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Fa ridere o piangere Beppe Grillo sui vaccini?

"Personalmente - ma io sono un tipo strano - mi viene poco da ridere ascoltandolo anche solo come comico. E mi capita da parecchio, prima ancora che egli unisse alla comicità la politica". I Graffi di Damato

Mentre arrivava a Roma il furgone con per le prime 9750 dosi di vaccino acquistate dall’Italia e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si affrettava a vantarsi della campagna immunitaria con la quale – ha detto – “ci riprenderemo le nostre libertà e torneremo ad abbracciarci”, il suo amico, “garante”, “elevato” e quant’altro Beppe Grillo diffondeva dal blog “personale” un video, peraltro assai scadente anche di qualità, oltre che di contenuto, per irridere sostanzialmente a tutta l’operazione. Del resto, sono arcinote le tradizioni culturali, diciamo così, di Grillo contro le vaccinazioni, per quanto corrette una volta dall’adesione ad un documento molto apprezzata dal pur “rivalissimo” Matteo Renzi. Che cominciò a fidarsene sino a portarne il movimento nella maggioranza e al governo l’anno scorso.

“Eh, i vaccini…io li sto aspettando. Li sto aspettando tutti. Li vorrò fare tutti insieme, in un’unica siringata. Comincerò – ha detto Grillo – con lo Sputnik 5 russo che dà la controindicazione di una leggera fosforescenza ai polpastrelli che verrà eliminata dal vaccino cinese. Che in controtendenza darà luccichio giallognolo al palmo della mano, tutte e due. Poi verranno coperti dai vaccini americani e inglesi. In ultimo verrà quello italiano che amalgamerà tutto l’insieme. Quindi io sarò immune e vi consiglio di fare altrettanto fino al Covid 2045”.

Due mi sembrano gli aspetti tragici, o più tragici, di questa sortita. Il primo è individuabile nel successo che Grillo ha come comico. Personalmente – ma io sono un tipo strano – mi viene poco da ridere ascoltandolo anche solo come comico. E mi capita da parecchio, prima ancora che egli unisse alla comicità la politica.

Tanti anni fa – più di una trentina – in uno spettacolo estivo ad Orbetello, essendo capitato tra le prime file, fui severamente redarguito con battute che volevano essere naturalmente ironiche dal protagonista dello spettacolo perché non ridevo.

L’altro aspetto maggiormente tragico dell’esperienza di Beppe Grillo sta nella sua “discesa” in politica, come si vantò di aver fatto Silvio Berlusconi nel 1994, e dei danni che è riuscito a procurarle, superando di parecchie spanne il Cavaliere, definito forse anche per questo dallo stesso Grillo sprezzantemente “psiconano”.

Formalmente il comico non ha, o non ha ancora funzioni dirette di governo, avendo preferito farsi rappresentare a Palazzo Chigi da un avvocato. Che però dipendendo, nel fondo delle cose, dai suoi umori -suoi, nel senso di Giuseppe Conte naturalmente- è diventato un problema per il Paese, nonostante gli sforzi di realismo che ogni tanto cerca di fare Luigi Di Maio guadagnandosi gli elogi persino del professore berlusconiano e mancato premio Nobel per l’economia Renato Brunetta.

C’è chi dice apertamente, magari dopo averlo sperimentato direttamente da alleato di governo, come il capo della Lega Matteo Salvini, che Il presidente del Consiglio in carica è diventato un problema, e non più la “risorsa” che si era proposto di essere per il Paese. C’è chi lo fa capire, come Matteo Renzi, anche partecipando alla sua attuale maggioranza, e avendo appena ottenuto una verifica non ancora conclusa. C’è infine chi fa sforzi sovrumani per non farlo capire ma ogni tanto si tradisce con battute o comportamenti, come il segretario del Pd Nicola Zingaretti.

Ma quanto potrà durare ancora questa storia?

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