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Centrodestra

I ceffoni comunali a Pd e M5s

Vincitori e vinti alla tornata delle elezioni amministrative. La nota di Sacchi.

 

“La lontanza sai è come il vento…”, cantava Domenico Modugno. È il centrodestra più che “il vento di destra” , come titola la Repubblica, che ha vinto ovunque, tranne che a Vicenza e Terni che già governava, contro la “lontananza” del Pd di Elly Schlein (che ammette la secca sconfitta) dai territori. È uno tsunami, da 6 a 1. Esulta il premier Giorgia Meloni: “Premiata l’azione del buon governo di centrodestra. Abbiamo ottenuto importanti conferme e anche qualche vittoria storica”. Matteo Salvini, leader della Lega, vicepremier e ministro del Mit: “Risultato straordinario per la Lega e il centrodestra in tutt’Italia”. Silvio Berlusconi: “Strappiamo alla sinistra, per la prima volta nella storia, il Comune di Ancona, unico capoluogo di Regione al voto. Conquistiamo Brindisi e ci confermiamo a Catania, Massa, Pisa e Siena. Il buon governo del centrodestra prevale ancora una volta e rafforza l’azione che stiamo conducendo alla guida della Nazione”. Il nuovo sindaco di Ancona, sostenuto dalla coalizione, è l’azzurro Daniele Silvetti. Il coordinatore di FI, Antonio Tajani, vicepremier, ministro degli Esteri: “Questa vittoria è dedicata a Silvio Berlusconi. Ci confermiamo centrali”.

Partono subito dentro il Pd le critiche dei “riformisti” a Schlein. La conquista di Ancona e anche il “filotto” in Sicilia con la vittoria del centrodestra o destracentro a Catania e Siracusa brucia nel Pd, così come quella di Brindisi dove è stata sconfitta con l’ affermazione di Pino Marchionna una delle poche alleanze del Pd con i Cinque Stelle. Restano nel mare di vittorie del centrodestra o destracentro, che ha vinto contro di fatto l’assenza dell’opposizione, due grossi nei da non sottovalutare: Terni e Vicenza. A Vicenza vince, per soli 500 voti, il dem trentenne Giacomo Possamai che aveva chiesto a Schlein e agli altri leader nazionali di non venire nella città veneta.

Ma ancora più vistosa per il centrodestra è la sconfitta di Terni contro un civico, outsider, il patron della Ternana calcio, Stefano Bandecchi, che secondo una certa vulgata sarebbe, comunque, di destra. E invece è esclusivamente personaggio di sé stesso, che può virare da una parte e dall’altra, a seconda delle sue valutazioni. Secondo i bene informati, avrebbe ricevuto nelle urne, seppur non dichiarato, anche il sostegno della stessa Cgil. Bandecchi ha ovviamente pescato voti anche a destra e la parte della sinistra che lo ha sostenuto nelle urne lo ha evidentemente fatto strumentalmente contro il candidato di FdI, Orlando Masselli. La sinistra, rimasta fuori persino dal ballottaggio, con la solita tecnica usata invano a livello nazionale finora con il governo Meloni, spera ora che Bandecchi duri solo un anno, per poi poter andare a nuove elezioni.

Ma quella di Bandecchi, dai proclami roboanti tipo: “Conquistò Terni, poi l’Umbria… etc”, non è candidatura che nasce a caso. Il pasticciaccio di Terni è tutto “made” in centrodestra. La città delle Acciaierie, la terza più grande al voto delle Amministrative, è stata la prima a far cadere il muro dell’ex fortino profondo rosso da mezzo secolo, molto più radicato e antico di quello delle Marche, un fortino espugnato per primo a Terni dal liberale Gianfranco Ciaurro, Pli, poi FI. A cascata negli anni caddero le altre ex roccaforti rosse, Orvieto e infine il capoluogo di Regione, Perugia. Terni, intervallata da altre amministrazioni di sinistra, nel 2018 ( e la Regione Umbria nel 2019) fu riconquistata dal centrodestra, traino Lega nazionale di Salvini. Ma Fratelli d’Italia locale, dopo aver surclassato la Lega in Umbria alle Politiche, ha fatto forti pressioni per avere a Terni un proprio candidato al posto del sindaco della Lega, Leonardo Latini, che a fine marzo godeva di un sondaggio di oltre il 50 per cento dei consensi a livello trasversale.

Lo stesso Bandecchi in un’intervista a Libero Quotidiano ha ammesso, con il suo crudo e colorito linguaggio, che “Latini, fatto fuori da FdI, aveva fatto bene per Terni”. Dunque, la candidatura del patron della Ternana si inserisce nei dissidi nel centrodestra che pur è andato formalmente unito alle elezioni. E anche a Vicenza, come ha detto Maurizio Gasparri, FI, vicepresidente del Senato, hanno pesato dissapori nella giunta della coalizione di maggioranza. Conferma del fatto che il centrodestra perde soprattutto quando è diviso o ha solo un’unità di facciata.

In Toscana a Massa Carrara il centrodestra ce la fa a tenere l’Amministrazione soprattutto grazie alla Lega, che era unita con FI a sostegno del sindaco uscente Michele Persiani, mentre FdI era andata per conto suo. Determinante il sostegno leghista al suo candidato andato al ballottaggio Michele Conti, ripresentato da tutto il centrodestra a Pisa, in questo caso. Siena si conferma pure al centrodestra con Nicoletta Fabio. Significative ex roccaforti rosse quelle toscane che la sinistra non è riuscita a riconquistare ai ballottaggi.

Ma dalla sudatissima vittoria di Massa, dalla Toscana, la cui Regione è ancora a guida della sinistra, e dalla confinante Umbria, già espugnata invece dalla coalizione, con la sconfitta di Terni, dove la Lega resta persino fuori dal consiglio comunale, una lezione viene anche al centrodestra. Il suo valore fondamentale rispetto al centrosinistra diviso è l’unità. E la legge del più forte della coalizione a livello nazionale non è automaticamente trasferibile sul piano della scelta dei candidati a livello locale, dove entrano in gioco altre dinamiche. A FdI la sfida in generale di saper esercitare una maggiore capacità di leadership coesiva della coalizione. Tanto più ora in vista delle Europee, dove inevitabilmente la collaborazione nel governo nazionale dovrà andare di pari passo con la competizione interna poiché si va con il proporzionale puro. E crescere soprattutto a danno degli alleati, senza sfondare nel campo avversario, potrebbe non aiutare anche quella stessa nuova maggioranza di centrodestra, tra Ppe (rappresentato in Italia da FI), Conservatori, guidati in Europa da Meloni, e dai Liberali, con cui si vogliono ribaltare gli attuali equilibri a Bruxelles.

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