Nel tentativo di sedare i malumori del mondo agricolo, il governo tedesco ha deciso di agire su due fronti. Da un lato varando un pacchetto di aiuti da 1 miliardo di euro da destinare direttamente agli agricoltori, attinto dal copioso tesoretto che lo Stato ha accumulato in questi ultimi anni di surplus di bilancio; dall’altro aprendo un confronto con la grande distribuzione organizzata sul tema dei prezzi al dettaglio.
Gli agricoltori costituiscono un tradizionale serbatoio di voti per i partiti cristiani, sia nella versione nazionale della Cdu che in quella regionale bavarese della Csu. E in tempi di sondaggi declinanti, le proteste sollevatesi negli ultimi mesi hanno spaventato la dirigenza dell’Unione (l’alleanza fra le due componenti cristiane): se le prossime elezioni federali saranno fra poco meno di due anni, in Baviera si voterà per i comuni fra poco più di un mese e la Csu teme ripercussioni nelle vaste aree rurali.
IL PACCHETTO DI AIUTI DEL GOVERNO: UN MILIARDO IN QUATTRO ANNI
E a ragione. Perché la prima munizione che il governo ha “sparato” alla fine della scorsa settimana non sembra aver centrato il bersaglio. Il miliardo di euro finalizzato a finanziare programmi agroambientali e investimenti sui fertilizzanti è stato simbolicamente rispedito al mittente dagli agricoltori. L’obiettivo del governo è di mitigare i costi che le imprese agricole dovranno sostenere per adeguarsi all’inasprimento della regolamentazione sui fertilizzanti, che la Germania è costretta ad adottare su pressione dell’Ue. A causa dei troppo elevati valori medi di nitrati nelle acque sotterranee tedesche, Bruxelles ha imposto una revisione in senso restrittivo delle norme sui fertilizzanti. La loro applicazione impegnerà le aziende agricole in ristrutturazioni e riconversioni talmente costose da mettere a repentaglio, secondo gli interessati, la stessa sopravvivenza del settore.
Da qui le proteste che, sull’esempio olandese, sono montate in Germania a partire dallo scorso autunno e sono culminate prima di Natale in una grande manifestazione a Berlino, bloccata per un giorno da centinaia di trattori arrivati da ogni angolo del paese.
Il governo (e in particolare il ministro dell’Agricoltura Julia Klöckner, un tempo beniamina dei coltivatori) avevano promesso attenzione e misure. Così il governo ha tirato fuori dal cilindro il pacchetto da un miliardo in quattro anni, articolato in quattro tranche da 250 milioni all’anno, che mira a sostenere le imprese rurali nella fase di adeguamento alle nuove regole. I soldi serviranno a realizzare nuovi impianti per i fertilizzanti, a sviluppare e introdurre tecniche più moderne per il loro spargimento sui campi, a incentivare soluzioni alternative agli allevamenti intensivi. “Vogliamo realizzare un’agricoltura sostenibile”, ha detto il ministro illustrando il pacchetto, “è chi formula delle aspettative al settore che sono di interesse generale deve anche essere pronto ad aiutarlo a corrisponderle”.
GLI AGRICOLTORI NON CI STANNO: I SOLDI NON RISOLVONO I PROBLEMI
Ma agli agricoltori i soldi non bastano. Non li reputano neppure così importanti. “Il denaro da solo non risolve i problemi”, ha replicato Joachim Rukwied, presidente del Bauerverband, l’associazione di categoria che ormai fatica a gestire il malcontento dei suoi aderenti. La richiesta è di modificare la regolamentazione sui fertilizzanti, giudicata carente in diversi punti, così come di revisionare il programma di azione per la salvaguardia degli insetti. Punti sui quali Angela Merkel ha già in passato detto di non essere disposta a tornare indietro.
