La domanda cui il libro cerca di dare risposta è: “è possibile essere patrioti italiani senza essere anche patrioti europei?” La risposta di Alessandro Butticé è un chiarissimo No.
Alessandro Butticé è un Generale in congedo della nostra Guardia di Finanza, ed ha lavorato per oltre 30 anni presso la Commissione europea, nel settore di lotta alla frode (prima ponendo le basi dell’UCLAF e poi come Capo Unità e Portavoce dell’OLAF), e come Capo della Comunicazione, e poi delle Risorse Umane, della Direzione Generale Mercato Interno, Industria e Imprese. All’inizio come esperto nazionale distaccato (END), e poi come funzionario della Commissione. In questo libro ripercorre questi tre decenni “a difendere l’Italia in Europa e l’Europa in Italia”. Il libro racchiude una serie di 50 “pensieri in libertà” dell’autore, che si definisce, spiegandone le ragioni, un patriota italiano-europeo. Sono stati pubblicati in ordine cronologico, e quindi devono essere contestualizzati al momento della redazione. Perché scritti dal 2018 al 2023, sulla base dell’osservazione con occhi italiani dell’Europa, e con occhi europei dell’Italia. Basandosi anche su diversi aneddoti. Molti dei quali poco conosciuti al grande pubblico. Il libro si avvale di una bella presentazione dell’Onorevole Caterina Chinnici, Vicepresidente della Commissione di Controllo dei Bilanci del Parlamento europeo. “Magistrato di grandissimo valore personale che porta il cognome di un monumento nazionale della vera lotta alla Mafia”.
Qui di seguito un brevissimo estratto del libro.
EUROPEISMO DOGMATICO E RADICAL CHIC? BISOGNA STARE CON I PIEDI PER TERRA
13 febbraio 2021
“Quello che è certo è che con Draghi saremo nuovamente e a pieno titolo in Europa. Senza necessità di andarci col “cappello in mano”. Ma nemmeno di dover “sbattere i pugni sul tavolo“. Perché i suoi argomenti e parole saranno molto più solidi, rispettati e ascoltati degli schiamazzi da osteria o da social. L’Ue non è gli “zero virgola” o la “curvatura di banane e cetrioli” Se vogliamo comprendere davvero la fortuna che abbiamo di avere l’Ue e di esserne parte, dobbiamo ricordare le tragedie della storia nazionale ed europea del secolo scorso.
Consiglio da sempre gli amici sovranisti (e non solo italiani) di rileggersi la storia. Comprenderebbero meglio che oggi i piccoli staterelli nazionali europei – compresa la grande–piccola Germania – devono competere con giganti demografici, economici e militari che non hanno il livello di libertà, democrazia e sicurezza sociale, che noi diamo per scontati e che scontati non sono. Penso a Cina, Russia e India. Chi vuole davvero essere un patriota, deve quindi esserlo, oltre che nazionale, anche europeo, sia esso italiano, ungherese, polacco, francese, tedesco. Perché solo uniti nell’Ue abbiamo la capacità di fare fronte e anche emergere nel confronto con questi giganti, senza rischiare di diventarne misere colonie. “
“Ho detto patrioti, che è diverso dall’essere nazionalisti. Come bene ricordava Charles de Gaulle, per un vero patriota l’amore per la sua gente viene per primo, a differenza del nazionalista, per il quale viene per primo l’odio per chi non fa parte della sua gente.”
“L’europeismo da piedistallo, elitario, acritico e dogmatico, è oggi forse più pericoloso del peloso sovranismo. E deve essere superato e combattuto. Se si vuole davvero difendere l’edificio europeo dall’incendio che lo circonda. Bisogna evitare di continuare a presentare l’Ue come patrimonio di una parte. Ad esempio, di quella «gauche caviar» e pariolina oggetto di molte reazioni proprio dal mondo che un tempo apparteneva alla sinistra. O di una ristretta cerchia di partiti politici. I veri europeisti devono invece incoraggiare tutte le forze politiche a offrire il loro contributo democratico, e costruttivo, per migliorare l’Ue.”
“Ma non ho mai trovato nulla di meglio, per spiegare quella che è per me, da sempre, una convinzione assoluta, delle parole usate nel discorso che il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi ha tenuto mercoledì al Senato… Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Anzi, nell’appartenenza convinta al destino dell’Europa siamo ancora più italiani, ancora più vicini ai nostri territori di origine o residenza. Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere”.
