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Craxi parla di processi di piazza e giustizia politica. L’intervista inedita

Che cosa è emerso dalla lunga intervista inedita di Carlotta Tagliarini trasmessa via streaming dalla Fondazione Craxi   Era il 25 ottobre del 1996. Alla casa di Hammamet, sulla collina detta in Tunisia dei serpenti e degli sciacalli, senza vista mare, non si arrivava come oggi attraverso la superstrada. Ma attraverso una boscaglia che si…

 

Era il 25 ottobre del 1996. Alla casa di Hammamet, sulla collina detta in Tunisia dei serpenti e degli sciacalli, senza vista mare, non si arrivava come oggi attraverso la superstrada. Ma attraverso una boscaglia che si apriva verso la fine in un viottolo sterrato. “Passeport s’il vous plait”, dalla guardiola dei poliziotti tunisini. Era il check-point Craxi, l’ex premier socialista, con lo status di rifugiato politico dello Stato tunisino, “sono più protetto qui – dice- che quando ero presidente del Consiglio in Italia”. È la prima immagine del video con la lunga intervista inedita di Carlotta Tagliarini.

È stata trasmessa in diretta streaming dalla Fondazione Craxi, ieri alle 18, in concomitanza quasi con l’ora in cui lo statista socialista morì in esilio, a 65 anni, il 19 gennaio del 2000.

“Intervista integrale e inedita. Un appassionato racconto in cui Craxi ripercorre le vicende umane e politiche che lo hanno portato al suo esilio in Tunisia, con passaggi personali e toccanti sugli anni trascorsi ad Hammamet”, è scritto in una nota della Fondazione.

Il dialogo termina con l’immagine più forte. E insolita. Quasi un pugno nello stomaco per chi ha conosciuto la sua forte tempra fino alla fine. Craxi che piange, o meglio trattiene a stento le lacrime. Ma non lo fa per il suo calvario giudiziario, che ripercorre nell’intervista e lo ha portato a Hammamet, in quella che era stata solo la casa di vacanza, nel ’96 già raggiunto da cinque mandati di cattura internazionali, come “uno dei più grandi criminali della storia, di cui uno addirittura fu emesso perché giudicato non reperibile, eppure lei (dice a Tagliarini, ndr) non ha avuto difficoltà a reperirmi”.

Craxi piange dopo aver letto le ultime parole di Sergio Moroni contro “il processo di piazza, l’avviso di garanzia che diventa condanna, spettacolo mediatico”. Lo statista socialista ricorda “i 20 suicidi, tra cui quello Gabriele Cagliari”, i tempi in cui “pronunciare il nome Craxi era un lasciapassare”, “quelli morti per cancro da stress o per infarto”. Poi, su Moroni, con un filo di voce che si strozza nel pianto: “Era un giovane deputato socialista…”. Ripone sul tavolo del patio il libro con le frasi di “Sergio”, beve un sorso d’acqua, sbatte i fogli e per placare rabbia e dolore si accende una sigaretta. E conclude con un amaro “va bene”.

La giornalista: “Perché non torna in Italia?”, gli aveva chiesto in alcuni passaggi. Craxi: “No mi consegno a una giustizia politica”. Ribadisce con fiera fermezza che non ci sono prove per l’accusa di corruzione, “nessuno mi ha consegnato del denaro, né io lo ho mai chiesto”. Altra cosa, ribadendo il famoso discorso alla Camera del ’92, è il “finanziamento illegale ai partiti”. E invoca che ci sia una “giustizia giusta, degna di un grande Paese come l’Italia”. Ma sono i passaggi su pensieri e modalità della sua vita a Hammamet quelli più inediti. “Mi manca il lavoro organizzato, però mi adopero. Io ho sempre lavorato. Soffro di insonnia, lavoro, scrivo di notte”. “Mi addormento tardi e così vivo mezze giornate e mezze nottate. Ma dormo senza incubi. Non ricordo i sogni. Mi spiace non vedere le mattine”.

Poi, Dio, la morte. “Io credente? Sono cattolico. Ma non posso giudicare una cosa così grande. La mia sepoltura? (sorride, ndr) Me lo chieda solo sul letto di morte”. Era il 1996, aveva ancora una “speranza ma molto fragile” di poter tornare in Italia “da uomo libero”. “Mi difendo da una giustizia politica, perché la libertà equivale alla mia vita”. Come poi ordinò che fosse scritto sulla lapide in marmo bianco nel cimitero cristiano di Hammamet, che si affaccia su quello musulmano. Sulla tomba la bandiera italiana e tunisina, con quella del suo Psi, che “con me rese servigi al Paese”. Ricorda che la Tunisia era “terra cristiana prima che gli arabi la conquistassero”.

Su Facebook un messaggio della figlia Stefania, senatrice di Forza Italia, ricorda che “la verità” sta facendosi strada. E conclude: “Ciao, Papà”, p maiuscola.

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