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Covid Germania

Chi festeggia e chi s’interroga in Germania sul florido bilancio dello Stato. L’approfondimento di Mennitti

Il maxi avanzo 2019 del bilancio statale in Germania innesca un dibattito: perché non si riducono le imposte, si aumenta la domanda o si incrementano gli investimenti? L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

Il ministro delle Finanze Olaf Scholz ha ritrovato il sorriso. Il maxi avanzo di bilancio del 2019 era inatteso. “Gli anni delle vacche grasse sono alle spalle”, aveva detto qualche mese fa, annunciando che la crisi economica in cui si era infilata la Germania si sarebbe d’ora in poi riflessa anche sulle entrate fiscali. Invece non è stato così: l’economia rallenta ma le casse statali continuano a far festa.

Il surplus del 2019, il sesto consecutivo, fa registrare diversi numeri, che divergono leggermente secondo le interpretazioni dei quotidiani. Quello puro dell’anno ammonta a 13,5 miliardi di euro, ed è il record di sempre. Il precedente, di 12,1 miliardi, era stato ottenuto nel 2015. Ad esso si aggiungono, secondo le stime della Bild, altri 5,5 miliardi di euro che erano destinati a spese non effettuate (come opere di risanamento scolastiche o costruzioni di nuovi asili da parte dei comuni), che porterebbero la cifra complessiva a disposizione dello Stato a 19 miliardi di euro. Un numero visto leggermente al ribasso da parte della Süddeutsche Zeitung, che evidentemente lima i soldi non spesi e raggiunge la cifra di 17,1 miliardi di euro.

Miliardo più, miliardo meno, è dal 2014 che la Germania ottiene alti avanzi di bilancio ed è la terza volta che si va in doppia cifra. Quello inatteso (nella sua entità) di quest’anno è stato determinato dai minori tassi dinteresse dovuti dallo Stato tedesco e da 3,5 miliardi di entrate fiscali in più rispetto alle previsioni. Gran parte del tesoretto dovrebbe confluire nel fondo speciale di riserva costituito dal predecessore di Scholz, Wolfgang Schäuble, all’indomani della crisi dei profughi del 2015, che raggiungerebbe, secondo stime della Bild, la cifra monstre di 48 miliardi di euro.

C’È QUALCOSA DI MARCIO NEL SISTEMA FISCALE TEDESCO

Ma se negli anni passati il surplus veniva salutato un po’ da tutti – politici, economisti e media – come un segnale di sana e robusta costituzione dell’economia tedesca e di ottima gestione da parte del governo, questa volta sembrano prevalere i dubbi e le critiche. E in qualche caso le accuse. “Un forte surplus può essere il segnale di una buona gestione di bilancio, oppure l’indicazione che qualcosa di sostanziale non funzioni. E il nuovo e inatteso maxi avanzo del 2019 fa propendere più per questa seconda ipotesi”, scrive la Süddeutsche Zeitung: “c’è qualcosa di marcio nel sistema fiscale tedesco ed è ora che il governo se ne occupi”.

Le entrate fiscali sono passate dai 190 miliardi del 2005 ai 329 miliardi del 2019, prosegue il quotidiano di Monaco, e siccome i tassi d’interesse che lo Stato deve pagare si sono nello stesso periodo dimezzati, ecco che il governo dal 2014 si è sentito come zio Paperone nel deposito di monete. Per la Süddeutsche è almeno da apprezzare che la Grosse Koalition abbia iniziato a dismettere “l’attitudine da taccagno” dei primi tempi e abbia impegnato parte di questi surplus a investimenti in moderne infrastrutture, in ricerca e sviluppo, formazione e istruzione. Ma se non si può più accusare il governo di non imprimere slancio agli investimenti pubblici, un’altra accusa è legittima: “di ignorare gli interessi di coloro che mettono i soldi nelle casse dello Stato, e cioè la maggioranza dei contribuenti”. Un taglio delle tasse finalizzato ad alleggerire la pressione fiscale soprattutto nei confronti del ceto medio sarebbe opportuna e necessaria, conclude il quotidiano bavarese, e sarebbe giusto utilizzare il surplus di bilancio per una riforma generale e non per favori di piccolo cabotaggio alle clientele elettorali dei partiti della maggioranza. Tra i suggerimenti, anche la diminuzione dell’Iva di un punto percentuale (oggi è al 19%): “Chi vuole pensare a tutti i cittadini deve azzardare cambiamenti di natura strutturale”.