FRANZ‐HERMANN BRÜNER, MAGISTRATO GARANTISTA E PADRE NOBILE DELL’ANTIFRODE EUROPEA
15 gennaio 2018
“Il 9 gennaio 2010 moriva Franz-Hermann Brüner, il magistrato tedesco che per quasi dieci anni, dal 1° marzo 2000 al 9 gennaio 2010, è stato il primo direttore generale dell’Olaf, l’Ufficio europeo per la lotta alla frode. In buona parte di questi dieci anni, esattamente fino al 16 novembre 2009, ho avuto il privilegio e l’onore di esserne il Portavoce e il Capo dell’Unità Comunicazione, e anche testimone del suo grande amore per l’Italia….Dopo essere stato giudice istruttore, giudice e pubblico ministero, divenne procuratore capo a Berlino, dove, dopo la caduta del Muro, svolse la funzione di Pubblico Ministero nei processi contro figure di primo piano dell’ex DDR, tra i quali lo stesso leader della Germania Est, Erich Honecker. Dopo aver diretto l’Unità Antifrode dell’Alta Rappresentanza delle Nazioni Unite per la Bosnia and Erzegovina, nel marzo del 2000 giunse a Bruxelles, quale primo direttore generale dell’Olaf. Avviando l’attività dell’Olaf in un delicatissimo periodo istituzionale, che seguiva le prime dimissioni della Commissione europea, per sospette irregolarità, dispensò ogni sua energia nella definizione della struttura organizzativa e della strategia investigativa dell’Olaf.
Tra queste, alcune esperienze italiane che lo lasciarono sconcertato. Prima di arrivare a Bruxelles era, infatti, un grande ammiratore dell’indipendenza della Magistratura italiana e, appena giunto all’Olaf, pretese ed ottenne, nonostante il veto politico del Governo Berlusconi, il distacco di tre magistrati per la conduzione di inchieste a livello europeo. Dopo alcuni episodi mediatico-giudiziari che lo sorpresero non poco, però, toccandolo anche sul piano personale (in un caso, dopo una presa di posizione pubblica, fu costretto a investire il Ministro della giustizia ed il Csm), mi confidava spesso la sua incredulità per quanto vedeva, ripetendomi che per lui, garantista e allergico ad ogni forma di muscoloso giustizialismo mediatico, l’indipendenza del singolo magistrato non poteva mai sfociare nell’irresponsabilità delle proprie azioni, e tanto meno nell’impunità. Ma era pur sempre un magistrato tedesco. E quindi non gli era sempre facile comprendere il funzionamento spesso singolare della giustizia italiana, nonostante la grandissima collaborazione che seppe intrattenere con le più importanti Procure della Repubblica e con la Direzione Nazionale Anti-Mafia di Pier Luigi Vigna. Celebre il grande supporto internazionale che l’Olaf di Brüner diede alla Dna nella cattura di grandi contrabbandieri di sigarette italiani, latitanti, appartenenti alla Montenegro Connection, ma anche quello fornito alle inchieste di validi PM, come Antonio Lamanna, della Procura di Milano, sulle frodi internazionali all’IVA nel settore dell’argento.”
LA GIUSTIZIA ITALIANA AGLI OCCHI DI UN PM FRANCESE
novembre 2020
“Thierry Cretin è stato un magistrato della Repubblica Francese, che in Italia si sarebbe chiamato “d’assalto”. “…Con i pubblici ministeri italiani ho avuto esperienze ricche e varie, a volte stimolanti, altre volte meno. La cosa più sorprendente per il pubblico ministero francese che ero, è stato sicuramente il ruolo centrale svolto dal pubblico ministero italiano nell’apertura dei casi e nello svolgimento delle loro indagini. In Francia, la Procura della Repubblica è un punto chiave nell’attuazione del procedimento penale, ma il suo ruolo non è “monopolistico” come quello che ho visto in Italia. Voglio dire che in Francia, per casi di certa gravità, il giudice istruttore riveste una posizione essenziale nello svolgimento delle indagini sul caso, in completa indipendenza da tutti i soggetti coinvolti nel procedimento, compreso l’accusa. Inoltre, in Francia, un denunciante può rivolgersi direttamente al giudice istruttore, senza passare dall’accusa.”
