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Quota 100

Come hanno votato gli elettori populisti alle comunali?

Le elezioni comunali analizzate da Giuliano Cazzola.

Ho trovato interessante uno spunto di Carmelo Palma su Facebook: ‘’Mi pare che l’esito del voto sia stato pressoché ovunque determinato da differenze nell’astensionismo dei diversi elettorati e che gli spostamenti tra partiti e schieramenti (con l’eccezione di Calenda a Roma) siano stati meno significativi’’. Certo, occorrerà aspettare il responso dei ‘maghi’ dei flussi elettorali per capire meglio che cosa è successo nelle elezioni amministrative che hanno coinvolto un potenziale di 12 milioni di elettori in poco meno di 1.200 città, comprese quelle più importanti del Paese.

Non c’è dubbio però che l’assenza dai seggi nel primo turno di circa metà degli aventi diritto ha pesato sull’esito complessivo del voto; soprattutto perché, come ha scritto Palma, l’astensionismo non è stato uniforme, ma si è concentrato in particolare, come rilevano quasi tutti gli osservatori, sull’elettorato di centro destra. Ma forse si tratta di un’analisi parziale e grossolana, perché occorrerà pure spiegarsi dove sia finito, nel giro di un triennio, quell’elettorato ‘’grillino’’ che era straripato dalle urne nel 2018. Certo è difficile spiegarsi come abbia potuto la coalizione di centro destra i cui leader sono da tempo convinti di avere in tasca la vittoria nelle prossime elezioni politiche (tanto che, almeno a parole, le vorrebbero anticipare), essere sconfitte in alcune grandi piazze, dove, in altri tempi avevano scritto la loro storia. Ma è altrettanto vero che il centro destra ha vinto in Calabria, vincerà a Trieste ed è in partita a Torino e a Roma. Mentre a Milano e a Bologna – come direbbe il grande sindaco Nathan – non c’era ‘’trippa per i gatti’’. Nella coalizione di centro destra  non tutti i partiti hanno perso allo stesso modo.

Per FdI non è poca cosa essere divenuto il secondo partito a Bologna, in Consiglio comunale e in tutti i quartieri; mentre Forza Italia, pur essendo a livello di un terzo di quello che fu, può fregiarsi di qualche personalità  presentabile, in grado di vincere. L’errore dei leader ora egemoni nel centro destra (Meloni e Salvini) è stato  quello di spartirsi i candidati al principale scopo di impedire , attraverso veti reciproci, che l’alleato potesse fare eleggere il proprio sindaco, aggiungendo così un trofeo in più nella competizione fratricida, piuttosto che impegnarsi insieme per vincere. Hanno dato persino l’impressione di non sapere dove sbattere la testa, di cercare candidature purchessia purché in grado di fregiarsi di rappresentare la società civile, quando l’elettorato – deluso più volte da questo giochetto – non ne vuole più sentir parlare e pretende di scegliere tra persone che sanno fare il mestiere del ‘’politico’’. Andrea Cangini, senatore di Forza Italia di rito Mara Carfagna, disponibile a candidarsi a Bologna dove era stato direttore de Il Resto del Carlino e bocciato da Matteo Salvini, non ha esitato a denunciare il fatto nella consapevolezza che la sua sarebbe stata una presenza più competitiva di quella di Fabio Battistini, il quale è una brava persona, che avrebbe corso volentieri con la sua lista civica senza doversi trovare, ormai in zona Cesarini, ad ospitare e a rappresentare tutto il centro destra. Sul fronte della sinistra, qualcuno sarebbe legittimato a sostenere sulla base dei risultati del voto, che è vincente l’alleanza strategica con il M5S. Così è stato a Napoli e a Bologna, sempreché i pentastellati siano disposti a farsi cannibalizzare dal Pd, come sta avvenendo in questi frangenti. In sostanza, nelle elezioni dei sindaci è naturale che si confrontino due schieramenti e che al loro interno prevalga il soggetto più forte: FdL nel centro destra e il Pd sul lato opposto.

Del resto non c’è da stupirsi che un elettore della Lega trovi nel partito di Giorgia Meloni quegli stimoli che nel 2018 lo indussero a votare Lega. Quanto ad un ex grillino non ha – sul piano politico – più nulla da rimproverare al Pd, con il quale ha felicemente governato sotto il segno di ‘’Giuseppi’’. Letta e i suoi, però, dovrebbero ringraziare gli elettori dei quartieri ZTL, perché senza i loro voti, avrebbero ben poco da festeggiare. Non c’è nulla di male se un partito diventa riferimento di altre componenti della società. Le periferie, le classi lavoratrici non sono legittimate a conferire le stimmate del progresso (ammesso e non concesso  che sia una prerogativa genetica della sinistra).

In questi giorni sono circolate alcune analisi del voto secondo l’appartenenza degli elettori ad una determinata situazione professionale e personale.

comunali

Come si vede – oddio non pensiamo che Torino sia la città operaia di una volta – ma è significativo che l’astensionismo sia stato molto elevato tra gli operai, ma non nell’elettorato del centro destra. Come dice sempre Marco Bentivogli è stato il populismo sindacale a partorire quello politico.

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