Dopo la minaccia del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che ha ventilato la possibilità di interrompere i flussi di gas verso l’Europa come forma di ritorsione per eventuali nuove sanzioni, la Russia – grande protettrice di Minsk – è intervenuta nella vicenda.
LE PAROLE DEL CREMLINO
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che Lukashenko non si è consultato con Mosca, e che quest’ultima continuerà a rispettare gli obblighi contrattuali nei confronti dell’Europa. La Russia è il maggiore fornitore di gas al Vecchio continente, vale da sola il 40 per cento delle importazioni del blocco; quest’anno, il 20 per cento dei flussi russi sono passati attraverso il territorio della Bielorussia, principalmente attraverso la condotta Yamal-Europe.
Peskov parla di obblighi contrattuali non a caso: la Russia sta rispettando i contratti di fornitura stipulati, ma nei mesi scorsi ha resistito a inviare forniture aggiuntive di gas scambiabili sul mercato spot (quello che prevede una compravendita immediata). Scopo di questa tattica è convincere l’Europa a firmare nuovi accordi a lungo termine, che Mosca considera più vantaggiosi per sé.
LA POLONIA STA BLUFFANDO?
Il gasdotto Yamal-Europe, l’oggetto delle minacce di Lukashenko, parte dalla penisola russa di Yamal (in Siberia) e attraversa la Bielorussia e la Polonia fino alla Germania.
Matteo Villa, responsabile del Programma migrazioni dell’Ispi, ha detto all’Adnkronos che ci sono delle tensioni tra Germania e Polonia, e che quest’ultima sta sfruttando la situazione migratoria al confine bielorusso – dall’estate Minsk sta favorendo i flussi di migliaia di migranti verso la frontiera polacca – di “giocarsi una carta” con l’Unione europea. In altre parole, spiega l’analista dell’Ispi, la crisi migratoria non è davvero grande come sembra, i migranti sono al massimo 2500, ma sta venendo ingigantita da Varsavia per strappare concessioni e aiuti monetari da Bruxelles. La Polonia, insomma, ambisce a essere una nuova Turchia, che supervisiona e contiene la rotta migratoria balcanica per conto dell’Europa, che la sovvenziona per questo.
COSA VUOLE LA POLONIA DALLA GERMANIA E DALL’UE
La presenza di migranti al suo confine permette alla Polonia – sostiene Villa – di esercitare pressione sulla Germania: “Gli iracheni arrivati in Bielorussia vogliono andare tutti in Germania e non hanno intenzione di rimanere in Polonia”; a Berlino la situazione politica è delicata, è in corso un passaggio di poteri e il governo non vuole mostrarsi “molle”.
Attraverso la pressione su Berlino, Varsavia vuole ottenere dall’Unione europea “lo sblocco dei fondi del suo Pnrr e, allo stesso tempo, spingere Bruxelles a chiudere un occhio sulla questione dello stato di diritto e distogliere l’attenzione dalle proteste interne per la legge sull’aborto”.
IL MURO DELLA POLONIA
Riguardo all’idea della Polonia di costruire un muro a protezione delle sue frontiere, Villa spiega che “un paese ha tutto il diritto di proteggere e gestire come vuole i propri confini, ma allo stesso tempo un migrante ha diritto di chiedere asilo”. Una barriera fisica, dunque, non risolve il problema migratorio che si sposta – come dimostra la situazione negli Stati Uniti – nei tribunali, che devono esaminare le domande di protezione.
Su Twitter, il giornalista esperto di questioni europee David Caretta scrive che la Commissione europea “non finanzia la costruzione di muri anti-migranti. Ma ti da un sacco di soldi per piazzarci telecamere, sensori e droni”.
La Commissione non finanzia la costruzione di muri anti-migranti.
Ma ti da un sacco di soldi per piazzarci telecamere, sensori e droni. https://t.co/jgJenglFvH pic.twitter.com/FGAH74Y7xk
— David Carretta (@davcarretta) November 12, 2021