Skip to content

Ecco chi esce allo scoperto nel M5S contro Conte

Nessuno nel Movimento 5 Stelle osa popolare le chat e i gruppi parlamentari (ufficiali e ufficiosi) per la paura di finire processato, ma il mugugno tra i pentastellati si fa sempre meno sommesso. E c'è chi rompe gli indugi, sperando di essere seguito dai big. Il caso del video di Andrea Venuto

Il giorno dopo le votazioni per le Europee 2024 nel Movimento 5 Stelle si contano i cocci. L’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha messo la firma a un documento in bianco che nel segreto dell’urna è stato riempito da numeri tutt’altro che lusinghieri: i pentastellati annaspano infatti attorno alla doppia cifra. “Numeri da prefisso telefonico” per usare le parole (utilizzate in altre occasioni) del fondatore, Beppe Grillo. Numeri che certificano il tracollo al risultato più basso dal 2013.

I SUSSURRI CONTRO CONTE E GRILLO

“Adesso siamo soci di minoranza del Pd a tutti gli effetti”, scherza un pentastellato ripreso dal Corriere della Sera. I più, sottolineano dal Giornale, attaccano direttamente l’ex avvocato del popolo: “Finalmente capiranno gli errori – sentenziano – e forse ci ascolteranno”. “Perché non candidare Fico, Taverna e Raggi”, si chiedono dal Movimento. “Conte ha avuto quello che si merita”, aggiungono con malizia altri.

TONINELLI (ORMAI A CASA) SI ESPONE

Tornato ormai a vita privata per via del limite dei due mandati e quindi senza niente da perdere, Danilo Toninelli (qualora siate curiosi di sapere cosa faccia oggigiorno, suggeriamo questa imperdibile intervista del Corriere dal titolo “Toninelli: «La mia nuova vita da assicuratore. E nel weekend mi dedico a YouTube»“) non ha paura di dire in pubblico ciò che in molti, ancora in attività, bisbigliano soltanto: “Conte è un tecnico. Bisogna avere il coraggio di dire che è una brava persona, ma i tecnici non hanno capacità di emozionare”.

Si incrina così uno dei paradigmi delle origini dei 5 Stelle, secondo cui l’onestà doveva essere il solo metro di paragone nella selezione della classe dirigente. A quanto pare un buon leader non deve limitarsi a essere una “brava persona”, deve saper “emozionare”.

Toninelli però non se la sente di prendersela col fondatore, che pure ha plasmato il nuovo M5s attorno alla figura di Conte. Per l’ex ministro delle Infrastrutture “manca Beppe Grillo. Lui faceva sognare, entusiasmava le persone che, emozionandosi o incazzandosi, partecipavano e partecipando andavano a votare”.

“Il M5s – spiega il grillino noto per la sua serie interminabile di gaffes – era forte, noi dicevamo concretamente non siamo né di destra né di sinistra perché siamo programma, idee, un contratto di governo”.

MA C’È CHI CI METTE LA FACCIA

Il mugugno, per usare una parola del dialetto ligure che Grillo dunque comprende bene, si fa sempre meno sommesso. Il Corsera prova a intercettare i sussurri: «Un brusco calo potrebbe risvegliare Grillo», titolano quest’oggi dalla redazione di via Solferino.

Ma nessuno al momento vuole metterci la faccia e sfidare apertamente “l’avvocato degli italiani”. Nessuno o quasi, perché via social, che poi è il mezzo preferito dai pentastellati, arriva la lettera aperta di Andrea Venuto, ex Disability Manager di Roma Capitale ai tempi di Virginia Raggi, militante romano di spicco del movimento grillino.

LA LETTERA APERTA DI VENUTO A CONTE E A GRILLO

“Caro Presidente Conte – scrive Venuto su Facebook – non si può politicizzare qualcosa che non può essere politicizzato. Se davvero Lei “porta una voce”, abbia l’onestà intellettuale di mettersi in discussione”.

“Il risultato delle elezioni europee – la disamina dell’esponente pentastellato – rappresenta non solo una sconfitta elettorale, ma anche il fallimento di un progetto di trasformazione: il cosiddetto “nuovo corso” che ha snaturato l’essenza stessa del Mio Movimento”.

“Se si trasforma un principio in una persona, in un personaggio – l’affondo di Andrea Venuto -… e questi sono i risultati… è il personaggio che ha fallito, non l’ideale che era alla base del progetto politico. È necessario mettersi in discussione. Aprire un’assemblea, una vera assemblea, far tornare la parola realmente in mano agli iscritti del Movimento 5 stelle. Lo statuto praticamente non lo permette, è stato costruito ad arte in maniera blindata…”.