IL SURPLUS DI BILANCIO NON È MOTIVO PER FESTEGGIARE

L’Handelsblatt è sulla stessa linea. “Il surplus non è affatto un motivo per festeggiare e non è un certificato di una solida e previdente politica fiscale”, scrive in un commento, “ma soprattutto una conseguenza di immensi risparmi sui tassi di interesse, di investimenti bloccati e di un sostenuto gettito fiscale che ha raggiunto il suo livello più alto dal 1980”. Il giudizio del quotidiano economico è chiaro: “lo Stato non mette soldi da parte, semplicemente non li spende e si è ingrassato in maniera sproporzionata a spese dei contribuenti”. La crescita economica degli anni passati ha gonfiato le casse dello Stato ma non le buste paga dei lavoratori, critica l’Handelsblatt che parla poi di una “mentalità da bunker” del governo riferendosi alle piccole mance di natura clientelare elargite negli anni passati a seguito di priorità mal congegnate. Una mentalità da assedio che può essere fermata solo con una decisa riduzione delle imposte: “se lo Stato si accontentasse della stessa pressione fiscale del 2014, quando per la prima volta raggiunse il pareggio (lo Schwarze Null), i contribuenti potrebbero rallegrarsi per sgravi fiscali attorno ai 30 miliardi, e rimarrebbe denaro sufficiente per molti investimenti”.

MERKEL PROMISE UNA RIFORMA FISCALE CHE NON È MAI ARRIVATA

Chi picchia ancora più forte è la Bild. Il tabloid popolare prende di mira senza giri di parole direttamente la cancelliera e sbatte in prima pagina un titolo a caratteri cubiltali che appare una sentenza: “Merkel, 5167 giorni senza una riforma fiscale”. I 5167 giorni sono quelli nei quali Angela Merkel è alla guida della Germania, anche questo un record che la cancelliera ha festeggiato alcune settimane fa quando superò Konrad Adenauer (le rimane davanti solo Helmut Kohl, che però non raggiungerà). Il tabloid popolare la prende alla lontana. E ricorda che nel 2003, quando lanciò la corsa che due anni dopo l’avrebbe portata alla cancelleria, promise una riforma fiscale talmente radicale che la dichiarazione dei redditi sarebbe potuta esser contenuta nello spazio di un sottobicchiere di birra. La proposta in realtà non era sua ma di quel Friedrich Merz allora suo alleato e poi divenuto suo acerrimo nemico e oggi, dopo anni di esilio dorato nel mondo della finanza, tornato ad essere la spina del fianco del merkelismo all’interno della Cdu. Ma in quel 2003 Merkel appoggiò la proposta di Merz come presidente della Cdu. Il risultato? Nel 2009 la cancelliera Angela Merkel realizzò d’un colpo un aumento di 3 punti dell’Iva, il maggiore dal 1949. Di alleggerimento della pressione fiscale per i contribuenti nessuna traccia, “a parte una leggera correzione del drenaggio fiscale che si è tradotta in pochi centesimi, l’equivalente di una tazza di caffè al mese”.

POLITICI ED ECONOMISTI DIVISI FRA SGRAVI FISCALI E INVESTIMENTI PUBBLICI

Ma sul piano politico solo i liberali sono davvero sostenitori di un taglio alle tasse. “Chi attraverso trucchi e bassi tassi di interesse ottiene un surplus di 19 miliardi ha il dovere di restituirli a chi glieli ha dati, cioè i contribuenti”, ha detto Otto Fricke, esperto di politiche di bilancio dell’Fdp. La stessa componente economica della Cdu, vicina a Friedrich Merz, ha difficoltà a imporsi nel proprio partito. Il programma economico dei Verdi finalizzato a una transizione ambientalista dell’economia contiene molti punti di spesa incompatibili con una riduzione fiscale, e anche quello della Csu bavarese, per motivi diversi, prevede più spese sociali mirate che sgravi fiscali. Anche i principali economisti sono divisi. Clement Fuest dell’Ifo riconosce che “negli ultimi anni la pressione fiscale è sensibilmente aumentata e dunque il governo potrebbe prendere in considerazione sgravi fiscali per privati e aziende”. Marcel Fratzscher, presidente del berlinese Diw, punterebbe tutto su maggiori investimenti pubblici: “Il bisogno di investimenti per la modernizzazione in infrastrutture, istruzione, digitalizzazione, tutela del clima è immenso, il governo ha bisogno ora di un chiaro piano strategico di lungo periodo”. Su una cosa sono però tutti concordi: tenerli da parte nel deposito di zio Paperone sarebbe un delitto economico.

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