Che gioco sta giocando la Cina in Medio Oriente?
Mentre a Pechino non si nasconde la propria storica simpatia per la causa palestinese, l’inviato speciale della Cina per il Medio Oriente sta visitando i Paesi arabi per accattivarsene la lealtà in quanto parte integrante di quel Sud Globale che il Partito comunista sta coltivando come contrappeso al sistema di alleanze americano. Ecco tutte le mosse di Pechino su quello scacchiere.
Le parole di Xi
Xi Jinping ha rotto il suo silenzio sull’attacco di Hamas a Israele e sulla successiva guerra a Gaza lo scorso 19 ottobre mentre incontrava a Pechino il primo ministro egiziano Mostafa Madbouly.
Il presidente cinese ha sottolineato, con parole ripotate da Bloomberg, che il suo Paese vuole rafforzare il coordinamento con l’Egitto e con gli altri Paesi arabi “per spingere il prima possibile verso una soluzione onnicomprensiva, giusta e duratura al tema palestinese”.
“È imperativo – ha aggiunto Xi – che un cessate il fuoco sia proclamato il prima possibile per prevenire che il conflitto possa espandersi o addirittura andare fuori controllo, creando una seria crisi umanitaria”.
Navi da guerra cinesi in Medio Oriente
Già prima che Xi uscisse allo scoperto, Pechino aveva fatto la sua mossa, inviando sei navi da guerra in Medio Oriente.
Impegnate precedentemente in una esercitazione militare congiunta con l’Oman, le sei navi includono il cacciatorpediniere Zibo, la fregata Jingzhou e la nave dal supporto integrato Quiandaohu, che fanno parte della 44ma task force navale della marina cinese. Le navi hanno salpato dall’Oman il 14 ottobre verso una destinazione sconosciuta.
L’inviato cinese sul posto
Il passo successivo della Cina è stato mobilitare e mandare sul posto il suo inviato speciale in Medio Oriente Zhai Jun.
Come primo atto della sua missione, Zhai si è recato in Qatar lo scorso 19 ottobre dove, come riferisce Reuters, ha conferito col suo collega russo Mikhail Bogdanov, giusto un giorno dopo che i rispettivi leader Xi e Putin si erano visti a Pechino nella cornice del Forum sulla Belt and Road.
“La Cina e la Russia condividono la stessa posizione sul tema palestinese”, ha detto Zhai a Bogdanov. Senza menzionare Hamas e il suo massacro di ebrei, l’inviato cinese ha rimarcato che “la ragione fondamentale dell’attuale situazione nel conflitto israelo-palestinese è che i diritti nazionali legittimi del popolo palestinese non sono stati garantiti”.
La dichiarazione rispecchia quanto detto il 14 ottobre dal Ministro degli Esteri cinse Wang Yi in un colloquio telefonico col ministro degli esteri saudita nel quale il ministro, senza scandire il nome di Hamas, ha sottolineato che “la Cina si oppone e condanna tutti gli atti che danneggiano i civili” evidenziando come “le azioni di Israele sono andate oltre lo scopo dell’autodifesa”.
Ieri, prima di atterrare negli Emirati Arabi Uniti, Zhai ha enfatizzato “la prospettiva preoccupante” di un conflitto che potrebbe allargarsi al confine Nord di Israele, dicendo che la Cina è desiderosa di fare “qualsiasi cosa possa condurre” a un cessate il fuoco e a un dialogo tra gli attori coinvolti nella crisi.
Frattanto in Cina la portavoce del Ministero degli Esteri Mao Ning chiariva che l’inviato avrebbe continuato a visitare “altre parti rilevanti nel Medio Oriente” rifiutandosi di precisare se avrebbe messo piede in Israele o a Gaza.
Cosa scrive la Cnn
In un’analisi firmata ieri da Nectar Gan e Simone McCarthy, la Cnn spiega come l’improbabile mediazione cinese ha a che fare con tutto tranne che con il peacemaking.
Intervistando vari esperti, l’emittente americana ha inquadrato il viaggio di Zhai come un’opportunità per la Cina per spostare gli equilibri globali di potere a suo vantaggio nel contesto di una competizione strategica con gli Usa che si sta arroventando.
“Pechino – scrive la Cnn – sta cercando di usare la missione diplomatica per rafforzare la propria posizione come campione del mondo arabo e del Sud Globale, che è stato sempre simpatetico verso la causa palestinese e insoddisfatto dell’ordine globale creato dall’America”.
Circa la metà delle importazioni di petrolio della Cina, sottolinea la Cnn, proviene dagli Stati arabi, che rappresentano tra l’altro un pacchetto di venti voti all’Onu utili per affossare le denunce del Palazzo di Vetro sul mancato rispetto dei diritti umani in Cina.