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Ecco chi lavora per un Conte-ter

Che cosa succederà a Conte dopo la mossa di Renzi? Il commento di Federico Punzi, direttore editoriale di Atlantico Quotidiano

 

Perché aprire la crisi proprio ora?

Il tempismo in politica può dire tanto anche delle motivazioni. Non bisogna certo credere che Renzi si illudesse, un anno e mezzo fa, quando rivendicò di averlo fatto nascere, sulla natura di Conte o dei 5 Stelle.

Sebbene siano tutte fondatissime le ragioni di merito da lui citate, l’ex premier è arrivato fuori tempo massimo per rendersi credibile: l’Italia è – non da oggi – un modello negativo nella risposta al virus, record di vittime, di chiusure, di restrizioni delle libertà fondamentali e di danni economici; i soldi a debito aggiuntivo concessi dal Parlamento (oltre 100 miliardi) il governo li ha per lo più sperperati o non spesi; i “pieni poteri” Conte se li è presi nel febbraio scorso e le gravi violazioni costituzionali sono proseguite nel silenzio di tutti almeno fino all’autunno inoltrato.

Dopo quanti Dpcm Renzi se n’è accorto? Quanti scostamenti di bilancio Italia Viva ha votato prima di accorgersi che i soldi venivano impiegati male? No, Renzi non può aggrapparsi all’alibi – cui invece può appellarsi Salvini – che non conosceva i suoi compagni di gioco d’azzardo. Non compagni d’avventura, perché non è stata un’avventura, ma un azzardo sulla pelle degli italiani.

Siamo ancora in emergenza e a pochi mesi dal semestre bianco. I 5 Stelle farebbero carte false, voterebbero chiunque e qualunque cosa, pur di non tornare anticipatamente al voto (si veda il disperato “tutti dentro” di Grillo). Ma soprattutto perché il Pd ha in mente dall’inizio un unico obiettivo: assicurarsi con il minimo dei voti la massima carica – la presidenza della Repubblica – anche per i sette anni dal 2022 in poi. In ciò naturalmente assistito dal presidente Mattarella.

Altro che la pandemia, questi sono i soli motivi per cui “non si può” votare. Bluff totale erano le veline del Quirinale sul rischio elezioni anticipate in caso di crisi. Ma bluff sono anche le veline che avvertono che il presidente non sarebbe disponibile a battezzare una maggioranza raccogliticcia. Qualsiasi cosa, pur di evitare elezioni anticipate. Qualsiasi, a qualunque costo. Si farà come sempre una maggioranza raccogliticcia, poi con l’aiuto dei media fiancheggiatori, e “signora mia, c’è l’emergenza!”, si penserà a come presentarla al Paese.

Renzi, che non ha nulla da perdere, queste cose le sa, quindi ha aperto i giochi. E attenzione, perché nella conferenza stampa di ieri, chiudendo a tutte le alternative (nessuna pregiudiziale su Conte, no “ribaltone” con il centrodestra”, no al voto), l’ex premier ha di fatto aperto ad un Conte-ter. Si tratta, dunque.

Ma noi crediamo che il primo dei suoi tre no (nessuna pregiudiziale su Conte) non sia sincero. Stavolta non può bluffare, non può far rientrare tutto per un rimpastino o qualche miliardo spostato qui o là. Il bersaglio grosso è la testa di Conte: o lui o Conte. Se non ci riesce, Italia Viva si accomoda all’opposizione.

Renzi ha le sue ragioni, perché Conte è l’anello di congiunzione che rende possibile l’alleanza Pd-5 Stelle, ormai a pochi passi dal diventare organica. Senza Conte, Pd e 5 Stelle sono nudi.

Quale sarebbe la personalità di sintesi tra le due forze? Ci vorrebbe tempo per trovarne un’altra. E quali sarebbero i loro frontman, quando prima o poi si ritornerà al voto? Zingaretti e Crimi? Far fuori Conte, dunque, per mettere in crisi l’intesa Pd-5 Stelle, minare la segreteria Zingaretti e rientrare in gioco.

Ringalluzzito dall’ingresso del suo amico Biden alla Casa Bianca, pensando di avere le spalle sufficientemente coperte, Renzi si è fatto coraggio ed è finalmente passato dalle parole, dalle minacce, dai penultimatum, ai fatti. Ma ha sopravvalutato l’appoggio (e la pazienza) della Washington Democratica. Ha bisogno di dimostrare che ancora conta, che è ancora determinante, non può accontentarsi di un rimpastino.

La questione delle prossime ore comunque è: può Mattarella permettere che Conte vada a racimolare qualche sbandato in Parlamento, senza un passaggio formale al Quirinale, svendendo così delle funzioni che non appartengono a lui ma alla carica che ricopre? E, nel caso, potrà permettersi un reincarico a Conte correndo il rischio che i “responsabili” non si palesino, che fossero il parto della volontà dell’ottimismo di Bettini e della sòla di qualcuno? “Responsabili” se ne trovano sempre, tranne quando si scopre che ciascuno pensava che sarebbero stati gli altri a immolarsi per la nobile causa di sostenere un governo impresentabile pur di restare avvinghiati alla poltrona.

Ma Mattarella, padre fondatore di questa coalizione rosso-gialla, vorrà fare di tutto per salvare la sua creatura, soprattutto se sta accarezzando l’idea di una sua rielezione al Quirinale. E potrebbe non avere alternative all’azzardo di un raccogliticcio Conte-ter.

A questo punto, non ci sentiamo di escludere uno scenario da brividi al quale speriamo di non dover assistere: sarebbe davvero troppo, se dopo una prima forzatura, il Conte-bis, il presidente Mattarella ne facesse una seconda, battezzando anche un Conte-ter, ancora più raccogliticcio, per tenere in vita l’alleanza Pd-5 Stelle, e se poi questa stessa alleanza da lui salvata lo rieleggesse per un secondo settennato. Un Parlamento, non dimentichiamolo, non più in linea con il dettato costituzionale – dopo la riforma, confermata per via referendaria, che ha ridotto di oltre un terzo il numero dei parlamentari – che invece di essere sciolto per adeguarsi al volere degli italiani, addirittura decide chi debba essere l’inquilino del Colle per ulteriori sette anni, fino al 2029.

Sarebbe una condotta nefasta e senza precedenti, quella di un presidente che mandasse avanti una legislatura chiaramente esaurita, al solo scopo di preservare una coalizione politica da lui battezzata, che tra qualche mese gli assicurasse la rielezione al Quirinale. Anche alla luce di una presidenza già macchiata dai silenzi sull’abuso dei Dpcm e dalla firma dei decreti legge dei “pieni poteri” al capo del Governo (decreti n. 6 del 23 febbraio 2020 e n. 172 del 18 dicembre 2020).

(estratto dall’articolo pubblicato da Atlantico Quotidiano; qui la versione integrale)

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