La conferenza di Parigi sulla Libia, alla quale hanno partecipato Francia, Italia, Germania, Egitto, Stati Uniti e Libia, si è conclusa con un comunicato che ribadisce essenzialmente due punti: il sostegno alle elezioni libiche previste per il 24 dicembre (e il contrasto, mediante sanzioni, di chiunque cercherà di interferire con il processo) e la richiesta di rimozione dei combattenti stranieri presenti sul territorio. Il riferimento è ai soldati turchi e ai mercenari russi del Gruppo Wagner, che agiscono come agenti ufficiosi della politica estera del Cremlino.
LE INCERTEZZE
Mancano circa sei settimane al voto per il rinnovo della presidenza e del parlamento libico, ma le incertezze – figlie soprattutto dei contrasti tra le varie fazioni che si contendono il potere – sono ancora tante. Nel comunicato congiunto della conferenza, infatti, si legge che le nazioni riunite a Parigi appoggiano il processo elettorale “che inizia” il 24 dicembre: fino a poco tempo fa, però, la richiesta era che i due voti si tenessero in quell’unico giorno.
Peraltro, in Libia manca ancora un accordo normativo che stabilisca chi possa candidarsi come presidente. Ad esempio, il primo ministro ad interim Abdulhamid al-Dbeibah aveva detto che non avrebbe partecipato alle elezioni, ma ha cambiato idea. Nella lista dei candidati, oltre al figlio di Muammar Gheddafi, c’è anche Khalifa Haftar, il generale noto per l’assalto a Tripoli del 2019, la cui roccaforte è nell’est del paese.
L’ANALISI DI FABBRI (LIMES)
Dario Fabbri, analista geopolitico e consigliere scientifico di Limes, ha spiegato che la conferenza di Parigi “fornisce un dato nuovo mentre palesa la dura realtà. Anzitutto, racconta che Roma si è appiattita sulla posizione francese”: storicamente l’Italia è stata vicina al governo di Tripoli (precedentemente retto da Fayez al-Sarraj), mentre la Francia ha sostenuto Haftar.
“Dopo aver subito il rovesciamento di Gheddafi ad opera di Parigi e averne osteggiato l’influenza incarnata dal sedicente generale Haftar”, prosegue Fabbri, “in questa fase il governo italiano prova ad avvicinarsi alla Francia per sopravvivere nell’ex quarta sponda. Tentativo che si inserisce nel più ampio trattato del Quirinale, accordo franco-italiano di imminente conclusione, pensato per premere congiuntamene sulla Germania affinché non torni all’austerity, nel quale dovrebbe rientrare anche la ‘comune’ posizione sulla Libia, segnale di una perdurante fragilità del nostro paese su entrambi i dossier”.
IL TRATTATO DEL QUIRINALE, SECONDO PELANDA
Su Start Magazine l’analista Carlo Pelanda ha spiegato che il trattato del Qurinale – un accordo, non ancora ultimato, di cooperazione bilaterale, simile al trattato dell’Eliseo tra Francia e Germania – potrebbe rappresentare, per Roma, “un’auto-annessione alla Francia, industriale e strategica, edulcorata ma sostanziale”.
“C’è un’asimmetria palpabile e imbarazzante”, tra le due parti, dice Pelanda: “i tecnici francesi mostrano di sapere benissimo cosa vogliono, mentre quelli italiani sono spaesati, cercano di fare controproposte che sono deboli perché prive di prospettiva”.
IN LIBIA COMANDANO TURCHIA E RUSSIA?
Ritornando alla conferenza di Parigi sulla Libia, su Limes Fabbri scrive che “il blando invito al ritiro per soldati e mercenari testimonia che a comandare sono turchi e russi, rispettivamente stanziati in Tripolitania e Cirenaica”. I mercenari russi hanno combattuto al fianco del sedicente Esercito nazionale libico, nell’est del paese; i combattenti turchi (e i droni) hanno invece sostenuto le forze di Tripoli, riuscendo a ricacciare indietro l’attacco di Haftar alla capitale e sovrascrivendo la propria influenza in Libia su quella italiana.
“Al di là gli degli inutili annunci riguardanti le elezioni del 24 dicembre, quasi in Libia esistesse un’opinione pubblica e governasse chi realmente domina il territorio”, prosegue Fabbri, “resta che Ankara e Mosca continueranno a disputarsi la maggiore influenza nel paese. Anche attraverso l’utilizzo di contractors. Non curanti di Francia e Italia che provano a unire le proprie debolezze”.