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Lavoro Agile

Come sarà la legge in Germania sull’home working (imprenditori inviperiti)

Il ministro tedesco del Lavoro ha illustrato il progetto di legge sull'home working. Ecco che cosa prevede

 

Il progetto è sul tavolo: diritto a un minimo di 24 giorni di lavoro in home office in un anno, se non sussistano motivi ragionevoli che non lo permettano. Si chiama Mobile Arbeit Gesetz, legge sul lavoro mobile, ed è il frutto della fatica degli sherpa del ministro del Lavoro, Hubertus Heil (Spd), che lo aveva preannunciato all’inizio dell’estate, quando la prima ondata della pandemia si stava concludendo.

Prendendo spunto dall’esperienza del lockdown, con amministrazioni e aziende costrette a potenziare il lavoro in remoto per mantenere in funzione le proprie attività, Heil ha elaborato un perimetro normativo per regolare e in parte incentivare un fenomeno già in corso, e che con la pandemia ha subito una tale accelerazione da farlo ritenere da molti esperti la nuova frontiera del mondo del lavoro.

Uno dei punti principali della legge è che i datori di lavoro possono negare l’aspirazione del proprio dipendente al lavoro da remoto solo qualora sussistano impedimenti di natura organizzativa o legati alla natura stessa dell’attività. Laddove è invece possibile, tutti i dipendenti avranno il diritto a ricevere l’autorizzazione di svolgere il lavoro in remoto almeno per 24 giorni all’anno.

La proposta di legge scende ancor più in dettaglio quando si tratta di alleggerire il peso in famiglia: nel caso entrambi i genitori abbiano diritto al lavoro in mobilità, sarà possibile chiedere di lavorare da casa a turno un giorno alla settimana.

“Con il covid-19 abbiamo imparato che il lavoro mobile è molto più praticabile di quel che pensavamo”, ha detto il ministro in un’intervista alla Bild am Sonntag, “e siccome per alcuni è già parte integrante del moderno mondo del lavoro ma per altri non è ancora possibile, è necessaria una nuova legge”.

Anche dopo la prima fase calda della pandemia, in Germania molte aziende hanno continuato a utilizzare l’home working. Secondo un sondaggio commissionato proprio dal ministero del Lavoro, nei mesi di luglio e agosto il 36% dei lavoratori dipendenti aveva continuato a lavorare da casa, una percentuale che si traduce in 14,6 milioni di lavoratori: è il 12% in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Segno appunto che il covid ha accelerato un fenomeno già in crescita. L’87% di coloro che hanno lavorato da casa (e molti continuano a farlo ancora adesso) si sono dichiarati “soddisfatti” o “molto soddisfatti” della nuova modalità. È una risorsa che potrà tornare utile anche nei prossimi mesi, in caso di una ancor più decisa ripresa dei contagi nel quadro della seconda ondata della pandemia.

Ma per il sindacato Dgb la proposta di Heil non è sufficientemente innovativa. Ridurre il diritto a soli 24 giorni all’anno significa cedere alle resistenze dei datori di lavoro che continuano a frenare questa evoluzione e considerare poco invece le necessità dei lavoratori, è stata la reazione del sindacato: fatti i conti, si tratta di un giorno di lavoro mobile ogni due settimana, troppo poco.

Nei piani del ministro socialdemocratico i 24 giorni rappresentano in realtà la quota minima, che non esclude la possibilità che datori di lavoro e lavoratori si accordino individualmente per un numero maggiore di giorni, sia con contratti collettivi che con accordi aziendali. E dal ministero si sottolinea come con la nuova legge si stabilisca il principio che il datore di lavoro non possa negare in modo pretestuoso il lavoro mobile: dirigenti e collaboratori tratteranno le nuove regole del lavoro su un piano di parità, ha aggiunto Heil. La legge prevede anche i meccanismi per documentare in forma digitale il lavoro svolto a casa, la garanzia di orari di lavoro certi, la possibilità di svolgere compiti familiari (come portare i figli a scuola o in asilo) e un conseguente adeguamento delle assicurazioni sugli infortuni.

Ma che si sia appena all’inizio di un braccio di ferro all’interno del governo lo testimonia lo scetticismo con cui il collega dell’Economia Peter Altmaier (Cdu) ha accompagnato le indiscrezioni sulla nuova normativa. Il ministro cristiano-democratico si è opposto da subito alla definizione per legge di un diritto all’home working, ribattendo in maniera un po’ generica che il mondo del lavoro tedesco abbia bisogno di meno burocrazia e non di sempre nuove garanzie statali. Ma seppur non esplicitamente, molti ministri di Cdu e Csu si sono mostrati freddi verso l’iniziativa di Heil, fin dal primo momento in cui l’annunciò.

Scarsa simpatia per la legge del ministro (e probabilmente per qualsiasi legge in materia) arriva dagli imprenditori. L’associazione dei datori di lavoro (Bundesvereinigung der deutschen Arbeitgeberverbände, Bda), competente per le trattative salariali, vede nella proposta di Heil un’ingerenza nella libertà di impresa. È diritto del datore di lavoro decidere luogo e tempi della prestazione d’opera, è scritto un un paper redatto dalla Bda in cui è possibile rintracciare le critiche avanzate da Altmaier: l’opzione del lavoro mobile, dove possibile, è già parte integrante dei pacchetti di offerta delle imprese e viene utilizzato per rendere più allettante il posto di lavoro. Ma l’obbligo di giustificare il motivo per cui il lavoro mobile non è possibile porterebbe solo “a una burocrazia insensata per i datori di lavoro”.

Posizione condivisa dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, che in un editoriale accusa il ministro Heil e di fatto l’intero governo di mettere sempre più le aziende sotto pressione. Per il quotidiano di Francoforte, la legge sull’home working è solo l’ultima trovata di una catena di condizionamenti alle imprese, tanto inutile in quanto lo stesso ministro rivela come il 36% dei lavoratori già operi in modalità home office. È un’ulteriore ingerenza che crea impicci burocratici e penalizza la concorrenza, al pari di altre trovate governative come l’obbligo delle quote rosa nei consigli di amministrazione, o della legge sul rispetto dei diritti umani e delle condizioni di lavoro nelle aziende delle filiere.

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