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Lockheed Martin

F-35 e non solo, ecco amori e odi fra Usa e Turchia

Le ultime novità nei rapporti fra Usa e Turchia su F-35 e non solo. L’articolo di Giuseppe Gagliano L’inviato americano ad Ankara David Satterfield,secondo quando riferito da Bloomberg ha sostenuto che gli USA avrebbero offerto ad Ankara non solo l’acquisto del sistema di difesa missilistica Patriot ma anche il reinserimento della Turchia nel programma F-35.…

L’inviato americano ad Ankara David Satterfield,secondo quando riferito da Bloomberg ha sostenuto che gli USA avrebbero offerto ad Ankara non solo l’acquisto del sistema di difesa missilistica Patriot ma anche il reinserimento della Turchia nel programma F-35. Inoltre l’accordo prevederebbe tariffe più basse su acciaio e alluminio, ma soprattutto la possibilità di siglare accordi commerciali per circa 100 miliardi di dollari rispetto agli attuali 20 miliardi.

Questi rilevanti obbiettivi, sia sotto il profilo strategico-militare che economico, sono stati concordati durante la riunione del G20 a Osaka a giugno. Ebbene questa offerta da parte americana come può essere letta sotto il profilo geopolitico?

In primo luogo, piaccia o meno, la Turchia è stata -ed è -per la Nato uno strumento fondamentale e quindi per gli USA rimane un alleato indispensabile. Ora ,al di là dei contrasti con gli USA e il conseguente avvicinamento tattico ma non strategico alla Russia  questo posizionamento americano dimostra la necessità di salvaguardare i profitti del suo apparato militare.

Non dimentichiamoci infatti che la Turchia, dopo Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone è il quarto paese più importante per l’acquisto degli F-35.

In secondo luogo, è difficile non leggere in filigrana la necessità politica da parte americana di riavvicinarsi alla Turchia per contrastare il graduale avvicinamento turco alla Russia.

In terzo luogo, il ripristino di buone relazioni con la Turchia nasce sia dal fatto che ripetutamente Ankara ha minacciato di porre in essere soluzioni autonome se non sarà realizzata una zona di cuscinetto di circa 32 km collocata nel nord della Siria come era stato programmato proprio insieme all’alleato americano sia dal fatto che Erdogan ha esplicitamente minacciato di riaprire il corridoio orientale che farebbe defluire in Europa dalla Siria circa un milione di profughi.

In quarto luogo, anche da parte di Ankara è ravvisabile una intrinseca debolezza ma non di natura politica e strategica ma di natura economica: la Turchia infatti oramai attraversa da tempo una crisi economica evidente e la firma di questi accordi con gli USA potrebbe dare respiro alla economica turca.

Ad ogni modo,allo stato attuale la Turchia non ha rinunciato alla sua politica di proiezione di potenza in Medio oriente né di conseguenza alla sua politica anticurda cioè non ha fatto venire meno la sua volontà di mantenere un ruolo centrale in Siria e Iraq.

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