skip to Main Content

America Europa Green

Chi colpiranno davvero i dazi di Usa e Ue

Fatti, stime, impatto e scenari sulla guerra commerciale che si profila fra Stati Uniti ed Europa Il dado è tratto per Donald Trump sull’Europa: i controversi dazi su acciaio e alluminio, rispettivamente del 25% e del 10%, scattano anche per il Vecchio Continente, cosi’ come per il Canada e il Messico. “Ragioni di sicurezza nazionale”,…

Il dado è tratto per Donald Trump sull’Europa: i controversi dazi su acciaio e alluminio, rispettivamente del 25% e del 10%, scattano anche per il Vecchio Continente, cosi’ come per il Canada e il Messico. “Ragioni di sicurezza nazionale”, scrive il presidente americano, che non arretra sul fronte delle promesse elettorali in nome della dottrina dell’America First.

LA REAZIONE DELL’EUROPA

L’ira dell’Unione europea e’ incontenibile, con misure di rappresaglia contro gli Usa gia’ pronte ad essere messe in campo: non solo da parte di Bruxelles, ma anche da parte di Ottawa e Citta’ del Messico. “Questo e’ protezionismo puro e semplice, inaccettabile”, tuona il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, che ha gia’ nel cassetto un piano per colpire soprattutto prodotti simbolo del ‘made in Usa’, come i jeans Levi’s, le moto Harley-Davidson o il bourbon del Kentucky.

LE 3 DIRETTRICI DELL’UE

La risposta di Bruxelles si basa su tre filoni. Primo, dazi del 25% appunto sui prodotti Usa più noti, e che tra l’altro provengono dagli stati americani repubblicani ‘sensibili’, bacino di voto di Trump dove ci saranno le elezioni di mid-term. Secondo, misure di salvaguardia per il settore siderurgico, colpito direttamente dalle tariffe doganali americane: Bruxelles ha già avviato sia per l’acciaio che per l’alluminio il monitoraggio delle importazioni verso l’Ue.

COSA DICONO LE AZIENDE

Eurofer, l’associazione delle imprese siderurgiche europee, ha già denunciato un aumento dell’8,4% delle importazioni nei primi 4 mesi del 2018, attribuendolo alle turbolenze create dagli annunci di Trump su acciaio e alluminio. Terza linea d’azione, il ricorso formale al Wto subito il primo giugno: le tariffe doganali americane sono “ingiustificate e illegali” per l’Ue, certa di ottenere ragione in sede internazionale e poter quindi, se necessario, imporre la seconda parte dei dazi sui prodotti Usa. I 28 dovranno nei prossimi giorni dare l’ok definitivo per attivare la lista di prodotti colpiti dalle contromisure, già notificata al Wto il 18 maggio

I COSTI STIMATI

La reazione covata a Bruxelles potrebbe costare agli Stati Uniti almeno 7,5 miliardi di dollari, con le prime tariffe europee che potrebbero scattare dal prossimo 20 giugno. “Risponderemo con tutti i mezzi a nostra disposizione”, ha affermato il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.

LE PAROLE DI ROSS

Il segretario al Commercio Usa, Wilbur Ross, ha minimizzato spiegando come i dazi decisi dagli Usa sono di portata molto limitata e che eventuali contromisure europee non avranno un grande impatto sull’economia americana: “Noi comunque continueremo a lottare contro gli abusi commerciali”, il monito di Ross.

LE PROSSIME MOSSE DI TRUMP

L’offensiva di Trump su acciaio e alluminio potrebbe essere solo l’inizio: il presidente americano ha infatti già aperto un’indagine sull’importazione di auto in Usa, agitando lo spettro di dazi del 20% che preoccupano soprattutto le grandi case automobilistiche tedesche.

EUROPA E NON SOLO

Il presidente degli Stati Uniti minaccia anche una stretta su una lunga lista di beni hi-tech dalla Cina per un valore di 50 miliardi di dollari, a partire dalla metà di giugno. Il rischio escalation è dunque elevatissimo e agita in queste ore i lavori del G7 dei ministri finanziari in corso in Canada. Con il tema dei dazi che naturalmente sarà al centro anche del G7 dei capi di Stato e di governo in programma sempre in Canada la prossima settimana.

LA PROCEDURA

I dazi Usa su acciaio e alluminio erano entrati in vigore il primo marzo ma l’Europa, insieme al Canada e al Messico, era stata temporaneamente esentata fino al primo giugno, per favorire un accordo che fissasse quote e limiti ben precisi all’import di questi metalli negli Stati Uniti. Un’intesa come quelle raggiunte con Corea del Sud, Australia, Argentina e Brasile.

Back To Top