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Merkel Von Der Leyen Recovery Fund

Che cosa si dice e si mormora in Germania sul piano Ue di ricostruzione

Gli aiuti non sono un pasto gratis e devono essere finalizzati a modernizzare le economie. E gli Stati più indebitati devono mettere mano al risanamento dei conti pubblici e all'abbattimento dei debiti. E' l'opinione di molti commentatori in Germania che hanno analizzato il piano di ricostruzione presentato dalla Commissione Ue

Il piano di ricostruzione presentato ieri da Ursula von der Leyen è oggetto dei commenti dei principali quotidiani tedeschi, i quali si dividono nel giudizio ricalcando le posizioni assunte sul tema nelle settimane precedenti. Molti opinionisti convergono tuttavia su un punto: gli aiuti non sono un pasto gratis, il loro utilizzo deve essere finalizzato alla modernizzazione delle economie e alla tutela del clima. E gli Stati più indebitati devono finalmente mettere mano al risanamento dei conti pubblici e all’abbattimento dei debiti. Una volta che il piano sarà stato approvato, si aprirà il confronto sul controllo nell’utilizzo degli aiuti, mentre la Süddeutsche Zeitung chiede un rapido ripristino del patto di stabilità.

HANDELSBLATT: IL RISCHIO? AIUTI ALLE VECCHIE INDUSTRIE

Il commento dell’Handelsblatt esalta la figura della presidente (tedesca) della Commissione europea, i cui esordi bruxellesi sono stati decisamente incerti, ma che ora ha potuto presentare un piano economico e politico per superare con successo l’emergenza pandemica che ha travolto economie e bilanci pubblici nazionali. “C’è qualcosa per tutti gli Stati più grandi, Italia e Spagna ne escono come i maggiori vincitori e non sarà possibile accusare l’Ue di mancanza di solidarietà nei confronti dei sudeuropei colpiti duramente dalla crisi del coronavirus”. Ma anche gli Stati più piccoli come la Polonia, che non ha poi sofferto troppo l’epidemia, ne approfitteranno, una concessione necessaria perché senza l’accordo dei paesi est europei non si muove nulla. L’appoggio preventivo di Francia e Germania ha rafforzato le spalle di Ursula von der Leyen, aumentando le chance che il 18 giugno prossimo il suo piano possa essere approvato, sebbene vi siano ancora da convincere i paesi refrattari come Austria e Olanda.

“Con il piano di ricostruzione l’Unione Europea scrive un nuovo, storico capitolo”, prosegue l’Handelsblatt, “per la prima volta la comunità fa debiti in grande stile per finanziare i suoi Stati membri economicamente più deboli. A far da garante sarà la prossima generazione, che oggi non detiene ancora alcuna voce politica”. Questo può essere giustificato solo se anche essa potrà approfittare delle spese, ha aggiunto il quotidiano economico, e per questo “le sovvenzioni miliardarie devono essere impegnate nella tutela del clima, nella digitalizzazione e nel rafforzamento del mercato interno europeo”.

L’Handelsblatt evidenzia il pericolo che invece i finanziamenti possano prendere altre strade e che i governi nazionali abbiano intenzione di nutrire i bilanci delle vecchie industrie. Ma non sarebbe colpa di Ursula von der Leyen, si affretta a rimarcare, “che con questo piano ha dimostrato di possedere l’arte del possibile”.

Un esempio di finanziamenti sbagliati? L’Handelsblatt lo indica nel secondo commento, che prende di mira i bonus e gli incentivi annunciati dal governo francese per sostenere la propria industria automobilistica. Il titolo è chiarissimo, “Un Jurassik Park per l’industria dell’auto”: è “un sostegno all’industria 1.0 invece che a quella 4.0, con il quale si sostengono vecchi dinosauri ad alta emissione di gas e si portano in giro aziende con l’anello al naso”. Una critica a Parigi e preventivamente anche a Berlino, che discute in queste settimane in che modo sostenere la propria industria automobilistica.

FRANKFURTER: SAREBBE STATO MEGLIO TAGLIARE I DEBITI

Più critico nei confronti del piano europeo è il commento della Frankfurter Allgemeine Zeitung. Il quotidiano della piazza finanziaria del paese riconosce che un tale programma raccoglie questa volta un ampio sostegno in Germania, perché politici ed economisti sono consapevoli che solo una ripresa in ogni angolo del continente possa aiutare tutti i paesi, anche i più solidi, a uscire dalla crisi. Le differenze tra i vari Stati emerse nel corso della pandemia devono ora essere ricondotte a unità con l’aiuto di tanti soldi, scrive la Faz, e tuttavia si deve criticare sia il piano da 750 miliardi di Ursula von der Leyen che il progetto da 500 miliardi di euro proposto in precedenza dal duo Merkel-Macron: “Mentre per fronteggiare una crisi acuta è adeguata l’adozione di una politica monetaria e finanziaria espansiva, non è necessario un fondo di ricostruzione”. Neppure, prosegue la Faz, se il finanziamento via Bruxelles dovesse alleggerire l’impegno della Banca centrale europea, visto con grande spirito critico in Germania.

