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Draghi incorona Cazzullo direttore del Corriere della sera con l’ok di Dagospia?

Chi c'era e che cosa si è detto all'evento (secondo il Corriere della sera) di Cazzullo e Draghi. Fatti, parole, nomi e una domanda birichina del Fatto quotidiano

Una presentazione del libro della firma del Corriere della sera, Aldo Cazzullo, per il Corriere della sera è “un evento”. Ma forse non solo perché Cazzullo ha intervistato l’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi. Ma anche perché l’intervista pubblica si è svolta sull’Altare della chiesa di sant’Ignazio di Loyola a Roma, un tempo cappella del Collegio Romano dei padri gesuiti. Una scelta che sui social ha destato meraviglia, sorpresa, stupore e pure qualche critica.

Chi c’era all’evento? Seduti sui banchi Carlo Calenda, Lorenzo Guerini, l’editore Urbano Cairo con il direttore de La7 Andrea Salerno, Giampiero Mughini, Roberto D’Agostino, ha scritto il Corriere della sera. Splendide e significative le foto scelte dal quotidiano diretto da Luciano Fontana per l’articolo sull’evento. Start Magazine giorni fa ha sottolineato come il fondatore e direttore di Dagospia, Roberto D’Agostino, abbia invocato la Troika per l’Italia.

Ma cosa ha detto Draghi? Ecco alcune dei concetti espressi dall’ex presidente della Bce, nel corso della conversazione con Cazzullo, autore del libro “Quando eravamo i padroni del mondo. Roma: l’impero infinito”.

“Non so perché abbiamo avuto solo 17 voti per Expo 2030, non conosco l’intera storia, ma una cosa che mi è venuta in mente subito è che noi abbiamo già avuto un’Expo pochi anni fa a Milano, quindi forse questo ha influito. Non credo ci sia un complotto come ho sentito dire. Si parla già di complotti, c’è tutto il mondo che vuole questa Expo e noi l’abbiamo appena avuta…”.

“Il libro mi è piaciuto molto, è ricco di suggestioni e si è tentati di estrarre lezioni per l’oggi. Ma certe volte se cerchiamo legittimazione nella storia può essere pericoloso, si ragiona su un contesto diverso”.

L’impero romano? l’impero romano, «un modello di società aperta, fatto di immigrazione, integrazione, assimilazione, mobilità delle persone. Quando l’impero si fa grande i romani capiscono che bisogna investire nella periferia, infatti alcune opere realizzate nelle province sono più grandi di quelle costruite a Roma”.

“È un momento critico per l’Europa. Ed è sperabile che alla fine ci tengano uniti quei valori fondanti dell’Unione Europea che ci hanno accompagnato fin qua: democrazia, libertà, diritti umani. Serve una politica estera coordinata e bisogna pensare a una maggiore integrazione politica, a un vero Parlamento d’Europa, a iniziare a pensare che siamo italiani ed europei”.

Al Fatto quotidiano si sono posti però una domanda: “Perché Draghi ha scelto proprio quest’appuntamento per farsi rivedere? Forse per incoronare Cazzullo direttore del Corriere?”.

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ESTRATTO DELL’ARTICOLO DEL FATTO QUOTIDIANO SULL’EVENTO CAZZULLO-DRAGHI (qui l’articolo integrale):

Nancy Brilli che “oltre a essere brava è anche bella” (cit. Aldo Cazzullo), “il presidente del Copasir, il senatore Calenda e Dago” (enunciati in quest’ordine dallo stesso Cazzullo) in prima fila, Mario Draghi seduto sull’altare di Sant’Ignazio di Loyola con Padre Don Vincenzo D’Adamo che racconta di come gli allievi dei Gesuiti frequentassero quella Chiesa (e l’ex premier ha studiato al Massimo): la presentazione del libro del vicedirettore del Corriere della Sera, sull’antica Roma, Quando eravamo i padroni del mondo (Harper and Collins) assomiglia alla scena di un film di Sorrentino dedicato alla dissoluzione finale dell’Impero. Alla presenza di Urbano Cairo e di Simona Ercolani, Draghi fa un rientro in scena in uno stile quantomeno inaspettato. Una specie di gioco di prestigio che pare far dissolvere l’immagine nota del personaggio, per sostituirla con un’altra, tanto sfuggente quanto surreale. Un trompe l’oeil, un po’ come la cupola piatta della Chiesa. Il dialogo tra Cazzullo e Draghi – intervallato dalle letture della Brilli – tocca tutto e non tocca niente. Dalle donne dell’Antica Roma, particolarmente disinibite, secondo Cazzullo, alla fede romanista di Draghi. Con qualche picco imperdibile. Come quando l’autore arruola Cesare tra i giornalisti ante litteram (vedi la narrazione fulminante del “Vedi, vidi, vici”): si sta forse autoparagonando? All’ex premier che chiarisce come “la storia non è magistra di nulla che ci riguarda”: un velato rimorso autobiografico?

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