Le improvvise dimissioni di Nikki Haley, combattiva ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite, sono una nuova tegola per l’amministrazione Trump, che perde uno dei suoi volti più popolari e, soprattutto, una donna di punta in un governo che scarseggia di esponenti del gentil sesso. E questo è un fattore che potrebbe avere un peso nelle imminenti elezioni di mid-term, in cui i Repubblicani faticheranno non poco ad intercettare un voto femminile influenzato dalle recentissime polemiche sull’ingresso di Brett Kanavaugh alla Corte Suprema e da un movimento, quello del #metoo, che non ha certo giovato ad una presidente chiacchieratissimo per le sue idee e la sua condotta poco ortodossi.
Certo è che l’abbandono di Nikki Haley è stato la notizia del giorno. Che si è diffusa nella mattinata di ieri, con l’anticipazione esclusiva e dirompente di Axios. Immediatamente dopo, l’amministrazione Trump è entrata in modalità crisis management convocando i reporter alla Casa Bianca nel pomeriggio per assistere al congedo, rimandato in realtà alla fine dell’anno, della Haley alla presenza di The Donald.
Davanti alla stampa, Haley ha rivendicato la bontà del suo operato all’Onu, rimarcando come oggi “gli Stati Uniti siano rispettati. A certi paesi può non piacere ciò che facciamo, ma ci rispettano quando lo facciamo. Sanno che se diciamo che vogliamo fare qualcosa, ci comportiamo di conseguenza”. L’America, ha aggiunto, “è di nuovo forte, è forte in un modo che dovrebbe rendere molto orgogliosi tutti gli americani”.
L’anno e mezzo trascorso da ambasciatrice al Palazzo di Vetro viene definito dalla Haley una “benedizione”. Che però si conclude per motivi quanto meno opachi: la rottura sarebbe stata motivata, secondo le sue parole, dal desiderio di avere un break dalla vita pubblica. Ogni politico, ha sottolineato la Haley, deve sapere “quando viene il momento di farsi da parte”.
Quanto alle voci di una possibile candidatura della Haley alle presidenziali del 2020, la Haley esclude categoricamente. Nella sua lettera di dimissioni, l’ambasciatrice ha scritto che “non sarà assolutamente candidata per alcun ufficio elettivo nel 2020”. Ai reporter presenti alla Casa Bianca, Haley ha assicurato invece che sosterrà Trump nella sua campagna per la rielezione.
Le spiegazioni di Haley non convincono però del tutto la stampa americana. Che condisce la sorpresa per le improvvise dimissioni con un ricco carnet di ipotesi sulle cause sottostanti la decisione.
Nel retroscena pubblicato dalla CNN, la notizia dell’uscita di Haley viene descritta come uno shock per l’amministrazione Trump. “La reazione più comune” in seno al governo, scrive la CNN, è stata “CHE COSA???”. Una reazione che avrebbe accomunato tutti, a partire dai due principali interlocutori della Haley, il segretario di Stato Mike Pompeo e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale John Bolton. E a cui sarebbe seguito un pressante interrogativo, sotto la forma di un rotondo “perché?”.
Sui perché, la CNN avanza tre ipotesi. La prima è che la traiettoria di Haley, inizialmente apprezzata da Trump e dai suoi più stretti consiglieri, è entrata in rotta di collisione con quella di Pompeo e Bolton, vale a dire con quelle che attualmente sono le due voci prominenti della politica estera trumpiana.
Secondo la CNN, a differenza dei predecessori Rex Tillerson e H.R. McMaster, Pompeo e Bolton sono due falchi che hanno preso saldamente in mano i due dossier più caldi per gli Usa, quello della Corea del Nord e dell’Iran: un protagonismo che ha finito per oscurare in termini di visibilità la Haley che, fino al momento dell’ingresso di Pompeo e Bolton nel ruolino dell’amministrazione, era stata de facto la portavoce delle posizioni trumpiane in politica estera. Una marginalizzazione, insomma, che l’ha spinta nell’angolo da cui è uscita ieri con una decisione drastica.
Non era nelle intenzioni di una donna ambiziosa e pugnace rimanere nel cono d’ombra di due figure ingombranti come Pompeo e Bolton. Di qui la decisione di divincolarsi e preparare, in base alla seconda ipotesi formulata dalla CNN, la ridiscesa in campo sotto un più alto profilo: quello di candidata alle presidenziali.