Per il quotidiano di Francoforte il post pandemia non presenta, per fortuna, danni agli edifici, alle fabbriche o alle infrastrutture. Non ci sono macerie fisiche in giro per l’Europa. Nel migliore dei casi dovrà essere finanziata, indipendentemente dalla contaminazione del virus, una modernizzazione dell’economia che alcuni paesi negli anni passati non si sono potuti permettere e altri, come la Germania, non hanno voluto farlo. “Ma un tale piano richiede uno stretto controllo sul modo in cui il denaro viene impiegato”, riprende il quotidiano conservatore, “perché non bisogna essere degli euroscettici per avere poca fiducia”. Inoltre, un indebitamento attraverso Bruxelles sarebbe giustificabile se gli aiuti venissero forniti attraverso prestiti e non a fondo perduto. E se alcuni paesi non fossero in grado di restituirli, è il ragionamento della Faz, allora la soluzione conseguente sarebbe un taglio del debito: “Un’impresa senza dubbio complicata e non senza rischi, ma che alla fine potrebbe avere un effetto liberatorio per i paesi interessati e anche per Bruxelles e per la Bce”. Più che soldi ci vorrebbe coraggio per una soluzione comune dei problemi, conclude il quotidiano.

SÜDDEUTSCHE: RIATTIVARE IL PATTO DI STABILITÀ

Lodi per tutti arrivano dalla Süddeutsche Zeitung, uno dei giornali in prima fila fin dai primi giorni della crisi pandemica nel sostenere impegni comuni dei paesi europei. Il quotidiano di Monaco approva l’alto volume degli aiuti che sostiene il piano, l’ampia porzione di finanziamenti a fondo perduto, il sostegno chiaro a paesi indebitati come Italia e Spagna e anche il contentino dato ai paesi refrattari – i quattro frugali – delle condizionalità di spesa: la Commissione sosterrà specifici investimenti pubblici e riforme che renderanno le economie più moderne e competitive, mentre i governi che si tireranno indietro non prenderanno un quattrino. “Giusto così”, chioda la Süddeutsche.

Su questo aspetto insiste il quotidiano bavarese. Negli anni passati molti paesi hanno utilizzato il periodo di crescita economica per ridurre il livello del debito pubblico, non così Parigi e Roma, che infatti ora si ritrovano un margine di manovra ridotto. “Ma il salvataggio non è gratuito, i prestiti Ue devono essere ripagati con i soldi dei contribuenti, soprattutto tedeschi, e questi trasferimenti sono giustificabili solo se gli Stati faranno di tutto per evitare una ripetizione della crisi”. E dunque l’eurozona ha bisogno di adottare regole ferree di politica finanziaria: cioè di “riattivare al più presto possibile il patto di stabilità sospeso durante la crisi” e dotarlo di maggior mordente.

DIE WELT: OCCASIONE DI MODERNIZZAZIONE

Come l’Handelsblatt, anche Die Welt focalizza il suo commento su Ursula von der Leyen e su Bruxelles. Non bisogna far passare le crisi senza sfruttarle e Ursula von der Leyen, in verità, ha targiversato qualche giorno, osserva il quotidiano conservatore. Ma poi il piano è arrivato, 750 miliardi di euro: “Ogni miliardo accresce l’influenza in Europa della presidente dei funzionari. È denaro su cui il capo della Commissione può mettere il proprio timbro, giacché passa attraverso il programma europeo che sarà gestito dai suoi funzionari”. Gli obiettivi: tutela del clima e digitalizzazione.

Di colpo tutto concorre, prosegue la Welt, le enormi ambizioni di von der Leyen e il denaro a disposizione, che invece di fatto mancava a sostenere il programma di tutela del clima presentato lo scorso ottobre, che doveva essere il cuore della sua presidenza. Per l’Europa è un’opportunità gigantesca, il prossimo bilancio europeo 2021-2027 promette di innescare una modernizzazione dell’economia come non si vedeva da decenni, con denaro che verrà utilizzato per potenziare e aggiornare le infrastrutture che produrranno nuova crescita economica e non per sussidi alle aziende agricole o per abbellire i centri urbani.

“Quanto sarà sostenibile questo progetto si vedrà però in sette anni”, conclude la Welt, “giacché gli Stati membri dovranno decidere come ripagare i debiti contratti da von der Leyen”: nuove tasse europee non basteranno, e allora o gli Stati destineranno più soldi a Bruxelles o si dovranno tagliare in maniera radicale i punti di spesa del bilancio. E alla presidente si presenterà l’opportunità storica “di potare in maniera radicale la sovradimensionata e tradizionale politica agraria dell’Ue”.

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