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Vannacci

Che cosa penso del libro di Vannacci

Il commento del medico Stefano Biasoli, primario nefrologo in pensione

Capricorno quale sono, ho comperato il libro del generale Roberto Vannacci e, con calma, me lo sono letto tutto. 355 facciate, scritte in un italiano non sempre scorrevole, ma dense di concetti.

Concetti e ideali, ovvii per chi, come me, è nato nel 1942, ma non così ovvii e non così ideali dal 1968 in poi.

Patria, nazione, confini, doveri e diritti, radici storiche e religiose, origini classiche, diritto romano, la sacralità del lavoro, la “pietas cattolica”, il rispetto (non la prevaricazione) delle minoranze, la famiglia (con o senza sacramento) costituita da madre, padre, figli, avi e discendenti, il quartiere, la città, la regione, lo stato.

Il rispetto nei confronti delle gerarchie, laiche e religiose; il rispetto non solo formale (cedere il passo, per strada; nei luoghi pubblici, precedenza dei maschi – per “protezione” – rispetto alle donne); l’esempio – nel modo di comportarsi – dato ai figli; il rispetto verso gli anziani… E potrei andare avanti per decine di righe.

“Prima il dovere e piacere il piacere”. Prima lo studio, poi il gioco, in parrocchia e nei campetti vicini a casa.

“Ripassa i compiti, prima di andare a scuola”. “Se ti hanno dato un’insufficienza è perché te la meritavi. Studia di più”. “Fa onore a te e a noi della tua famiglia”. “Non sprecare il denaro”. “Hai preso la borsa di studio, adesso ti comperiamo la bicicletta”.

Sono cresciuto in una famiglia della media borghesia veronese, che aveva problemi economici per la precoce (tragica) morte del capofamiglia. Mia madre, vedova con 5 figli, ha fatto miracoli per educarci, per farci studiare, per renderci autonomi.

Certo, negli anni cinquanta e sessanta, era un’altra Italia. Era l’Italia della riscossa dopo la guerra persa; era l’Italia dei comunisti (mangia-bambini), dei democristiani (“in cabina elettorale Dio Ti vede!”); delle frequenti processioni che attraversavano la città; della Madonna Pellegrina; dei tridui e delle novene contro la grandine, contro l’arsura, contro i cataclismi.

Era l’Italia delle chiese piene e di un cattolicesimo forse grezzo (il latinorum) ma partecipato. Era un’Italia che cantava (anche quando il lavoro era duro), un’Italia che lavorava, perché il miglioramento delle condizioni economiche era evidente a tutti. Anche agli operai.

Ci si rispettava e c’era solidarietà. Di certo, non era un paradiso in terra, ma chi aveva voglia di lavorare (qualunque fosse il lavoro) poteva cambiare condizione economica. Poteva essere contento dei risultati del suo impegno, poteva far studiare i figli e dar loro un “pezzo di carta”, che migliorasse il loro status.

La lira faceva aggio sul dollaro. Il debito pubblico era contenuto. Poi il 1968. Poi il Concilio Vaticano II. L’occupazione da parte dei social-comunisti della scuola, della magistratura e dell’informazione; il “sei politico”;  il progressivo cedimento della DC nei confronti della sinistra; l’occupazione politica dell’agricoltura, delle poste, delle banche, dell’istruzione. Moro, Craxi, Lega, Berlusconi, il Dottor Sottile, Berlinguer, Prodi, l’Euro (con svalutazione grave della lira). “Il paradiso dell’Europa”, promesso da Prodi, quello stesso che aveva distrutto l’IRI. Vi dice qualcosa la sequenza: Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conti 1 e 2, Draghi, Meloni?

Vi dice qualcosa l’Europa matrigna? Quella che ha aiutato le banche tedesche e distrutto quelle venete; quella che vuole un’Europa verde quando il resto del mondo produttivo è inquinato; quella che ha distrutto l’economia europea (e l’euro) aumentando il costo del denaro fino al 4,5% e fissando regole “green” che hanno distrutto l’industria automobilistica europea? Quella che, approfittando della pandemia, ha inciso pesantemente sulla libertà individuale (i vaccini, il green pass, il blocco delle scuole e delle chiese), favorendo in modo oscuro la Pfizer?

Quella che non ha capito gli effetti devastanti della guerra Russia-Ucraina-Usa e della immigrazione incontrollata dall’Africa, dall’Asia, dai paesi dell’Est?

Già. Ora il mondo deve essere fluido.

Non più due sessi, ma fluidità del gender, alla faccia del patrimonio cromosomico individuale.

Non più regole basate sulla maggioranza democratica, ma prevaricazione delle minoranze rispetto alla maggioranza. Le abitudini sessuali sbracate in piazza, gli uteri in affitto anzi comperati, la pretesa di considerare “fobia” qualunque opinione non in linea con il colore arcobaleno.

Non più patria, nazione, confini, ma Italia aperta ai migranti.

Domanda: ma per chi sono morti gli italiani, sul Grappa, sul Carso, in Grecia, in Russia? Per quale Italia?

Saranno forse 200.000, quest’anno, i migranti.

Francia, Spagna, Germania, Polonia, Ungheria chiudono le frontiere, ma l’Italia non può. Lo dicono, ridicono e straridicono a Bruxelles ma anche a Roma: il papa Francesco e il rinovellato Mattarella. Due persone che poco hanno lavorato nella loro vita e che si sentono vivi solo facendo prediche inutili.

Inutili perché dicono ovvietà. Certo “misericordia e accoglienza”. Ma, chi paga? Certo, tutti hanno diritto ad uscire dalla miseria, dalle guerre e dalle persecuzioni.

Tutti in Italia, questi immigrati, questi migranti, questi minorenni, questi maschi nerboruti e forniti di telefonino (prima o poi).Tutti nei ghetti, perché di ghetti si tratta e perché quei 100-200.000 di quest’anno non avranno un lavoro, ma solo dei vestiti, del cibo, una cuccetta per la notte. Non un lavoro, che non ci può essere. Non la dignità che dà il lavoro. Non l’autonomia economica.

Solo precarietà. Una precarietà senza uscita, ma garantita da regole poco chiare e da una magistratura che non risponde mai degli errori che fa.

L’Italia ha un debito colossale e costoro costano: 80 euro al giorno, per 100.000 persone significa 2,9 mld/anno. Dove prenderà l’Italia questi denari? Dall’Inps, con un ulteriore buco sul bilancio assistenziale dell’Istituto?

Succederà che anche la Meloni, come tutti i suoi predecessori (tranne Draghi), colpiranno i soliti noti. Taglieranno per i prossimi 9 anni (oltre a questo 2023) la rivalutazione pensionistica, ossia il recupero dell’inflazione.

Guarda caso, questi tagli producono un totale che garantisce sia la spesa per gli immigrati che l’aumento delle “pensioni minime”.

Già. Chi paga sono sempre i soliti: i dipendenti pubblici e i pensionati Inps, pubblici e privati, con redditi superiori a 4 volte il minimo Inps.

Ho lavorato per la Sanità pubblica per più di 40 anni. Credevo nella sanità pubblica e nel lavoro pubblico. Sono stato un illuso. La sanità pubblica è allo stremo e il lavoro dei pubblici dipendenti è svilito e malpagato. Financo il TFS/TFR è stato stravolto, tanto che, al momento della pensione, il “mio denaro” mi  viene restituito a rate, dopo anni. E, se lo voglio prima, devo pagare gli interessi.

Già, questa è l’Italia di oggi. Quella che gratifica le minoranze rumorose e che penalizza “i benpensanti”, ligi alle regole.

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