“Non siamo un partito – ricorda il grillino, organizzatore delle liste civiche che hanno accompagnato il tentativo di bis in Campidoglio della Raggi alle ultime Comunali -, se questo significa confondersi con la parte più becera di chi amministra un Paese (oppure aspira ad amministrarlo). La nostra voce, non corrisponde più a quello che vogliamo dire; chi ci rappresenta, al più alto dei livelli politici, non parla più la mia lingua. ”

IL RUOLO DI CONTE E LA RESPONSABILITA’ DI GRILLO

Al banco degli imputati del ‘tribunale del popolo’ che molti pentastellati vorrebbero velocemente mettere in piedi non siede solo l’avvocato ed ex presidente del Consiglio nei governi gialloverde e giallorosso, ma anche Beppe Grillo. Nessuno, tra i 5 Stelle, dimentica che l’attuale linea del Movimento è stata sì scelta da Conte ma solo perché dietro c’era il sostegno di Beppe Grillo, che lo ha puntellato in quel ruolo.

Ancora nell’ottobre del 2022 Grillo parlando del ruolo di Conte rassicurava: “È in grandissima forma! Sta tirando fuori tutto il nostro orgoglio”. Una fiducia che il comico genovese aveva rimarcato anche da Fabio Fazio dodici mesi dopo: “Un bell’uomo, quando parla e si capisce poco: perfetto per la politica… ma è migliorato. Io non potevo portare avanti una roba così”.

QUEL CONTRATTO CHE LEGA I DUE…

Pochi mesi prima, a settembre, Giuseppe Conte, parlando alla festa del Fatto, aveva spiegato di aver rinnovato il contratto di Beppe Grillo con il Movimento 5 Stelle. Il garante e fondatore del partito dalla primavera del 2022 ha una consulenza proprio con il ‘suo’ M5S; una cifra attorno ai 300 mila euro per “aiutarci nelle campagne elettorali, per quanto riguarda suggerimenti nella comunicazione, per elaborare proposte e progetti comunicativi”, parola – dettagliava un articolo dell’epoca di Repubblica – dello stesso ex presidente del Consiglio.

Contratti e palanche: difficile immaginare un modo migliore per garantirsi la vicinanza di un ligure, ci si potrebbe scherzare sopra. Ma oggi nel Movimento in pochi hanno voglia di scherzare. In molti, apprende Start sondando fonti interne, sarebbero pronti a sfogarsi su chat e gruppi WhatsApp: non lo fanno perché i big hanno paura di finire a loro volta imputati, a causa di qualche screenshot che li inchiodi.

NESSUNO OSA ESTERNARE IL MALUMORE

Il periodo del “terrore pentastellato”, con epurazioni a pioggia (Scissioni, espulsioni e addii: M5s dimezzato in 4 anni in Parlamento, titolava nell’estate del 2022 Il Sole 24 Ore provando a tenere il conto delle cacciate. “La rappresentanza del M5s tra Camera e Senato è passata da 331 a 165 parlamentari.”), ha fatto crescere in fretta i grillini: fidarsi di nessuno, diffidare di tutti, il leitmotive di chi vuole mantenere lo scranno tra le file pentastellate.

La compattezza, cementificata dalla paura, però sembrerebbe essere solo di facciata. E il ficcante video dell’ex Disability Manager di Roma Capitale ai tempi della giunta Raggi (che ritrae Venuto davanti a un fermoimmagine di Conte intento a farsi incipriare in televisione, quella televisione che pure i 5 Stelle inizialmente disdegnavano preferendovi live social e meetup) mena fendenti in tutte le direzioni: l’avvocato del popolo nemmeno troppo velatamente è accusato di essere più preoccupato della propria immagine rispetto alle sorti del Movimento, mentre il discorso in simil-cinese fa naturalmente il verso a quello pronunciato, con l’aiuto dell’IA, da Grillo sul finire della scorsa estate.

Tra il serio e il faceto, nella migliore tradizione dei grillini della prima ora (prima che le tante legislature romane facessero perdere loro il gusto per la satira) Venuto pone domande così serie da essere quasi esistenziali. Più che una lettera aperta a Conte e a Grillo, però, il suo è un appello ai big del Movimento che friggono in silenzio, nella speranza che decidano di uscire dall’ombra e dare corpo al nuovo corso dei pentastellati. Il rischio, altrimenti, come oggi malignano alcuni, è candidarsi a vita a socio minoranza del Partito democratico. Un triste epilogo per chi era entrato nei Palazzi promettendo di scoperchiarli come “scatolette di tonno”.

Torna su