Per un politico che è riuscito a conquistare, secondo un sondaggio condotto ad aprile dalla Quinnipiac University, l’approvazione del 63% degli elettori e addirittura del 55% di quelli del Partito Democratico, e che ha guadagnato la copertina di Time nella qualità di donna che “sta cambiando il mondo”, la corsa alla Casa Bianca rappresenta un approdo naturale. Non si sta parlando però delle elezioni del 2020, che vedranno quasi certamente la riproposizione del ticket Trump-Pence, che vanta un solido consenso nella base repubblicana.
L’orizzonte è rappresentato senz’altro dal voto di quattro anni dopo. Allora, la presenza nelle schede di un nome come quello della Haley associato ad un presidente come Trump che ha varato un nuovo corso nella politica americana, ma sufficientemente distaccato da lui perché non impiegato formalmente nell’amministrazione da sei anni, potrebbe rappresentare la scelta ideale per un Partito Repubblicano in fase di ridefinizione del proprio status e delle proprie idee fondative. Un asso su cui puntare, insomma, per il GOP e per i suoi elettori sovraeccitati dalla rivoluzione trumpiana ma al cui interno esiste ancora una frangia in grado di apprezzare le posizioni e i toni più ortodossi della candidata Haley.
Posto che la partecipazione della Haley alla competizione elettorale del 2024 è una possibilità nell’ordine delle cose, resta in piedi l’interrogativo su cosa l’abbia spinta ad uscire di scena così precocemente. E qui la CNN, sulla scia di un po’ tutti i media a stelle e strisce, formula la sua terza ipotesi: dietro la mossa si celerebbero banali questioni economiche.
In America, si sa, le cariche elettive non arricchiscono quanto possono fare i più remunerativi incarichi nel settore privato. La Haley, che è in politica da quattordici anni, ne ha fatto personalmente le spese. Prima come deputata nella Camera del suo Stato, la Carolina del Sud, e poi come governatrice, l’ambasciatrice ha visto in questi anni abbassarsi non poco il suo reddito. Nel 2015, lei e il marito dichiaravano al fisco un reddito annuo di circa 170 mila dollari, ventimila in meno rispetto all’anno precedente e addirittura centomila in meno rispetto al 2013. Secondo la dichiarazione dei redditi di quest’anno, inoltre, la Haley ha accumulato numerosi debiti: un mutuo di oltre un milione di dollari ed una linea di credito compresa tra 250 e 500 mila biglietti verdi. Soldi che la Haley non avrà fatica a raggranellare accettando una delle tante proposte che le pioveranno addosso.
Quale che sia la motivazione che l’ha portata a scendere dal carro trumpiano, è certo che, quando uscirà di scena alla fine dell’anno, la Haley si farà rimpiangere. In questo anno e mezzo, l’ambasciatrice ha condotto delle battaglie epocali in un consesso, quale il Palazzo di Vetro, in cui si giocano i destini del mondo. Prendendo di mira, di volta in volta, il bersaglio prescelto (la Corea del Nord di Kim Jong un, la Siria di Bashar al-Assad, la Russia di Vladimir Putin), Nikki Haley ha fatto mostra di uno stile perfettamente congeniale al ruolo dell’America quale superpotenza politica, diplomatica e militare che, se decide di alzare la voce, lo fa in modo inequivocabile.
Un ruolo che le ha guadagnato l’apprezzamento dei suoi colleghi, che ieri l’hanno celebrata in coro. Il suo diretto antagonista in tante battaglie al Consiglio di Sicurezza, l’ambasciatore russo Vassily Nebenzia, ha parlato delle dimissioni di Haley come di una “sorpresa (…) non molto piacevole per me, personalmente”, sottolineando come il personaggio sia “giovane, energico, ambizioso”, doti che renderanno molto probabile la sua ricomparsa in altre vesti sulla scena politica. “Penso che la rivedremo”, ha sottolineato Nebenzia, “dopo che avrà avuto questa meritata pausa”.
Lodi sperticate giungono dall’ambasciatore francese all’Onu, Francois Delattre, che definisce la Haley “uno degli esponenti del governo Usa più talentuosi e autentici che abbia mai incontrato”. Un ringraziamento sincero è arrivato dall’ambasciatore israeliano Danny Danon, con cui l’allineamento è stato totale. “Grazie per aver rappresentato i valori comuni ad Israele e Stati Uniti” – ha commentato Danon – “e grazie per il suo appoggio allo Stato di Israele (…) Dovunque lei sarà, lei continuerà ad essere un vero amico dello Stato di Israele”.