I soldi, si sa, rischiano di rovinare persino i matrimoni più riusciti. Figurarsi cosa possono combinare quando il rapporto non è mai stato idilliaco, come quello tra Carlo Calenda e Matteo Renzi, due attori troppo ingombranti per condividere lo stesso palco e che difatti hanno una lunga storia di liti, a favore e dietro le telecamere, fin dai tempi della convivenza forzosa nello stesso governo.
Gli ultimi dissapori parevano almeno avere origine politica e non legati a rancori personali, con quel mesto 2,7% raggranellato in Friuli, dove le porte del Consiglio regionale si sono chiuse in faccia ai due e l’improvvisa fuga nella redazione del Riformista di Renzi, che aveva suscitato un gelido commento da parte di Calenda: «Non ha nulla a che vedere col Terzo Polo».
IL NUOVO FRONTE TRA RENZI E CALENDA
Invece un’agenzia Ansa piombata ieri all’ora di pranzo ha di colpo aggiunto la questione monetaria alla vicenda. «L’unico problema dirimente oggi per la costruzione del partito unico dei liberal-democratici è che Renzi non vuole prendere l’impegno a sciogliere Italia Viva e a finanziare il nuovo soggetto e le campagne elettorali», le parole di un anonimo dirigente del partito di Calenda che ha definito «inaccettabili i tatticismi durati mesi» dell’ex premier. Per concludere con un ultimatum indirizzato all’alleato toscano: «La pazienza del gruppo dirigente di Azione si è esaurita. In settimana si capirà se questo nodo si potrà sciogliere. Se così non sarà il partito unico non potrà nascere».
IL POTERE DEI SOLDI
Possibile che sulla strada che porta al Terzo Polo, a quelle “praterie” di elettori che non trovano rappresentanza negli estremismi di Giorgia Meloni da un lato e di Elly Schlein dall’altro si metta una questione tanto veniale come il 2 per mille, vale a dire il meccanismo di finanziamento volontario ai partiti tramite dichiarazione dei redditi?
Saranno i soldi a far abortire il progetto di Renzi e Calenda? E Renzi è davvero così attento alla vile pecunia? Proprio lui, che dai documenti depositati al Senato, relativi all’anno fiscale 2021, risulta uno degli eletti più ricchi con un reddito imponibile di 2,56 milioni di euro; Calenda, invece, coi suoi 63.990 nemmeno prova a competere (ci sarebbe da aggiungere il reddito da parlamento europeo percepito fino a ottobre 2022 che non è soggetto alla tassazione in Italia)?
COSA DICONO I NUMERI
Andando a spulciare i dati del Mef sulla ripartizione del gettito derivante dal due per mille dell’Irpef dei contribuenti, si vede che lo scorso anno dal 2 per mille Azione ha avuto 882mila euro e Italia Viva 807mila.
Se Renzi e Calenda arriveranno davvero al congresso di ottobre, col partito unico pure la cassa sarà comune e il 2 per mille sarà devoluto al partito unico.
LE MOSSE DI RENZI “PER CONTROLLARE I SOLDI”
«Matteo Renzi – sottolinea la fonte ad Ansa nel dialogo che fa deflagrare la nuova crisi tra i coinquilini – ha sostituito a sorpresa Rosato alla guida del partito, per controllarne direttamente i soldi e la struttura. In questo modo ha delegittimato anche il comitato politico della federazione del Terzo Polo dove oggi non siede nessun rappresentante di IV in grado di prendere impegni. Calenda ritiene inaccettabile questo atteggiamento in quanto contrario agli impegni presi con gli elettori».
CHI PAGA LA CORSA PER LE EUROPEE?
Dalle parti di Azione fanno notare che i fondi pubblici arriveranno solo nel dicembre 2024, ma prima dell’estate si terrà un appuntamento cruciale: quello delle europee, perciò nelle more del nuovo assegno con quali soldi si farà la campagna elettorale? Per questo, scrive il Sole 24 ore, Calenda ha proposto a Renzi di mettere in comune il 70% dei fondi che arriveranno a dicembre 2023, senza ottenere impegni.
SOLDI SPESI PER “IL VOLTO DI CALENDA”
Le ruggini tra i due partiti sono molte. Francesco Bonifazi sibila: «Giova ricordare che Italia Viva ha contribuito in modo paritetico rispetto ad Azione a tutte le campagne elettorali del Terzo polo. La scelta di come destinare i soldi è stata presa dal senatore Calenda che ha optato nella stragrande maggioranza dei casi per affissioni recanti il suo volto e il suo nome. Italia Viva ha contribuito al momento per oltre un milione e 200mila euro. Quanto al futuro 2 per mille, andrà ovviamente alla struttura legittimata dal congresso democratico».
I GRUPPI SPINGERANNO RENZI E CALENDA ALLA RIAPPACIFICAZIONE?
Il quotidiano di Confindustria pone l’accento su un altro finanziamento pubblico, quello riservato ai gruppi: circa 50mila euro a parlamentare all’anno (9 al senato e 21 alla Camera). Motivo per il quale entrambi i leader, dopo essersi riuniti con i relativi esponenti, sembrano infine disposti alla riappacificazione.
Il leader di Italia Viva Matteo Renzi nel suo intervento alla riunione con consiglieri e parlamentari del partito al Senato, ha respinto difatti ogni accusa: «Qualcuno dice che la rottura che viene paventata da Azione nasce per esigenze di soldi, qualcuno dice per esigenze legate al Riformista, qualcuno dice che è legata allo scioglimento del partito di origine: si tratta di alibi e finte motivazioni», ha proseguito.
SCIOGLIMENTO EX ANTE O EX POST?
Sottolineando però un punto di frizione: «Lo scioglimento di Italia Viva? E’ evidente che se facciamo il partito unico si scioglie Italia Viva, come si scioglie Azione. Ma lo scioglimento anticipato non si è mai visto nella storia. Va contro le leggi della fisica: prima si fa il partito unico che non può che essere un partito fondato su un percorso democratico dal basso» «A tutti voi dico – ha concluso – è folle mandare a monte adesso. Noi non manderemo a monte adesso il progetto di fare il partito unico». Calenda può dunque stare sereno?