Allo scopo di contenere e nello stesso tempo limitare la proiezione di potenza turca sul Mediterraneo, il primo ministro della Grecia, Kyriakos Mitsotakis, ha reso noto che la Grecia intende potenziare il proprio dispositivo militare.
Proprio alla scopo di conseguire questo obiettivo la Grecia acquisterà diciotto Rafale francesi, quattro fregate multi-missione e quattro elicotteri Romeo per la Marina, oltre ad effettuare ingenti investimenti nel settore bellico e nella cybersecurity.
In tale modo Macron ha certamente raggiunto due obiettivi: da un lato ha fatto chiaramente comprendere come la Francia non intenda farsi marginalizzare dalla Turchia sullo scacchiere Mediterraneo e dall’altro lato ha conseguito, almeno allo stato attuale delle trattative con la Grecia, un ottimo accordo di natura economica per l’industria militare francese.
Comprensibili sia la reazione del ministro della Difesa francese, Florence Parly, che opportunamente celebrato il successo per l’industria aeronautica francese, in particolare per Dassault Aviation, nonché per altri attori industriali francesi — e in particolare per le numerose Pmi interessate dalla costruzione del Rafale — sia quella del presidente Eric Trappier di Dassault Aviation che ha affermato come questo accordo rafforzi il rapporto eccezionale che la Francia ha con la Grecia da quasi mezzo secolo.
D’altronde la Turchia, annunciando esercitazioni navali al largo delle coste cipriote, ha non solo ignorato le reiterate minacce di sanzioni da parte dell’Unione Europea ma ha legittimato la reazione sia greca che francese.
Nello specifico Ankara non solo svolgerà le proprie esercitazioni navali al largo del villaggio di Livera ma verosimilmente estenderà le esplorazioni energetiche della sua nave Oruc Reis fino al 25 settembre.
Quale lezione trarre da questa situazione di costante instabilità presente nel Mediterraneo?
Se da un lato appare sempre più evidente la marginalità dell’Italia, dall’altro lato appare altrettanto evidente, come d’altronde la storia dell’industria militare insegna, che sia le situazioni di tensione politica che a maggior ragione quella di vera e propria conflittualità militare hanno costituito — e costituiscono —un efficacissimo volano per l’industria militare.