La Cina continua a rafforzare la sua proiezione di potenza a livello infrastrutturale in Cambogia, come dimostra il fatto che il nuovo aeroporto cambogiano di Siem Reap dovrebbe essere completato a marzo.
Il governo cambogiano auspica che l’aeroporto – che si trova a 50 km dal complesso del tempio di Angkor – possa far crescere sia l’economia che il turismo. La partecipazione dell’ambasciatore cinese cambogiano alla inaugurazione dell’aeroporto sarà naturalmente scontata.
IL RUOLO DELLA HOLDING YUNNAN IN CAMBOGIA E NON SOLO
Non dobbiamo dimenticare che la Cina, attraverso la società Yunnan Construction and Investment Holding Group, che ha costruito il nuovo aeroporto cambogiano, ha fatto una scommessa vincente. La società ha la possibilità di beneficiare di contratti che vengono direttamente finanziati dallo stato cinese soprattutto per quanto riguarda il Sud-est asiatico, come dimostra per esempio il fatto che la stessa società ha costruito il porto di Kyaupkyu, un’autostrada tra Vientiane e Vangvieng in Laos e zone economiche speciali nelle regioni di confine.
Ma la società cinese ha avuto anche l’appalto per la costruzione dell’edificio del consiglio dei ministri cambogiani, edificio che è situato a Phnom Penh. L’uomo chiave di questa società è naturalmente l’amministratore delegato Chen Zujun.
IL PROGETTO IN CONGO
Ma le mire egemoniche della Cina non conoscono confini geografici, come dimostra la recente joint venture siglata tra la Cina e una società canadese per l’esportazione di rame del Congo.
Tutto ciò non deve destare alcuna sorpresa se pensiamo per esempio al fatto che l’esercito congolese più volte si è schierato a favore degli interessi minerari cinesi, soprattutto nell’est del paese. Proprio allo scopo di rafforzare la sua presenza in Congo la Cina ha preparato militarmente il personale congolese e ha dato assistenza alle imprese cinesi in Congo nel settore della sicurezza. L’assistenza militare, infatti, costituisce uno degli strumenti che ha consentito alla Cina di assicurare un costante approvvigionamento dei minerali e quindi che le consente di salvaguardare i suoi interessi.
LA CINA CERCA RAME E COBALTO
Esiste tuttavia un aspetto di particolare rilevanza legato alla violazione dei diritti umani in Congo: mentre le società europee sono restie a essere coinvolte nel Congo e soprattutto nel settore estrattivo, questo atteggiamento di riluttanza da parte della Cina e della società minerarie non è presente; ciò ha consentito alla Cina di incrementare l’estrazione di risorse come quella del cobalto e del rame.
Secondo i dati dell’Osservatorio della complessità economica (OEC), dal 2015 al 2020 le importazioni cinesi di cobalto dalla RDC sono aumentate del 191 per cento, le importazioni di ossidi di cobalto del 2.920 per cento e le importazioni di minerale di rame del 1670 per cento.
Alla luce di questi dati dobbiamo domandarci perché sia così importante per la Cina avere accesso a questi minerali. La risposta è che sono fondamentali per la transizione energetica: non dimentichiamoci infatti che il 50 per cento del cobalto prodotto a livello globale oggi va nelle batterie ricaricabili, ma questo metallo grigio-bluastro svolge anche un ruolo vitale nelle attrezzature militari, tra cui munizioni, magneti, tecnologie stealth e motori a reazione.
Il 70% del cobalto mondiale viene estratto dal Congo e l’80% della produzione che viene fatta in Congo si dirige poi in Cina per essere lavorata.