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Democrazia Italiana

La democrazia italiana è malata?

Il Bloc Notes di Michele Magno.

La democrazia italiana è malata? Diciamo che, come il suo fondamento (la separazione dei poteri), non se la passa bene: “Il governo è diventato legislatore. Il Parlamento è diventato amministratore. I giudici esercitano funzioni amministrative, occupando gli uffici del ministero della Giustizia, e la funzione legislativa con la loro presenza nei gabinetti ministeriali” (Sabino Cassese). Per altro verso, la transizione iniziata con il referendum sulla preferenza unica (1991) non si è mai conclusa. La battaglia contro le degenerazioni del parlamentarismo si è caricata di un significato palingenetico e persino morale, in virtù di una analisi che attribuiva al proporzionalismo la responsabilità della partitocrazia, fonte di ogni corruzione, clientelismo e arretratezza, nonché dell’insostenibile debito pubblico. Si è così affermato un movimento d’opinione giustizialista, che individuava nei referendum elettorali la leva decisiva con cui passare dalla “democrazia dei partiti” alla “democrazia decidente”, garantita appunto dal maggioritario e da un bipolarismo di coalizione.

Il risultato è stato che ogni banale crisi di governo si è trasformata in una crisi di sistema. Motivo per cui le forze politiche, quando non erano impegnate a sfidarsi sulla legge elettorale, lo facevano sulla riforma della Costituzione, dove ogni tentativo di larga intesa, dalla “Bicamerale D’Alema” (1997) al “referendum Renzi” (2016), ha suscitato proteste clamorose, con toni da guerra civile, che ne hanno sempre decretato il fallimento. Da ultimo: i fatti dicono che la stagione del maggioritario è stata avara di risultati non soltanto sul terreno dei mezzi (la governabilità), ma anche su quello dei fini (le riforme di struttura, come si chiamavano una volta, economiche, sociali e istituzionali).

In un testo inedito (e profetico) del 2005, Giovanni Sartori scriveva: “[…] Non è vero che il popolo ha sempre ragione. Spesso ha torto. Il principio della democrazia è che ha (il popolo, s’intende) il diritto di sbagliare. Ma se sbaglia troppo e troppo spesso, allora la democrazia è nei guai. Guai che oggi sono aggravati dalla incompetenza dei competenti. La democrazia doveva essere una ideocrazia e, come tale, deve essere capita. Invece è sempre più una repubblica di asini raglianti. E una democrazia spiegata e guidata da asini raglianti non può funzionare. Per ora, siamo salvati dal principio di legittimità. Ma fino a quando?” (“La rappresentanza politica”, Biblioteca del Senato). Vent’anni dopo, la domanda è sempre la stessa: fino a quando?

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Sabino Cassese sostiene da una vita la necessità di rendere leggibili le norme emanate da governo e Parlamento. Con scarsi risultati, purtroppo. Ma se il legislatore continua a legiferare con un linguaggio oscuro, al limite del grottesco e incomprensibile ai più, sono i pochi, anzi i pochissimi, ad avvantaggiarsene. E questo è un bel problema, appunto, per una democrazia funzionante. Si provi, ad esempio, a leggere  il comma 6 dell’articolo 9-bis  del decreto legge n.69 (qui ha poca importanza la materia che disciplina), convertito dal Senato e ora all’esame della Camera:

“Al fine di assicurare il bilanciamento tra le esigenze di continuità dell’attività produttiva e quelle di salvaguardia dell’occupazione e tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute, dell’ambiente, dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana, è ammessa l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 217 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n.1265, ovvero agli articoli 50, comma 5, e 54, comma 4, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, incidenti sull’operatività di stabilimenti industriali o parti di essi dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n.207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n.231, in relazione ai quali sia stata rilasciata mun’autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell’articolo 29-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, esclusivamente quando ricorrono le condizioni di cui all’articolo 29-decies, comma 10, del medesimo decreto legislativo n.152 del 2006 ovvero in presenza di situazioni di pericolo ulteriori rispetto a quelle ordinariamente collegate allo svolgimento dell’attività in conformità all’autorizzazione integrata ambientale. Le disposizioni di cui al primo periodo si applicano anche in caso di riesame e di rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell’articolo 29-octies del citato decreto legislativo n.152 del 2006 e di prosecuzione dell’attività ai sensi del comma 11 del medesimo articolo 29-octies”.

Concludo: un fondamentale principio democratico è quello della “lealtà comunicativa”. Scrivere leggi chiare consolida il patto tra i cittadini e i loro rappresentanti politici; innalza la fiducia della magistratura; favorisce l’efficienza della pubblica amministrazione. Quando quel principio viene costantemente e, talvolta, scientemente violato, lo Stato di diritto è a rischio.

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