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Brexit

Ecco come Johnson lavora per non ritardare la Brexit. Il Punto di Meloni

Il Punto di Daniele Meloni su Brexit e non solo

Si sono ritrovati lunedì a Westminster i deputati eletti lo scorso giovedì nel Regno Unito per un primo assaggio di vita parlamentare londinese. Tra di loro i 365 MPs che daranno al premier Tory, Boris Johnson, una robusta maggioranza alla Camera dei Comuni per realizzare il suo programma di governo a partire della Brexit.

Dopo il saluto di rito ai parlamentari del gruppo – particolarmente calorosi sono stati quelli ai neoeletti provenienti dal nord dell’Inghilterra e dalle Midlands – Johnson è partito subito in quarta per imprimere il suo marchio a questa legislatura. Giovedì il Queen’s Speech della Regina annuncerà, tra le altre cose, per la prima volta nella storia un piano di imponenti investimenti della sanità che il governo sarà vincolato a rispettare, una nuova legge sull’immigrazione basata sul sistema australiano e una revisione del Justice Act del 2003 che ha permesso a Usman Khan di uscire dal carcere preventivamente e compiere l’attentato del London Bridge. Poi venerdì sarà la volta del Withdrawal Agreement Bill (Wab), meglio conosciuto come Brexit Bill, l’accordo per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, che passerà in Aula per la prima e, forse, per la seconda lettura.

La novità è che questa volta il governo pensa di inserire nella legge che verrà votata ai Comuni una clausola per impedire l’estensione del periodo transitorio oltre il 31 dicembre 2020. Questo farebbe sì che la Brexit avverrebbe comunque indipendentemente dal buon esito delle trattative tra Londra e Bruxelles sul nuovo accordo commerciale post-Brexit. Johnson e Gove vorrebbero usare questa spada di Damocle per far sì che le trattative con l’Ue procedano spedite e si possa giungere a un accordo nei tempi previsti. L’opposizione ha criticato la mossa. In assenza dei nuovi leader, sono stati Keir Starmer per i Laburisti e Sir Ed Dewey per i LibDems a definire “sbagliata” la mossa del governo Conservatore perché aumenta la possibilità di un’uscita senza alcun accordo commerciale. Con l’approvazione – scontata, visti gli 80 MPs di maggioranza che Johnson ha ai Comuni – del Brexit Bill, lo Uk si appresta a lasciare l’Unione Europea il 31 gennaio prossimo.

Intanto il premier ha effettuato un mini-rimpasto di governo: al ministero per il Galles al posto di Alun Cairns è stato nominato Simon Hart, mentre alla Cultura al posto di Nicky Morgan che non si è ricandidata a queste elezioni è stata nominata…Nicky Morgan, che sarà nominata Pari alla Camera dei Lords. Anche in questo caso le polemiche non sono mancate: nel sistema britannico premier e ministri sono di solito parlamentari che hanno ricevuto l’investitura del popolo. Morgan aveva dichiarato di non candidarsi perché voleva passare più tempo con la famiglia e ora si ritrova ad avere il posto che occupava senza essere passata dal giudizio degli elettori. È molto probabile che resti al suo posto fino a un rimpasto più ampio, previsto per il mese di febbraio.

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