(estratto di un articolo di Daniele Capezzone pubblicato sul quotidiano La Verità diretto da Maurizio Belpietro)
Ieri nel pomeriggio il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si è spostato a Strasburgo, dove, dopo un faccia a faccia con Jean Claude Juncker (in cui il lussemburghese ha accettato un invito a Roma per il prossimo primo aprile), ha preso la parola davanti al Parlamento europeo, che ogni mese invita un leader a discutere del futuro dell’Ue.
E nell’emiciclo a lui ostile di Strasburgo (per l’occasione, con larghissimi vuoti) si è materializzata una sorpresa, con un discorso di Conte notevole e non scontato, di forte caratura politica. Dopo cinque minuti di omaggio formale ad un europeismo-soft (elogio della libertà di movimento delle persone, apprezzamento per la creazione di uno spazio giuridico europeo), Conte ha iniziato a picchiare in modo pesantissimo sulle certezze degli eurolirici.
“L’edificio europeo attraversa una fase critica, il progetto ha perso la sua spinta propulsiva”, ha detto Conte. “Non siamo riusciti a diventare compiutamente un popolo”. E poi l’attacco più duro: “L’Europa ha sostenuto politiche di rigore anche a fronte di una fortissima compressione dei consumi, di una crisi economica senza precedenti; ha seguito la fredda grammatica delle procedure, con effetti devastanti”.
“Si è perso il contatto con il popolo, l’Ue è apparsa distante e oligarchica”, ha proseguito il premier. Ma ora “il popolo europeo si è riaffacciato prepotentemente sul palcoscenico della storia, chiede di essere ascoltato: il distacco tra governanti e governati, se alimentato con il silenzio e l’indifferenza, può portare all’implosione del progetto”.
Conte ha proseguito portando almeno altri quattro colpi durissimi. Primo: il rapporto con Donald Trump (“crediamo fortemente nel legame transatlantico con Washington”). Secondo: un cenno, senza neanche citare Emmanuel Macron, al recente scontro con la Francia: “I dissidi bilaterali sono il prodotto dell’incapacità europea di offrire soluzioni”. Terzo: un lunghissimo passaggio sull’immigrazione, rimproverando all’Ue la mancanza di una strategia su Africa e flussi migratori. Quarto: un attacco pesante all’austerity, con un passaggio sarcastico verso Juncker. “Ho visto che Juncker ha definito avventata l’austerità praticata verso la Grecia. Molti di noi ne erano convinti da anni. Dobbiamo evitare che fra qualche anno qualcuno debba scusarsi per la mancata gestione dell’immigrazione e la perdita di coesione sociale”. E infine la conclusione: serve una “nuova Europa, l’Europa del popolo”.
Insomma, avendo capito che gli eurodeputati si preparavano a processarlo, Conte ha scelto di andare all’attacco. Nel dibattito, i toni più sgradevoli sono venuti dal finlandese Jyrki Katainen, che ha avuto il coraggio di rinfacciare i 950 milioni stanziati dall’Ue sull’immigrazione (una miseria rispetto ai costi sostenuti dall’Italia), dal tedesco Manfred Weber (“la situazione italiana è responsabilità vostra, non degli altri”), dall’altro tedesco, il socialista Udo Bullmann (“sui migranti volto disumano dell’Italia”), e dal più velenoso di tutti, il belga Guy Verhofstadt, che si è rivolto a Conte come “burattino di Salvini e Di Maio”. Dura la replica di Conte: “Ha dato del burattino a chi rappresenta il popolo italiano, di cui sono orgoglioso di interpretare la voglia di cambiamento. E’ burattino chi risponde ai comitati d’affari”.