L’ITALIA SPENDE MOLTO PER LA VIGILANZA DOGANALE DELLE FRONTIERE UE. MA INCASSA MENO DELL’OLANDA
8 dicembre 2022
“Nel periodo 2021-2027, gli Stati membri sono autorizzati a trattenere il 25% dei dazi doganali riscossi a titolo di spese di riscossione. Anche se ciò, nelle intenzioni del legislatore europeo, serve anche da incentivo a garantire una riscossione diligente degli importi dovuti. Ma della riscossione fanno parte anche le misure di controllo e le strutture di vigilanza dei confini doganali dell’Ue messi in atto e di cui dispongono i singoli Stati membri. Che come noto sono molto eterogenei, secondo le frequenti denunce pubbliche di Parlamento e Corte dei conti europei. La Germania, con solo la frontiera con la Svizzera e 2.389 Km di frontiera esterna marittima da vigilare, grazie soprattutto al porto di Amburgo, nel 2019, secondo i dati di Eurostat, ha effettuato importazioni di merci per 367 miliardi di euro, riscuotendo 4,1 miliardi €, dei quali ha trattenuto, quali “spese di riscossione”, 1 miliardo di €. Il Belgio, con solo 66 Km di frontiera esterna marittima da vigilare, grazie prevalentemente al porto di Anversa, nel 2019 ha effettuato importazioni di merci per 136 miliardi di euro, riscuotendo 1,6 miliardi €, dei quali ha trattenuto, quali “spese di riscossione”, 400 milioni di €. I Paesi Bassi, con solo 451 Km di frontiera esterna da vigilare, grazie prevalentemente al porto di Rotterdam, ha effettuato importazioni di merci per 311 miliardi di €, riscuotendo ben 2,7 miliardi, dei quali 700 milioni sono andati al proprio bilancio nazionale……per vigilare oltre 7.000 km di frontiere esterne marittime, oltre al confine con la Svizzera, …. il nostro Paese, sempre nel 2019, ha effettuato l’importazione di merci per soli 172 miliardi di euro (poco più di quelle importate dal Belgio, e poco più che la metà di quelle importate dalla Germania e dai piccoli Paesi Bassi). Riscuotendo unicamente 1,8 miliardi di € di dazi doganali, dei quali solo 500 milioni di € sono andati a beneficio del bilancio nazionale. Poca cosa quindi per risarcire le “spese di riscossione” che comprendono anche il costo della vigilanza in mare e sul territorio nazionale che, dal 1774, è effettuato in Italia dalla Guardia di Finanza. Nata proprio come polizia di vigilanza doganale delle frontiere. Al quale si aggiunge da qualche tempo – e questa è una particolarità tutta italiana, in periodo di grandissima crisi economica – quello della strisciante “militarizzazione” di Adm da parte dell’attuale Direttore generale, Marcello Minenna. Che dopo aver messo i doganieri in uniforme (frustrando con questo buona parte del personale) li ha dotati di coreografici mezzi terrestri e navali. Dando l’impressione di volerli sovrapporre, se non duplicare, a quelli della Guardia di Finanza.”
LA GUERRA IN UCRAINA VISTA DA BRUXELLES
1° febbraio 2023
“Dal maggio del 2022 il Generale Robert Brieger, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa austriaca, ha preso il posto del Generale Claudio Graziano, come Presidente del Comitato Militare dell’Unione europea, che riunisce i Capi di Stato Maggiore della Difesa dei 27 Stati Membri, e dirige tutte le attività militari dell’Ue. Nel febbraio del 2023 l’ho intervistato per Airpress. L’invasione ingiustificata e non provocata della Russia in Ucraina ha provocato un terremoto geopolitico con conseguenze di vasta portata in ogni aspetto della nostra vita. Per quanto si può dire, la guerra doveva essere una guerra lampo, ma si è rapidamente trasformata in una guerra di logoramento. Contrariamente a quanto qualcuno volesse preventivare, non siamo arretrati di fronte al ricatto di Vladimir Putin. Gli Stati membri dell’Ue sono rimasti uniti nel loro sostegno all’Ucraina. Questo include le forniture di armi. L’attivazione rapida di uno strumento di nuova concezione, l’EPF (European Peace Facility), per l’invio di armi letali, è stata davvero un momento di svolta. Inizialmente finanziato con 500 milioni, ha ora superato i 3,5 miliardi per rimborsare gli Stati membri dell’Ue disposti a consegnare le attrezzature militari necessarie alle Forze armate ucraine per difendere sé stesse e il proprio Paese. Anche le circostanze che hanno portato a queste decisioni saranno ricordate