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Vietnam e Messico vanificheranno i dazi di Biden alla Cina?

I nuovi, altissimi, dazi annunciati da Biden contro la Cina potrebbero incentivare la delocalizzazione in Messico e Vietnam. Ma potrebbero anche causare un flusso maggiore di esportazioni cinesi verso l'Europa. Fatti e commenti.

I nuovi dazi annunciati martedì dagli Stati Uniti su alcune importazioni dalla Cina – principalmente su prodotti necessari alla transizione energetica, come i veicoli elettrici e i pannelli solari, o legati ad altri settori strategici – potrebbero anche rivelarsi controproducenti. L’amministrazione di Joe Biden vuole proteggere la manifattura statunitense dalla concorrenza cinese tenendo quest’ultima lontana dal mercato americano, ma potrebbe ottenere un effetto indesiderato: le alte tariffe, cioè, potrebbero accelerare la delocalizzazione della produzione cinese in Vietnam o in Messico, ad esempio, da dove riuscirebbe ad aggirare le restrizioni commerciali.

I DAZI DI BIDEN INCENTIVERANNO LA DELOCALIZZAZIONE CINESE?

A questo proposito, secondo Eswar Prasad, professore di politica commerciale all’Università Cornell ed ex-direttore dell’unità dedicata alla Cina presso il Fondo monetario internazionale, “i nuovi dazi potrebbero tenere fuori le importazioni dalla Cina, ma è probabile che gran parte di queste importazioni possano venire dirottate verso paesi non soggetti ai dazi”.

Prasad ha spiegato a Reuters che il Vietnam e il Messico – in virtù dei loro bassi costi del lavoro e, nel secondo caso, della prossimità geografica agli Stati Uniti – hanno finora beneficiato delle tensioni commerciali tra Washington e Pechino, ma adesso devono fare attenzione a evitare “l’ira” della Casa Bianca nel mentre cercano di attirare nuovi investimenti esteri nella manifattura.

IL CASO MESSICANO

Il Messico ha superato la Cina come primo paese di provenienza delle importazioni statunitensi: nel primo trimestre del 2024 gli Stati Uniti hanno importato dal Messico beni per 115 miliardi di dollari, mentre gli acquisti dalla Cina hanno avuto un valore inferiore a 100 miliardi.

Washington, però, teme che il vicino meridionale – al quale è unito da un accordo di libero scambio – possa diventare un centro di manifattura ed esportazione per le aziende cinesi, che così potrebbero accedere al mercato statunitense senza subire i dazi. Gli Stati Uniti hanno già aumentato le importazioni di prodotti in acciaio dal Messico (quelle dalla Cina sono soggette a dazi del 25 per cento) e le case automobilistiche cinesi come BYD stavano valutando di aprire stabilimenti nel paese: questi contatti tra le case cinesi e il governo messicano sembrano però essere già stati bloccati dalla Casa Bianca, che ha fatto pressioni su Città del Messico affinché non fornisca agevolazioni ai produttori cinesi.

In un’intervista a Reuters, Cara Morrow – è consigliera senior presso la Rappresentanza per il commercio degli Stati Uniti – ha detto che il suo ufficio è in contatto con i funzionari messicani per contrastare i flussi di acciaio e alluminio cinesi passanti per il Messico. Morrow ha poi voluto sottolineare che l’USMCA, cioè l’accordo di libero scambio nordamericano, serve a promuovere l’integrazione regionale e “non a fornire una porta sul retro alla Cina” per il mercato statunitense: la questione verrà probabilmente sollevata ancora nel 2026, quando si terrà il processo di revisione dell’accordo.

IL VIETNAM E L’EUROPA

Quanto al Vietnam, altra meta probabile per le aziende cinesi interessate a esportare in America, il dipartimento del Commercio sta valutando se concedergli lo status di “economia di mercato”, che porterebbe alla riduzione dei dazi anti-dumping sulle importazioni da questo paese.

I dazi di Biden potrebbero inoltre incentivare le aziende cinesi a riversare la loro sovrapproduzione di veicoli elettrici, celle solari e batterie in Europa, dove le barriere commerciali all’ingresso sono generalmente più basse di quelle statunitensi.

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