È stato “un brutto 19 gennaio” , quello di ieri, del 2021, la data del ventunesimo anniversario della tragica morte in esilio di uno statista, ex leader del Psi. Ricorda Stefania Craxi: “Avrebbe dovuto essere la conclusione di tutte le iniziative programmate per il ventennale di Craxi”. Impedite, invece, in gran parte dalla pandemia così come il Covid, per la prima volta, ad eccezione dell’anno della “rivoluzione dei Gelsomini”, ha impedito il ricordo annuale a Hammamet organizzato dalla Fondazione Craxi con la collaborazione degli Amici del Garofano rosso di Roberto Giuliano.
Stefania, senatrice di Forza Italia, vicepresidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, creatrice della Fondazione in memoria del padre, presieduta da Margherita Boniver, prima di doversi recare in aula a votare no alla fiducia al governo Conte/2, sottolinea anche che per questo 19 gennaio, in un parlamento alle prese con la crisi o semicrisi politica, non si è ricordata la figura del padre.
E Nicola Carnovale, direttore generale della Fondazione Craxi, porge il cordoglio alla famiglia Macaluso, l’ex comunista migliorista, che credeva nell’unità a sinistra, per la scomparsa di Emanuele, avvenuta proprio il 19 gennaio, lo stesso giorno di Bettino, di 21 anni dopo. Quando la casualità della storia crea unità e assonanze mancate in politica.
“Parigi-Hammamet” (Mondadori) è il libro dello stesso Craxi al centro dell’evento webinar della Fondazione per il ventunesimo anniversario. È un giallo, un romanzo, ma non troppo, perché troppe assonanze si riscontrano con la cronaca del calvario dello statista socialista, cacciato dal suo stesso Paese. A commentarlo ci sono gli autori dei libri su Craxi usciti per il ventennale della scomparsa nel 2020, da Claudio Martelli, protagonista di primo piano del Garofano, oggi direttore dell’Avanti che ha scritto “L’Antipatico e la grande coalizione” (La Nave di Teseo), i giornalisti della Stampa Fabio Martini e Marcello Sorgi, autori rispettivamente di “Controvento, la vera storia di Bettino” (Rubbettino), “Presunto colpevole, gli ultimi giorni di Craxi” (Einaudi) e lo storico Andrea Spiri “L’ultimo Craxi, diari di Hammamet” (Baldini-Castoldi).
Al centro della commemorazione è però il giallo, che come tale, in forma letteraria, è destinato a restare sul Caso C., “Parigi – Hammamet”. Il libro postumo dell’autore Craxi, dove si evoca in forma romanzata anche un presunto ruolo di spezzoni del deep state Usa, cosa molto diversa dall’amministrazione statunitense. Giallo autobiografico, ma sempre giallo, “politico e anche emotivo”, scritto in quei suoi ultimi giorni, lo definisce Martelli. Ma Fabio Martini, in sintonia con il suo “Controvento”, sottolinea il dramma di un politico a tutto tondo, di primo piano, che per farsi ascoltare in Italia, dove i suoi fax venivano regolarmente cestinati nelle redazioni dei giornali, è ricorso anche all ‘arte con i celebri vasi raffiguranti l’ Italia che piange. Martini ricorda che comunque il Caso C. resta come uno scomodo appuntamento del passato con il quale il Pd non ha fatto i conti, così come non li sta facendo con il centenario dello stesso Pci, preferendo di fatto la via dell’ “agnosticismo” .
La fine di Aldo Moro e quella di Bettino Craxi, ovvero i due grandi casi italiani, è il parallelismo, con tutte le differenze storiche, al quale ricorre Sorgi. È il giovane storico Spiri a ricordare che il giallo “Parigi – Hammamet” prende spunto dal calvario di un uomo, ex premier e leader del Psi, che, malato, non trova aiuto per salvarsi la vita neppure nella Francia del suo amico François Mitterand, in seguito al cambio di scena con il suicidio di Pierre Beregovoy, dove Lionel Jospin poi si rifiutò di accogliere Craxi bisognoso di cure. E stiamo parlando di una Francia della famiglia socialista europea, la stessa di Bettino che fu anche vicepresidente dell’Internazionale socialista, dove, grazie al suo lasciapassare, entrarono gli stessi ex Pci dell’allora Pds. Quanto all’eventuale ruolo di spezzoni del deep state americano, cosa diversa dall’amministrazione Usa, Spiri annuncia un suo studio focalizzato sul Consolato americano a Milano, ma questo sulla base di ricerche scientifiche di archivio e carte desecretate dagli stessi Usa.
La sottoscritta, che il “film” sugli ultimi anni di Craxi, da cronista e anche amica alla fine del Presidente, lo vide dal vivo, può testimoniare dei dubbi che Bettino nutriva su un certo ruolo avuto nella sua drammatica fine da spezzoni di cosiddetti poteri forti dall’Italia all’Europa fino Oltreoceano. Certamente settori che non avevano molto a cuore quel primato della politica per il quale lo statista socialista si batté fino alla fine dei suoi giorni. Ma Craxi non era uomo che parlava mai a vanvera e senza prove certe non si sentiva mai di “sparare” “verità” di comodo. Figuriamoci le fake, contrariamente alle tante divulgate sul suo conto e sul suo governo, il più longevo della Prima Repubblica, smontate in modo chirurgico dal libro “Le fake news su Craxi” dell’economista Nicola Scalzini e l’ex sindacalista Roberto Giuliano (Solfanelli).
Craxi nei suoi ultimi anni, quando lo abbiamo conosciuto di persona, ce lo ricordiamo lucido fino alla fine, mai emotivo nelle sue analisi. Seppur fosse palpabile il profondo dolore e quasi lo stupore per l’umiliazione dell’esilio cui fu costretto. Un milione di telespettatori per il film “Hammamet” di Gianni Amelio, con Pier Francesco Favino, sono forse la prova, come osserva Martini, che, comunque sia andata, per gli italiani il caso Craxi è ancora tra noi. Non è rimasto sepolto nel piccolo cimitero cristiano di Hammamet, con la lapide sulla quale lui volle far scrivere “La mia libertà equivale alla mia vita”. Su quella tomba, in marmo bianco, che ha in cima la bandiera italiana e quella tunisina, questo 19 gennaio è stato Bobo Craxi a portare garofani rossi anche a nome di tutti coloro che per via della pandemia non sono potuti andare. “Un fiore per mio padre Bettino”, ha twittato.