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Difesa Europea

Difesa europea: che fa Draghi?

Difesa europea tra obiettivi, miraggi e sfide. L'intervento di Andrea Armaro, giornalista, già capo della comunicazione al ministero della Difesa 

 

Caro direttore,

è un gran discutere di difesa europea dopo l’improvviso ritiro della Nato dall’Afghanistan.

Decisione assunta dagli Stati Uniti, dopo gli accordi di Doha con i talebani e, ancora una volta, senza un reale coinvolgimento degli alleati.

Un’idea quella della Difesa europea di cui l’Italia è partecipe, consapevole che senza una forza militare sui tavoli che contano non puoi partecipare, non ti fanno partecipare. Lo stesso patto tra Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna per la difesa nel Pacifico, è una occasione da cogliere per riflettere sulla Difesa comune.

Temo però che non tutti gli interessati abbiano compreso. Il Parlamento europeo, ad esempio, è privo della Commissione Difesa, un chiaro segno di come è vissuto o meglio di come non sia proprio sentito il tema dall’Assemblea di Strasburgo.

Molti, quelli più tecnici, addirittura fanno finta di non capire cosa comporta intraprendere questa strada. La Difesa europea non è realizzare intese industriali per favorire di volta in volta singoli progetti, o costituire un contingente di 6mila o 60mila soldati pronti ad intervenire.

È più complessa: è condivisione di ideali, di un’idea politica (quale Europa), di obiettivi, di informazioni (intelligence), di comandi, di caserme, di mezzi, di decisioni. In poche parole di cessione di sovranità nazionale o di creazione di una sovranità condivisa.

Utile, necessaria, indispensabile se l’Europa vuole essere soggetto politico importante e autorevole.

È un tema molto politico che richiede idee e rappresentanti all’altezza. Il Presidente del Consiglio Mario Draghi per le sue convinzioni fortemente europeiste e consapevole dell’assenza di una Forza armata europea è l’unico in questo momento in Europa che potrebbe farsene carico.

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