La situazione geopolitica in Cina, descritta nel rapporto speciale su Sun Dawu e la repressione degli imprenditori, riflette una complessa tensione tra il controllo autoritario del Partito Comunista e la crescente influenza del settore privato sull’economia cinese.
La repressione dei magnati, come Sun Dawu, Jack Ma e Ren Zhiqiang, è un segno dell’impegno del presidente Xi Jinping a mantenere il controllo politico e a prevenire la crescita di poteri indipendenti in grado di minacciare l’egemonia del Partito. Questo avviene nonostante l’importanza del settore privato per l’economia nazionale, che rappresenta oltre la metà del PIL e una percentuale significativa dell’occupazione urbana.
L’evoluzione di questa strategia può essere interpretata alla luce della storia politica cinese, a partire dall’epoca di Deng Xiaoping, quando il partito cominciò a promuovere l’espansione economica per risollevare il Paese dai fallimenti delle politiche maoiste, ma sempre mantenendo un rigido controllo su chi detenesse il potere economico.
Con Xi Jinping il Partito si è spinto oltre, adottando una retorica di supporto alle imprese private ma intervenendo pesantemente ogniqualvolta un imprenditore acquisisce troppa influenza o esprime posizioni critiche nei confronti delle autorità. L’imprigionamento di Sun e di altri importanti dirigenti è emblematico della priorità che Pechino attribuisce alla stabilità politica rispetto alla crescita economica. La narrazione ufficiale del governo, che respinge l’idea di una repressione sistematica del settore privato, contrasta con le evidenze degli arresti e delle condanne di imprenditori che, come Sun, hanno osato sfidare apertamente il Partito o sostenere valori liberali e democratici. Questo crea un dilemma per la leadership cinese, che cerca di attrarre investimenti privati e stranieri pur mantenendo un controllo serrato sulla società civile e sull’economia.
La sfida più grande per il governo cinese, quindi, è come bilanciare la necessità di innovazione e crescita economica con l’esigenza di prevenire l’emergere di figure che possano minare il controllo del Partito. In questo contesto, la repressione dei magnati del settore privato non è solo una questione di potere politico, ma anche una risposta ai rischi sistemici derivanti dalla crisi immobiliare e dall’indebitamento locale, che rappresentano minacce tangibili per la stabilità economica del Paese.
Questo comportamento da parte del Partito ha avuto impatti anche a livello globale, con una drastica riduzione degli investimenti diretti esteri e la perdita di oltre un trilione di dollari in capitalizzazione di mercato delle aziende tecnologiche cinesi negli ultimi tre anni. Il crollo del valore delle principali imprese private cinesi segnala una crescente diffidenza degli investitori internazionali nei confronti dell’ambiente economico cinese, ulteriormente peggiorato dalla gestione del COVID-19 e dalle politiche restrittive che ne sono derivate. Mentre il governo tenta di promuovere un’immagine di stabilità e continuità, gli arresti e le condanne di imprenditori di spicco sembrano indicare una deriva autoritaria che mina la fiducia nel futuro del capitalismo cinese.
L’approccio di Xi Jinping, che cerca di affermare il primato politico del Partito su tutti gli aspetti della vita sociale ed economica, ha indotto una reazione a catena che potrebbe avere ripercussioni non solo all’interno della Cina, ma anche sulle relazioni economiche internazionali, soprattutto con i Paesi occidentali che osservano con preoccupazione la crescente concentrazione di potere nelle mani del Partito Comunista.