Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti, ha annunciato l’intenzione di procedere con una stretta significativa sull’immigrazione, dicendo di voler dichiarare un’emergenza nazionale e di utilizzare l’esercito per deportare milioni di migranti irregolari. Ma il piano di Trump si concentra in particolare sull’abolizione del programma Temporary Protected Status (Tps), che offre protezione temporanea a circa un milione di immigrati provenienti da Paesi in guerra o colpiti da disastri naturali.
DOSSIER TPS
Istituito nel 1990 sotto l’amministrazione di George H. W. Bush, il Tps permette agli immigrati di restare negli Stati Uniti qualora il rimpatrio risulti pericoloso per motivi di sicurezza. Negli anni, questa misura ha incluso beneficiari provenienti da nazioni come Haiti, Venezuela e Ucraina, dove le condizioni socio-politiche e umanitarie restano critiche. Anche se nato come uno strumento temporaneo, il Tps ha finito per assumere un carattere quasi permanente, poiché molte delle crisi nei Paesi d’origine non sono state risolte e il sistema legale statunitense non ha introdotto nuove soluzioni per la gestione dell’immigrazione. Trump, nel corso della campagna elettorale, ha specificato che, una volta entrato in carica, avrebbe revocato il Tps per comunità come quella haitiana, che attualmente conta circa 200.000 persone protette dal programma. James David Vance, vicepresidente eletto, ha inoltre criticato gli immigrati che hanno beneficiato del Tps durante l’amministrazione Biden, definendoli “stranieri illegali” che hanno ottenuto un’amnistia indiretta.
COSA E’ SUCCESSO CON BIDEN
Durante la presidenza di Joe Biden, infatti, il Dipartimento di Sicurezza Nazionale ha esteso il Tps a nuovi Paesi tra cui Afghanistan, Camerun, Etiopia, Libano, Myanmar e Venezuela, ampliando la possibilità di protezione anche per migranti provenienti da Stati già precedentemente inclusi. Sebbene il TPS offra solo una protezione temporanea rinnovabile senza un percorso verso la cittadinanza, la sua eventuale abolizione potrebbe portare all’espulsione di oltre un milione di persone, una mossa sostenuta da alcuni degli alleati più influenti di Trump, tra cui Thomas Homan, ex direttore dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE), nominato responsabile delle politiche di frontiera per la nuova amministrazione.
LE MOSSE DEL PRIMO TRUMP
Già durante il suo primo mandato, Trump aveva cercato di revocare il Tps per migranti provenienti da El Salvador, Haiti, Honduras, Nepal, Nicaragua e Sudan, sostenendo che il programma fosse diventato una sorta di status permanente per centinaia di migliaia di persone. Tuttavia, quei tentativi furono bloccati da una serie di ingiunzioni legali, con l’American Civil Liberties Union che ottenne una sospensione preliminare nel 2018. Ora, con una Corte Suprema composta da una maggioranza conservatrice e un crescente sostegno all’interno delle corti federali, gli esperti ritengono che un nuovo tentativo di abolizione del Tps potrebbe avere maggiori probabilità di successo. Lenni Benson, docente di diritto, ha evidenziato che l’amministrazione Trump potrebbe stavolta essere più precisa nel giustificare la revoca del programma, rendendo più difficile contestare la decisione in tribunale.
La revoca del Tps e le nuove politiche migratorie annunciate potrebbero avere un impatto devastante per le comunità di immigrati negli Stati Uniti, aumentando la pressione su migliaia di famiglie che da anni vivono e lavorano nel Paese senza una via legale per la regolarizzazione.