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x mas caruso

Cos’era la X Mas prima di diventare un simbolo del neofascismo

“Incursori del re. La vera storia della X Mas” (Neri Pozza) del giornalista e scrittore Alfio Caruso letto da Tullio Fazzolari

 

Ottant’anni dopo la fine della guerra, il nome della X Mas continua a provocare polemiche. Ci sono alcuni nostalgici che periodicamente la esaltano come qualcosa di eroico. E molti altri che ricordano le atrocità commesse dai marò di Junio Valerio Borghese. Ed è inevitabile che la querelle si riaccenda se la memoria degli uni e degli altri si sofferma su quanto avvenuto fra l’8 settembre del 1943 e il 25 aprile del 1945. Quello che quasi nessuno ricorda è che la X Flottiglia Mas era, o meglio, era stata qualcosa di ben diverso da quella del comandante Borghese che di fatto con l’adesione alla RSI s’è appropriato di un nome glorioso. I veri eroi c’erano prima di lui e, sacrificando la propria o sopportando anni di prigionia, s’erano meritati ben trentuno medaglie d’oro al valor militare. E per ricordare le loro imprese conviene leggere “Incursori del re. La vera storia della X Mas” del giornalista e scrittore Alfio Caruso (Neri Pozza, 304 pagine, 20 euro). Lo scopo del libro non è superare o tanto meno ignorare le polemiche ricorrenti ma ricostruire quella parte di verità storica che è stata spesso dimenticata.

Nella storia della X Mas, come scrive giustamente Caruso, c’è un prima e un dopo. Lo spartiacque che segna in maniera indelebile una trasformazione in peggio è l’11 settembre 1943 quando a La Spezia il comandante Borghese (che negli anni precedenti si era distinto come sommergibilista) raduna i suoi subordinati e comunica che intende continuare la guerra al fianco dei tedeschi. La maggioranza non lo segue e decide di congedarsi. La X Mas che viene dopo ha ben poco della gloriosa tradizione marinara e diventa soprattutto un reparto di fanteria impegnato a combattere le formazioni partigiane. Nulla in comune con la flottiglia di prima composta da uomini coraggiosi e preparati la cui fedeltà alla Regia Marina era assoluta.

“Incursori del re” racconta tutti i protagonisti di un periodo assolutamente eroico: da Teseo Tesei a Luigi Durand de la Penne, da Mario Giorgini a Vittorio Moccagatta e tanti altri. Ammesso e non concesso che i numeri bastino a riassumere un’epopea, allora si può ricordare che dall’inizio della seconda guerra mondiale fino all’estate del 1943 quasi il 40 per cento dei successi della marina militare italiana sono stati ottenuti dagli incursori senza corazzate o portaerei ma con barchini e con siluri a lenta corsa meglio noti col nome di maiali. Alcuni fallimenti, come l’incursione sul porto di Gibilterra, non scoraggiano gli uomini del reparto inizialmente denominato Prima Flottiglia Mas. Al contrario dimostrano che le difese nemiche sono perforabili. Così a metà marzo del 1941 si ricomincia con determinazione costituendo a Decima e arrivano imprese clamorose come l’assalto ad Alessandria d’Egitto e l’affondamento di grandi navi inglesi. Gli incursori entrano a buon diritto nella storia. Quanto al nome che li offusca era stato scelto in omaggi alla decima legione, la fedelissima di Giulio Cesare. Ma forse era meglio tenere conto anche del “dopo” perché poi, durante l’impero, quella legione s’è ammutinata. Come a La Spezia l’11 settembre 1943…

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