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Salvini

Che cosa succede in Umbria in vista delle regionali. Il post di Paola Sacchi

Salvini temuto in Umbria dal potere rosso come Annibale della battaglia del Trasimeno. E spunta anche un terzo incomodo per centrodestra oltre all'alleanza Pd-M5s. L'approfondimento di Paola Sacchi, già inviata di politica a l'Unità e a Panorama, sulle elezioni regionali in Umbria

 

Pensando all’importanza che riveste per Matteo Salvini la sfida umbra del 27 ottobre, viene in mente la battaglia del Trasimeno.

Salvini è vissuto ormai in Umbria come Annibale dalla élite rossa, ormai una nomenclatura che sembra cercare solo di perpetuare se stessa, dopo anche risultati giudicati di buon governo delle giunte Pci-Psi fino alla fine degli anni ’80.

Annibale sbaragliò i romani, prendendoli di sorpresa nella seconda guerra punica. Salvini invece con tutto il centrodestra ha l’obbligo, per la sua ripartenza dopo l’uscita dal governo senza aver ottenuto elezioni anticipate, di sbaragliare il Pd-5s per dare subito dall’Umbria un segnale di vittoria netta, chiara, con il maggior margine possibile. Perché dopo la battaglia dell’Umbria ci sarà quella più difficile dell’altra Regione rossa, quella simbolo: l’Emilia Romagna.

La vittoria della Lega che traina il centrodestra in Umbria è fotografata da tutti i sondaggi. Ma la distanza tra centrodestra e Pd alleati con i 5s si sarebbe un po’ assottigliata a 4 punti. Salvini sta comunque battendo l’Umbria a tappeto, accolto ovunque da bagni di folla, di selfie, simpatia nei suoi confronti anche da parte degli stessi elettori delusi del Pd.

In Umbria del resto alle Europee la Lega prese oltre il 38 per cento. E quando si raggiungono percentuali così è evidente che il consenso è trasversale, arriva anche al ceto medio alto di alcuni tra i maggiori imprenditori locali. Grazie al traino leghista ad Orvieto ad esempio fu eletto con quasi il 60 per cento il primo sindaco donna della città della Rupe, la quarantenne di Forza Italia Roberta Tardani; così come a Perugia è stato confermato con oltre il 60 per cento un altro quarantenne azzurro, il sindaco di Perugia Andrea Romizi.

Sono due sindaci forti non solo del traino leghista, ma anche della loro immagine, giovani ed entrambi anche di bell’aspetto, cosa che non guasta mai, e capaci, figli di quella borghesia che da sempre si è sentita oppressa dal potere rosso.

I due sindaci sono anche abbastanza forti dei loro listini con i quali si sono presentati, necessari a supplire a una certa debolezza di Forza Italia in calo di consensi e soprattutto poco organizzata sul territorio. Forse, proprio anche per questa carenza organizzativa e di presenza capillare, come invece è stata ed è quella della Lega (Barbara Saltamartini leghista presidente commissione Attività produttive della Camera si trasferì a Orvieto per tutta la campagna elettorale; un contributo lo ha dato anche il deputato di Fi di Terni Raffaele Nevi) è accaduto che Vincenzo Bianconi, ex presidente della Federalberghi, un tempo vicino a Fi, sia diventato il candidato di Pd e 5s. È lui lo sfidante della comunque molto forte leghista Donatella Tesei, avvocato, ex sindaco di Montefalco, senatrice del Carroccio, molto stimata trasversalmente nella regione

Anche Tesei è una ex azzurra. E comunque Fi a Orvieto si è presa almeno una piccola rivincita sfilando l’avvocato Stanislao Fella alla Lega e candidandolo come consigliere regionale. A Orvieto c’è stato il passaggio della esponente di una famiglia di imprenditori storicamente rosso antico, Donatella Belcapo, al centrodestra che l’ha candidata in un lista a sostegno di Tesei. Mentre a Terni Fi candiderà il craxiano Stefano Fatale.

Ma ora è sopraggiunta una terza candidatura alla presidenza della Regione, quella di Claudio Ricci con una lista civica. Ricci fu candidato del centrodestra alle ultime elezioni umbre, dove perse ma dette filo da torcere a Catiuscia Marini, la ex presidente dimessasi o “dimissionata” dal Pd dopo il cosiddetto scandalo della sanità, per il quale devono ancora arrivare le prime sentenze.

Ovvio che la candidatura di Ricci sia vista di buon occhio dal Pd, perché i dem sperano che possa sottrarre voti a Tesei. Quei dem, come sottolinea Salvini in ogni comizio, alleati proprio con i loro ex accusatori sul caso sanità e cioè i grillini. Paradossi della politica umbra e nazionale. Dove per tener fuori “Annibale” si è formato un governo del tutti contro Salvini.

La “battaglia del Trasimeno”, metafora della battaglia umbra, sarà il primo vero test di quanto funzioni anche sul territorio l’alleanza giallo-rossa. E la stessa formula del governo giallorosso del tutti contro Salvini in una Regione bella e trascurata, con un potere rosso che ormai sembra solo cercar di perpetuare se stesso, senza neppure una certa visione come quella delle giunte Pci-Psi. Che favorirono centri di eccellenza nella stessa sanità oggi sotto accusa, come il day hospital ematologico dell’ospedale di Perugia Silvestrini o festival di livello internazionale come Umbria Jazz.

Ma in Umbria da sempre una certa borghesia produttiva, imprenditoriale, ma anche di professionisti, si è sentita schiacciata da un sistema di potere che chiedeva consenso in cambio di misure per favorire la crescita. E di fatto favorì – soprattutto il Pci – alcuni a discapito di altri non allineati, a discapito della meritocrazia. E di alcune eccellenze che però resistono ancora oggi nelle città umbre.

Il tutto venne fatto secondo la logica della “ditta” rossa che certamente emancipò i mezzadri sottoposti a una borghesia agraria non illuminatissima con loro, nell’Umbria dello steccato tra città e campagna. Ma la “ditta” poi agì con un certo revanchismo. Fino a creare la nomenclatura bloccata e sclerotizzata del Pd di oggi. Inevitabile dopo 50 anni ininterrotti di potere, senza l’ossigeno dell’alternanza.

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