitto. Le commesse in ballo di Leonardo (ex Finmeccanica). Le mire francesi secondo La Verità. Le tensioni nella maggioranza. E l'analisi di Nones (Iai). Fatti, indiscrezioni e commenti

Due Fremm, del valore di 1,2 miliardi, ma anche elicotteri ed aerei targati Leonardo (ex Finmeccanica) e intese di Telespazio. In ballo tra Italia ed Egitto ci sono commesse di oltre 9 miliardi di euro per forniture militari (qui l’approfondimento di Start Magazine).

Il governo discute sul da farsi e la Farnesina non ha ancora dato l’ok alla vendita delle navi militari di Fincantieri. Ma la questione è delicata e va ben oltre le sole forniture militari. Andiamo per gradi.

NESSUNA DECISIONE PRESA

Partiamo da un dato certo. La Farnesina sta ancora valutando la questione della vendita delle due fregate destinate alle Marina Militare italiana all’Egitto. “Sulle fregate Fremm il governo non ha preso alcuna decisione. C’è un negoziato in corso tra Fincantieri e governo egiziano, ma seguiamo con molta attenzione quello che sta avvenendo e nessuna vendita è stata approvata”, ha detto Luigi Di Maio in un’intervista a Repubblica. La questione è stata seguita direttamente dalla presidenza del Consiglio e da Carlo Massagli, consigliere militare del premier Giuseppe Conte.

NON SOLO FREMM

Oltre alle due Fremm, in ballo ci sarebbero altre commesse importanti. Fincantieri dovrebbe anche occuparsi della costruzione di 20 pattugliatori d’altura (OPV) in Egitto; mentre Leonardo (ex Finmeccanica) dovrebbe fornire jet da addestramento Aermacchi M-346. Al Sisi potrebbe essere interessato anche a  24 Eurofighter. Accordi in corso anche per la fornitura degli elicotteri AW149 e AW189, progettati e realizzati da Leonardo-Finmeccanica.

L’ARRESTO DI ZAKI

Politicamente, la vicenda si interseca con le ricadute dell’uccisione di Giulio Regeni e alla recente vicenda di Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna arrestato venerdì al Cairo.

CHI DICE NO ALLA VENDITA

Start ha rivelato che il Mef ha dato il via libera alla vendita delle Fremm, ma nei partiti che sostengono il governo Conte si levano voci contrarie. Lia Quartapelle, capogruppo Pd nella Commissione Esteri, ha sostenuto che “finché le autorità egiziane non collaboreranno per arrivare a un accertamento processuale regolare su chi ha rapito, torturato e ucciso Giulio e sui mandanti, non si può considerare l’Egitto come un paese con cui intrattenere normali relazioni tra alleati. Qualsiasi iniziativa sensibile, che implichi fiducia, condivisione di valori, comunanza di idee, deve essere attentamente valutata”. “Garantire l’approvvigionamento di armi a un paese come l’Egitto ci fa perdere credibilità”, ha detto Erasmo Palazzotto, di Leu, il partito del ministro della Salute, Roberto Speranza. E l’eurodeputato M5S, Fabio Massimo Castaldo, ha detto che è “necessario mandare un chiaro segnale: export di armi da bloccare, veramente e immediatamente” (qui l’approfondimento).

ITALIA HA SEMPRE ARMATO L’EGITTO

Ma l’Italia ha sempre armato l’Egitto. L’Egitto è nella top ten (al decimo posto) per export di armi italiano nel 2018, per un giro di affari di 69 milioni di euro. Una cifra ben più piccola degli affari in ballo in questi giorni, ma decisamente più grande dei circa 7 milioni di euro del 2016 e del 2017.

OCCASIONE DA NON PERDERE

E anche i miliardi di queste commesse dovrebbero entrare in Italia. Ne è convinto Michele Nones, vicepresidente dello Iai, che su Affari Internazionali scrive: “Un conto è esercitare un’adeguata pressione diplomatica, un altro è bloccare apertamente e pubblicamente commesse in corso o potenziali. Ancora più grave è se, come in questo caso, le ipotizzate forniture non nascono nel quadro della normale promozione commerciale svolta dalle imprese, ma in quella di un confronto politico e militare. In questo caso, infatti, i contraccolpi sarebbero molto più ampi e, per certi versi, incontrollabili”.

LO STOP AI RIFORNIMENTI NON È SOLUZIONE

“Un altro aspetto – ha aggiunto Nones – da considerare è quello del perimetro delle esportazioni che si vorrebbero congelare. Perché solo quelle militari? Un paese equipaggia le proprie Forze armate per difendersi. Se anche, per assurdo, lo indebolissimo perché il regime dovrebbe diventare meno repressivo? O forse qualcuno ipotizza che, a causa dell’eventuale conseguente debolezza militare, potrebbe cadere per un attacco esterno o per una protesta interna? È questo l’obiettivo che si vuole perseguire? In realtà, nemmeno gli “embarghi” più ampi si sono dimostrati efficaci, come ha dimostrato tutta la loro storia a partire da quello deciso dalla Società delle Nazioni contro l’Italia dopo il nostro attacco all’Etiopia nel 1935. In ogni caso, una decisione unilaterale italiana porterebbe solo a fare spazio ai nostri numerosi concorrenti”.

LA CONCORRENZA DELLA FRANCIA

Come la Francia, che dal quotidiano La Tribune, ha definito le commesse dell’Egitto all’Italia “uno schiaffo” ai rapporti che Parigi intesse con il Cairo.

FRANCIA VUOLE INCASTRARE ITALIA?

E commesse come queste, scrive oggi La Verità, potremmo dimenticarcele se Roma, a Napoli, a fine mese, dovesse far ripartire l’accordo bilaterale “del Quirinale, una simil replica del Trattato di Aquisgrana”.

A spingere per la firma – secondo il quotidiano fondato e diretto da Maurizio Belpietro –  “è chiaramente il Colle, eppure un’Europa unita non dovrebbe avere accordi bilaterali di tale entità. Soprattutto noi non dovremmo firmarne uno con la Francia. Non solo perché cercherebbe di imporre una filiera nelle attività spaziali, ma anche perché un eventuale trattato renderebbe quasi impossibile i blitz come quello di Fincantieri in corso per vendere le Fremm al governo di Al Sisi”.

NON SOLO ARMI

C’è dire che le cose non sono così semplici. I rapporti tra Italia ed Egitto non si concentrano solo sulle forniture militari (qui l’approfondimento di Start).

I PROGETTI EGIZIANI

E le aziende italiane non sarebbero certo felici di una eventuale chiusura dei rapporti con il Cairo. Non ora, almeno, che l’Egitto ha grandi progetti imprenditoriali. Al Sisi, scrive Globalist, “ha lanciato grandi progetti di infrastrutture: dai porti e zone industriali lungo il canale di Suez appena raddoppiato, ai fosfati estratti nel deserto occidentale, a un nuovo triangolo industriale tra i porti di Safaga ed el Quseir sul Mar Rosso e la città di Qena sul Nilo, fino a una nuova espansione urbana e industriale sulla costa mediterranea intorno a El Alamein”. In ballo ci sarebbe un investimento da cento miliardi di dollari, promessi in gran parte dalle monarchie del Golfo.

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