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Tutte le differenze tra Giuseppe Conte e Giuseppi Conte. I discorsi a confronto di Conte 1 e Conte 2

Fisco, Europa, immigrazione e non solo. Ecco come e quanto Conte si è trasformato da premier fieramente sovranista e populista in presidente del consiglio orgogliosamente socialdemocratico ed europeista.

 

Pochette a tre punte. Cravatta pastello per inaugurare il governo che definisce della sobrietà, del rigore, della mitezza. Giuseppe Conte si presenta così alla Camera. L’avvocato del popolo del giugno 2018 oggi rimarca l’intenzione di avviare una stagione riformatrice. Punta a durare tutta la legislatura. Vanno in soffitta i cavalli di battaglia della Lega come la flat tax – che nel 2018 definiva obiettivo. E fa capolino un accenno non esplicito allo ius soli. La critica all’Europa è un ricordo. Anzi, rileva “punti di convergenza decisamente promettenti con la neo-presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen”.

Un’ora e mezza di allocuzione. Il premier batte il suo precedente record, con il discorso più lungo di presentazione di un nuovo esecutivo della storia repubblicana. Le 5860 parole di un anno e mezzo fa sono lievitate a 7334.

Quindici mesi fa replicava a chi storceva il naso per un governo nascente accusato di “netta cesura con le prassi istituzionali”. “Tutto vero – rivendicava in gialloverde – Dirò di più: non credo si tratti di una semplice novità. La verità è che abbiamo apportato un cambiamento radicale del quale siamo orgogliosi”. In giallorosso, adesso il premier intende aprire una “nuova e risolutrice stagione riformatrice”. “Equilibrio e misura, sobrietà e rigore affinché i cittadini possa guardarci con rinnovata fiducia”. Detta: “Vogliamo lasciarci alle spalle le dichiarazioni roboanti. Prendiamo l’impegno a curare le parole e a utilizzare un lessico più consono e rispettoso”.  E Salvini è bell’e sistemato.

Così vanno in soffitta i riferimenti al populismo. Diceva in giugno: “Le forze politiche che integrano la maggioranza di governo sono state accusate di essere populiste, antisistema. Bene, sono formule linguistiche che ciascuno è libero di declinare. Se populismo è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente, e qui traggo ispirazione dalle riflessioni di Dostoevskij, se antisistema significa mirare a introdurre un nuovo sistema che rimuova vecchi privilegi e incrostazioni di potere, ebbene, queste forze politiche meritano entrambe queste qualificazioni”. Oggi l’esecutivo socialdemocratico (come lo aveva definito giorni fa Start Magazine) cita il socialdemocratico Giuseppe Saragat: “Fate che il volto di questa Repubblica sia un volto umano”. Stessa citazione ripresa qualche mese fa da Sergio Mattarella nel trentennale della morte di Saragat.

Il colpo d’occhio è evidente. A Montecitorio il presidente del Consiglio parla con alla sua destra il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, alla sinistra quello degli Esteri, Luigi Di Maio. Nel 2018 occupava lo stesso posto il pentastellato, Matteo Salvini non c’è più. E su sicurezza e immigrazione si cambia registro. Diceva all’epoca: “Metteremo fine al business dell’immigrazione, che è cresciuto a dismisura sotto il mantello della finta solidarietà”. Adesso si sfuma nel perseguire “una politica modulata su più livelli, basata su un approccio non più emergenziale, bensì strutturale, che affronti la questione nel suo complesso, anche attraverso la definizione di un’organica normativa che persegua la lotta al traffico illegale di persone, ma che si dimostri capace di affrontare più efficacemente i temi dell’integrazione, per coloro che hanno diritto a rimanere e dei rimpatri, per coloro che non lo hanno”. Aggiunge in un altro passaggio: “Promuoveremo una più efficace protezione dei diritti della persona, anche di nuova generazione”. Apertura allo Ius soli, a cui il premier si era detto favorevole ad aprire una discussione nel marzo scorso? Intanto si rivedranno i decreti sicurezza “alla luce delle osservazioni critiche formulate dal presidente della Repubblica”. E prevede l’istituzione di “corridori umanitari europei”. New entry gradita alla Comunità di Sant’Egidio.

Fraseggio nuovo anche in politica estera. Nel discorso 2018, ribadiva “la convinta appartenenza del nostro Paese all’Alleanza atlantica con gli Stati Uniti d’America quale alleato privilegiato”; ma pure annunciava: “Saremo fautori di una apertura verso la Russia. Ci faremo promotori di una revisione del sistema delle sanzioni”. Cenno assenti questa volta, confermando il collocamento dell’Italia nell’asse europeo e atlantico, con un’attenzione particolare al Mediterraneo, in particolare per la stabilizzazione della Libia, e ai Balcani. I rapporti con Russia, India e Cina proseguono, ma “dovranno essere declinati sempre e comunque con modalità compatibili con la nostra vocazione euro-atlantica”.

Sul fisco, si conferma: scompare la flat tax. Definita obiettivo nel 2018, non ce n’è traccia nel lungo discorso giallorosso, dove compaiono espressioni come “progressività”, “riduzione tasse sul lavoro”. Obiettivo scongiurare “l’aumento automatico dell’Iva e avviare un alleggerimento del cuneo fiscale”. Non taglio, ma alleggerimento, dunque.

Si mostra preoccupato per i conti. “Le risorse saranno reperite con una strategia organica e articolata, che includerà un controllo rigoroso della qualità della spesa corrente”. A questo riguardo aggiunge: “Vanno completate e rese efficaci le attività di spending review” e “un attento riordino del sistema di tax expenditures, che salvaguardi l’importante funzione sociale e redistributiva di questo strumento, nonché un’efficace strategia di contrasto all’evasione”.

Cade la linea dura dell’ex ministro 5s Toninelli quando il programma di governo giallo-rosso parla di revisione – quindi: non revoca, come annunciato da un anno ogni giorno dai Pentastellati – delle concessioni autostradali. Ma oggi il premier ha scandito: “Quanto al procedimento in tema di concessioni autostradali avviato a seguito del crollo del ponte Morandi, voglio chiarire che questo Governo porterà a completamento il procedimento senza nessuno sconto per gli interessi privati”. Parlando dunque di procedimento – termine asettico – dunque di revoca? Boh.

A Pentastellati comunque concede il “no a nuove concessioni per le trivellazioni” trangugiato dal Pd (ma gli effetti in corso sono già rilevanti per le concessioni in corso, come approfondito da Start in questo articolo) e ricorda l’obiettivo della riduzione del numero dei parlamentari.

Molto peso alla parità di genere, gradito a sinistra. E poi un impegno a curare le parole, a utilizzare un lessico più consono, più rispettoso delle persone, della diversità delle idee: “La lingua del governo sarà una lingua mite; perché siamo consapevoli che la forza della nostra azione non si misurerà con l’arroganza”.

Morale: Salvini, tiè.

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