Opus iustitiae, pax (Isaia 32,17) era il motto episcopale di Giovanni Paolo II. E, poiché la pace può nascere solo dalla giustizia, papa Wojtyla arrivò a dire che “ci sono casi in cui la lotta armata è un male inevitabile a cui, in circostanze tragiche, non possono sottrarsi neanche i cristiani (Omelia sulla Heldenplatz di Vienna, 10 settembre 1983). Dal canto suo, un campione del pensiero laico come Norberto Bobbio osservava che “il modo più sicuro per eliminare la guerra è distruggere le armi”, vale a dire il disarmo mondiale. Basta però interrogarsi su chi dovrebbe distruggere le armi perché la faccenda si ingarbugli. Infatti, dovrebbero distruggerle gli stessi che le fabbricano e ne fanno uso, cioè gli Stati sovrani. Sarebbe -concludeva- come affidare “a un congresso di ubriaconi la decisione di emanare una legge contro l’uso delle bevande alcoliche” (Filosofia della guerra nell’era atomica, ora in Etica e Politica, Mondadori, 2009).
Accanto al pacifismo etico dei discepoli di Lev Tolstoj, ostile agli aiuti militari a Kyiv, c’è poi il pacifismo “politico” di cui negli ultimi giorni si è fatta interprete Elly Schlein. Non è contrario a sostenere lo sforzo bellico di Zelensky, ma invoca un “autonomo protagonismo diplomatico” dell’Europa per la cessazione delle ostilità. Significa più autonomo dagli Stati Uniti? Non è chiaro. A parte il piccolo particolare che i paesi baltici, quelli scandinavi e la Polonia non sarebbero d’accordo, si pensa sul serio che la Cina -l’unica in grado di farlo- accetterebbe di mettere la mordacchia a Putin perché incalzata da Berlino, Parigi e Roma senza il consenso di Washington?
Ma immaginiamo pure che si arrivi a un cessate il fuoco, magari grazie a una tiratina d’orecchie di Xi Jinping al tiranno del Cremlino, che non cessa di agitare lo spettro di un conflitto planetario. L’Ucraina resterebbe con le sue rovine urbane e industriali, le sue infrastrutture civili distrutte, il suo territorio devastato, le sue migliaia di morti, le sue famiglie smembrate, i suoi giganteschi problemi di ricostruzione. In questo quadro, quali dovrebbero essere le condizioni e gli obiettivi di una iniziativa diplomatica (nei mesi scorsi tentata più volte al prezzo di cocenti umiliazioni personali inflitte da Putin a Macron e perfino al Papa) non dico per una pace giusta, ma per una trattativa credibile e una tregua onorevole? Posso capire che il movimento “neogandhiano” di Giuseppe Conte se ne infischi, ma dalla segretaria del Pd qualche proposta precisa su questo punto sarebbe doverosa. Insomma, metta qualche idea nei cortei pacifisti, signora Schlein. Se non ora, quando?
* Italia Oggi
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“Tu puoi avere pace soltanto se la dai” (Marie von Ebner-Eschenbach, Aforismi, 1880).
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Parafrasando George Bernard Shaw, esistono sei categorie di bugie: la bugia semplice, la bugia diplomatica, le previsioni del tempo, i sondaggi, il comunicato ufficiale, il pacifismo di Conte.
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“C’è qualcosa di sbagliato nel ragionamento della Meloni. Io non ho mai detto che il superbonus era un misura che non costava niente allo Stato: è gratis per le famiglie, non per lo Stato” (Dichiarazione di Giuseppe Conte ripresa da Ultimaora.net.). Anche l’ignoranza è gratis. Ecco perché è così diffusa (anche tra i professori universitari).
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“In Italia ogni atto della vita pubblica ha due lati, uno apparente ed un altro nascosto: vi è la scena e la controscena, perché le tradizioni della tirannide secolare ci hanno abituati alla cospirazione. Onde non sappiamo pensare a qualche cosa che dovrebbe per se stessa prodursi alla luce del giorno senza apparecchiarla colla cospirazione” (Francesco De Sanctis,”Sopra Niccolò Machiavelli”, 1869).
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“La majorité a toujours raison, mais la raison a bien rarement la majorité aux élections” (Jean Mistler, “Bon Poids”, 1976).
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I demagoghi e i lassativi hanno in comune questo: movimentano la pancia delle masse.
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Nel suo ultimo volumetto (Post-Coronial Studies, Einaudi, 2021), il filosofo Maurizio Ferraris, dopo aver smontato magistralmente la favola degli “umani schiavi della tecnica” (semmai sono schiavi di altri uomini che si servono della tecnica), osserva che la democrazia si esercita anche attraverso la crescita dei documenti, a cui corrisponde una crescita dei diritti. La carta d’identità, la tessera sanitaria, la patente, la carta di credito, il certificato elettorale, e oggi il green pass, sono “prima di tutto strumenti abilitanti: permettono, molto prima e molto più che vietare”.
In altre parole, i documenti sono la manifestazione di un diritto, che ovviamente comporta la nascita di un dovere, ma il gioco vale la candela. Ferraris cita l’esempio dei servi medievali che non avevano documenti, erano dei sans papiers. Quando cominciarono a fuggire trovando asilo nei liberi Comuni, il primo atto a cui dovevano sottostare era di iscriversi nei registri delle parrocchie. Atto che aveva un prezzo, poiché li avrebbe costretti a pagare le tasse, ma in compenso nessun signore avrebbe potuto mettere le mani su di loro. Si estendeva così anche ai servi il diritto di habeas corpus che il re, in Inghilterra, aveva concesso ai baroni (con un documento, appunto, chiamato Magna Charta).
Ora, io posso anche capire che questo discorso non sfiori nemmeno l’anticamera del cervello dei pittoreschi personaggi alla Don Ferrante che fanno casino nei talk show televisivi. Ma che venga liquidato con un’alzata di spalle da illustri pensatori, teorici del virus complottista e biopolitico, la dice lunga sul sonno della ragione all’epoca della pandemia.
Non fortuitamente Massimo Introvigne, tra i più eminenti studiosi delle società segrete e delle religioni minori, ha definito “metafisici” i complotti le cui finalità sono talmente astruse e vaghe da sfuggire a qualunque comprensione, talvolta perfino a quella degli stessi complottisti (Gli Illuminati e il Priorato di Sion, Piemme, 2005). Ciò significa che laddove la ragione fa cilecca, ci si affida a una volontà imponderabile come i fatti che essa intende determinare.
*Italia Oggi