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Quel rifiuto di dare la mano (e la sedia) alle donne

Se l’Europa non è soltanto un’espressione geografica, se siamo i paladini della parità tra uomo e donna, l’esempio dobbiamo darlo proprio dove esso è calpestato. Il taccuino di Guiglia.

Da quando s’è diffusa la falsa credenza che la democrazia non si possa esportare, ennesima variante di un anti-americanismo alle vongole eppur viscerale, l’Occidente sta coltivando maleducazione. Proprio nel significato della parola: mancanza di rispetto verso gli altri (e verso se stessi).

L’ultimo episodio che ha suscitato indignazione fra i pochi commentatori per i quali è chiara la differenza tra rispetto e sottomissione, è avvenuto nella prima settimana del nuovo anno con l’esordio della missione europea in visita a Damasco.

Al Jolani, il sedicente moderato che s’è da poco insediato in Siria al posto di un mostro non sedicente come lo scappato di casa Bashar al Assad (per il quale un tribunale penale internazionale non glielo leva nessuno), s’è rifiutato di dare la mano alla ministra tedesca degli Esteri, Annalena Baerbock, tenuta distinta e distante, al contrario del collega francese Jean-Noël Barrot.

Da uomo a uomo questo capo islamico dei ribelli siriani, che fino a ieri figurava nelle liste americane dei peggiori terroristi (con una taglia di 10 milioni di dollari per chi avesse fornito informazioni valide per la sua cattura: così va il mondo), ha dimostrato come continua a considerare le donne. Pur avendo lui deposto le armi e sistematosi pacificamente la barba.

Peggio ancora capitò a Ursula von der Leyen, quando nella primavera 2021, pure lei tedesca in delegazione europea ad Ankara sempre con un francese, Charles Michel, fu lasciata senza sedia da quel galantuomo del presidente turco Erdogan. Accucciata su un divano lontano dal Sultano, trattamento che nessun padrone riserverebbe al proprio cane.

Oggi come allora quegli uomini francesi, pur malati di “grandeur”, non hanno avuto la dignità di reagire, almeno loro. Per esempio (Michel) cedendo alla nostra Ursula, presidente della Commissione europea, la sua comoda poltrona accanto a Erdogan. Ma in Francia che educazione hanno ricevuto da piccoli?

Peggio del peggio capitò (e ancora capita) quando, stavolta donne potenti che rappresentano istituzioni europee o italiane, per un malinteso e ridicolo senso di rispetto si coprono la testa col velo, mentre incontrano maschi del regime iraniano. Verso i quali si manifesta perfino l’ossessione di coprire in gran fretta e nottetempo monumenti per non urtare non si capisce quale sensibilità dell’ospite straniero a zonzo nei Musei Capitolini (presidente iraniano Hasan Rosani, visita a Roma, anno 2016).

Come se il nudo, scolpito da grandi artisti del passato, potesse suscitare la terza guerra mondiale. E comunque questa è la nostra arte. Se tu, presidente iraniano, chiedi di ammirarla e condividerla, il che ci fa immenso piacere, te la guardi come l’artista ha creato la sua opera. Altrimenti è censura. Ma qui non s’usa ciò che è regola a casa tua.

Parlavamo, però, del velo, che è diventato il simbolo di liberazione per le donne discriminate nella loro Patria iraniana. Se lo tolgono, specie le più giovani, in segno di sfida contro gli ayatollah e con la certezza d’essere punite e rischiando la morte. Picchiata a morte per il velo troppo allentato: accadde alla ventiduenne Mahsa Amini il 16 settembre 2022.

E noi che facciamo in Occidente? Ancora discutiamo sull’opportunità o no che libere donne europee di alta rappresentanza lo indossino in determinate circostanze. La cosa non è più soltanto ridicola: è offensiva nei confronti delle iraniane che danno la vita per la libertà anche dal velo.

Dunque, poiché libertà e democrazia il mondo va cercando, e libertà e democrazia possono essere esportate e importate, purché lo si faccia senza missili né cannonate (pratica, quella, tipica di Putin), almeno al momento dei saluti schiena dritta, o europei ed europee!

Se altrove per pregiudizio o tradizione del loro credo califfi e post-terroristi sono terrorizzati dall’idea di poter dare la mano a una donna o non la fanno sedere dove dovrebbe stare, la soluzione è alzare i tacchi e andarsene. Platealmente: tutti lo devono vedere e il mondo giudicare.

L’Europa dei diritti della persona non può più piegarsi a simili insulti, a cui satrapi o pseudo-convertiti al dialogo ricorrono anche per farsi belli davanti alla loro gente sottomessa, facendo apparire gli occidentali per quel che purtroppo mostrano di essere: vili e velati.

Se poi i guappi del fondamentalismo vengono da noi, si devono abituare alla nostra educazione e non alla loro prevaricazione.

E non si dica che rifiutare la mano o una sedia a una donna sia, in fondo, piccola cosa davanti al benaltrismo universale di guerre, crisi e carestie.

Se la forma è sostanza, se l’Europa non è soltanto un’espressione geografica, se siamo i paladini della parità tra uomo e donna, l’esempio dobbiamo darlo proprio dove esso è calpestato.

(Pubblicato sul quotidiano Alto Adige)
www.federicoguiglia.com

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