nella storia: solo pochi giorni dopo l’aggressione, nel giro di poche ore, i 27 Stati membri dell’Ue sono riusciti a concordare misure senza precedenti a sostegno dell’Ucraina. Da allora, questo sostegno è cresciuto costantemente: l’Ue ha fornito all’Ucraina quasi 50 miliardi di euro in aiuti, tra cui assistenza militare, finanziaria, economica e umanitaria. Inoltre, il rapido lancio dell’ultima missione di addestramento EUMAM, EU Military Assistance Mission Ukraine, è stato un altro segno dell’attivismo dell’Ue, per rafforzare la capacità delle forze armate locali nel difendere l’integrità territoriale all’interno dei confini riconosciuti a livello internazionale, nonché di dissuadere e rispondere a potenziali future offensive militari da parte della Russia e di altri potenziali aggressori. EUMAM lavora a stretto contatto con tutti gli altri partner internazionali cosiddetti “likeminded”, per fornire supporto formativo alle Forze armate ucraine. Finora, 24 Stati membri dell’Ue hanno offerto moduli di formazione e personale. La prima lezione, credo, è che siamo più forti insieme. È più di una lezione, è la conferma di qualcosa che già sapevamo: l’Ue, insieme ai suoi Stati membri, dispone di un insieme unico di strumenti e potenzialità per un approccio integrato alle crisi. E, intervenendo con rapidità e decisione a sostegno dell’Ucraina, abbiamo dimostrato che quando il gioco si fa duro, gli Stati membri dell’Ue possono e sanno davvero come darsi da fare.
QATARGATE: PROBLEMA ANTICO O ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA EUROPEA?
2 febbraio 2023
“Esperia, circolo culturale ispirato ai valori comuni dell’identità europea, alla tradizione politica dell’Occidente ed al pensiero del Partito Popolare Europeo, ha organizzato, giovedì 2 febbraio 2023, a Bruxelles, una conferenza-dibattito sul tema: “Qatargate: problema antico o attacco alla democrazia e all’Unione europea?” Sono intervenuto al dibattito, moderato dal Presidente di Esperia, l’eurofunzionario Antonio Cenini, assieme a Cristiano Sebastiani, Presidente di R&D Renouveau et Democratie, il principale sindacato della funzione pubblica europea, ed a Veronique Laurent, avvocato ed ex presidente, dal 2013 al 2019, del Consiglio centrale di sorveglianza penitenziaria del Belgio. Antonio Cenini ha esordito ricordando l’impegno del Circolo Esperia, con le proprie iniziative culturali e di approfondimento, in favore di una sempre maggiore integrazione europea, la migliore risposta possibile alle grandi sfide dei giorni nostri. Per questo, si è detto molto preoccupato per il possibile impatto negativo dello scandalo Qatargate sull’immagine dell’Unione europea e delle sue istituzioni, a poco più di un anno dalle elezioni europee del 2024. Intervenendo alla conferenza, mi sono limitato ad esprimere, unicamente sulla base delle poche informazioni sinora pubblicate dalla stampa, il fatto che, a mio avviso, lo scandalo del Qatargate impone serie tre riflessioni. La prima, riguarda la banale affermazione della tolleranza zero per ogni tipo di corruzione all’interno delle Istituzioni Ue. Inutile discuterne oltre. La seconda, invece, attiene alla necessità di proteggere l’Ue e la democrazia, sulla quale gli Stati membri dell’Ue si basano, da influenze e attacchi esterni. Che possono avvenire a mezzo di corruzione, ma anche attraverso regali investigativi avvelenati alle autorità giudiziarie degli Stati membri. Molto più permeabili di quelle di paesi autoritari. Per quanto riguarda la tolleranza zero nei confronti della corruzione presso le Istituzioni Ue, non può dimenticarsi di esordire dalla constatazione che la corruzione sia un problema umano antico. Mi piace ricordare a tale proposito un aneddoto. Quello del giorno in cui, assieme a magistrati della Procura Nazionale Antimafia italiana, nella mia vita professionale precedente, portai le prove alle autorità giudiziarie svizzere di un loro giudice che era stato corrotto da un’organizzazione contrabbandiera italiana. Rivedo ancora le facce allibite dei miei interlocutori. Non credevano ai loro occhi (portammo infatti delle prove anche fotografiche) di quella che era invece una triste realtà. Che sinora pensavano impensabile nell’apparente tranquilla Confederazione Elvetica”.