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Forza Italia

Costi e ricavi per l’Italia con l’uscita dalla Nuova via della seta. Report Farnesina

L'Europa e l'Italia possono navigare con successo nella competizione Usa-Cina, ma devono rivedere le loro politiche. Cosa dice il rapporto "Geoeconomia e sicurezza: implicazioni e scelte per l'Italia" redatto da Ispi, Iai, Ecfr, Aspen Institute e CeSPI per il ministero degli Esteri.

 

Emerge un tipo particolare di competizione USA-Cina, e dunque una specifica modalità di possibile cambiamento rispetto alla globalizzazione che abbiamo conosciuto fino ad oggi.

In estrema sintesi, il confronto economico tra i due grandi attori ha il suo baricentro nel settore delle tecnologie digitali e dual-use (civile-militare). È qui che si concentrano gli sforzi reciproci per sopravanzare l’avversario, partendo dal presupposto che il predominio tecnologico è la chiave del potere in tutti gli altri settori – e dunque il cuore dell’interesse nazionale.

L’implicazione per la UE, e inevitabilmente anche per l’Italia, è che si presentano due rischi molto concreti: da un lato, il rischio di trovarsi in posizione reattiva e difensiva rispetto ad iniziative americane, al più con una possibilità di coordinamento ex post (come a seguito dell’IRA); dall’altro, il rischio di subire ritorsioni cinesi nel caso in cui si segua troppo da vicino la linea americana.

I RISCHI DELL’IRA

A fronte del primo rischio, l’Europa ha interesse ad evitare una massiccia relocation industriale delle proprie aziende negli USA, che è probabile soprattutto nei settori a più alta intensità energetica; per farlo, si dovrà rilanciare la possibilità di un accordo transatlantico, aggiornato al nuovo contesto di sicurezza internazionale. Al tempo stesso, l’Europa dovrà investire nella propria competitività e precisare i contorni del de-risking – operazione che è stata in effetti avviata in giugno con la Comunicazione congiunta della Commissione sulla “European economic Security Strategy”, che elenca quattro tipi di rischi da cui tutelarsi:

“Risks to the resilience of supply chains, including energy security; risks to the physical and cyber-security of critical infrastructure; risks related to technology security and technology leakage; risk of weaponization of economic dependencies or economic coercion”.

È chiaro che per rendere operativa una strategia del genere gli attori privati dovranno disporre di parametri più precisi e puntuali in grado di orientare le loro scelte di investimento, partnership, ricerca di mercati.

MANCA UNA POLITICA EUROPEA SULLA CINA

Si tratterà comunque di definire una strategia di sicurezza economica che tenga conto dell’interesse a mantenere le posizioni europee sul mercato cinese ma anche a limitare i pericoli di overdependence in settori specifici. Il problema è che, per ora almeno, non esiste una politica europea unitaria verso la Cina. Al mercantilismo ancora prevalente da parte tedesca, si somma l’ambizione francese a vedere l’Europa come una sorta di “terza forza” rispetto alla competizione Usa-Cina: posizione che un Paese come l’Italia, con la sua forte propensione atlantica, non può condividere.

Se però, pur con i notevoli limiti, Parigi e Berlino hanno quantomeno formulato le loro China policy, mancano in Europa altre voci, limitando così fortemente il confronto e impedendo la formazione appunto di una visione comunitaria.

A fronte del rischio di ritorsioni (più o meno esplicite) da parte di Pechino, si tratterà di sviluppare un approccio strategico e dunque molto selettivo per valutare le opportunità di accordi con aziende cinesi, puntando anche sulla forza negoziale aggregata della UE, e quindi rinunciando (naturalmente, su base di stretta reciprocità) a una sorta di competizione al ribasso tra i Paesi europei.

IL RUOLO DELL’ITALIA NELLA COMPETIZIONE USA-CINA

L‘Italia può farsi promotrice di una visione più ampia delle politiche di bilancio che incorpori pienamente l’esigenza di una politica industriale/tecnologica europea a tutto tondo, basata su un Fondo Comune (comprensiva di forme di sussidi e incentivi comuni europei). Naturalmente, ciò richiede l’attiva collaborazione dei maggiori partner e dovrà superare ostacoli sia politici che tecnici.

Il possibile rientro nei parametri del Patto di Stabilità e Crescita prefigura in effetti una discussione sull’intero modello di crescita dell’Unione, che va messo in relazione proprio al contesto globale appena descritto nelle sue grandi linee – rispetto ai tassi di inflazione, alle dinamiche del debito pubblico e privato, alle politiche economiche e industriali dei maggiori attori internazionali. Vi sono le condizioni generali per un salto di qualità da parte della UE, ma il consenso per vere azioni di policy va costruito e coltivato.

Stringendo la prospettiva sulle opzioni per l’Italia, va tenuto conto dei tre aspetti sopra evidenziati: un contesto geoeconomico globale in movimento, con elementi di forte volatilità; il peso sistemico del “fattore Cina”, che però è esso stesso condizionato dai dati strutturali dell’economia globale e dalle dinamiche strategiche messe in moto proprio dalle scelte internazionali della sua attuale leadership; l’azione degli Stati Uniti, che puntano a orientare una diversa fase della globalizzazione a proprio vantaggio.

VIA DELLA SETA E GOLDEN POWER

Questi fattori influenzeranno il contesto in cui l’Italia dovrà affrontare il nodo del rinnovo o meno del Memorandum of Understanding con la Cina del marzo 2019, una scelta che avrà comunque dei costi. Politici in caso di rinnovo, economici in caso di denuncia del Trattato. In teoria, l’uso estensivo della golden power potrebbe di per sé dimostrare il grado di tutela che l’Italia è ormai in grado di esercitare rispetto ai tentativi cinesi di acquisire infrastrutture critiche in Europa; mentre appare ormai confermata l’attenzione italiana per il controllo di tecnologie critiche. Resta che il valore simbolico di un Memorandum peraltro non vincolante è comunque un costo per l’Italia, che si appresta ad esercitare la presidenza di un G7, nel 2024, che avrà molto a che fare con la questione cinese.

(Estratto dal rapporto “Geoeconomia e sicurezza: implicazioni e scelte per l’Italia”; qui il documento integrale)

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