Netta la contrarietà da parte del gruppo Land schafft Verbindung (La campagna crea connessione), il movimento spontaneo dal basso che ha mobilitato gli agricoltori per le manifestazioni di protesta, diventando un punto di riferimento per l’intera categoria: “Nessun imprenditore agricolo è andato nei mesi scorsi in strada per chiedere un pagamento una tantum”, è scritto in una nota. Il movimento, che molti osservatori hanno paragonato ai gilet gialli francesi per lo spontaneismo e la determinazione della protesta sviluppatasi al di fuori dei circuiti istituzionali di rappresentanza della categoria, parla di “soldi con cui si vuol comprare il silenzio” e ribatte che l’ingiustizia non si sana con il denaro.
“Misure di sostegno ce ne sono già a sufficienza e gli agricoltori non hanno bisogno di un nuovo recipiente di denaro con cui finanziare consulenze o nuovi impianti di fertilizzanti”, scrive la rivista di settore Agrarheute, “ma di una nuova normativa sui concimi degna di questo nome, che affronti alla radice il problema della pulizia delle acque sotterranee e non incolpi ideologicamente un’intera categoria”. Gli agricoltori puntano il dito contro i comuni con i loro sistemi fognari spesso fatiscenti e contro i gestori di campeggi e rifiutano il ruolo di capro espiatorio in tema di inquinamento. Nata su punti concreti, la protesta si è infatti rapidamente trasformata in rivendiocazione di orgoglio esistenziale di un’intera categoria che si sente scaraventata sul banco degli imputati.
IL CONFRONTO CON LA GRANDE DISTRIBUZIONE SUI PREZZI ALIMENTARI
Ma il secondo fronte aperto dal governo rischia di produrre delusioni e polemiche ancora maggiori. Per difendere l’onore degli agricoltori, tutelarli di fronte allo strapotere della grande distribuzione (e naturalmente recuperarne il consenso), Angela Merkel ha riunito attorno al tavolo i manager delle grandi catene commerciali (Lidl, Aldi, Edeka e Rewe), accusate di competere fra di loro solo sulla variabile dei prezzi a spese degli agricoltori. Due settimane fa il ministro Klöckner aveva avviato indirettamente il confronto durante la Grüne Woche, la tradizionale fiera dell’agricoltura e dell’industria alimentare a Berlino, denunciando i prezzi bassi di carni, frutta e verdure nei grandi supermercati e accusando le grandi catene di farsi concorrenza attraverso continue offerte dumping: “Gli agricoltori si sentono come Davide contro Golia quando vanno a trattare con la grande distribuzione”.
Benzina sul fuoco di un confronto che rischiava di partire con il piede sbagliato. Per spegnere sul nascere qualsiasi tentazione da parte del governo di proporre una sorta di prezzo di base per i prodotti alimentari nei supermercati, il presidente dell’associazione del commercio Josef Sanktjohanser aveva ammonito i ministri a “non superare la linea rossa” immischiandosi nel libero processo della competizione e perdendo di vista uno dei capisaldi dell’economia sociale di mercato: creare benessere per tutti.
E così la cancelliera ha dovuto per prima cosa sgombrare il tavolo da qualsiasi ipotesi di imposizione statale di un prezzo minimo di base: “Bisogna ottenere rapporti equi fra i diversi attori della produzione di generi alimentari e fare in modo che vengano venduti prodotti di qualità e che gli agricoltori ottengano guadagni adeguati”, ha detto aprendo l’incontro.
Smorzati i toni, anche le conclusioni sono state interlocutorie. Da fonti governative è trapelata la soddisfazione per un confronto avviato. Klöckner ha assicurato che sono stati compiuti passi in avanti, ma non ha specificato quali. Ha annunciato un futuro incontro fra agricoltori e grande distribuzione e una “alleanza di comunicazione” fra le due parti per trasmettere ai consumatori il valore dei prodotti alimentari. Inoltre, il commercio dovrà orientarsi di più verso i prodotti regionali. Si è all’inizio di un processo che richiederà lavoro e tempo. Da parte sua, Merkel ha chiarito che entro l’anno verrà attuata una direttiva europea contro alcune pratiche commerciali sleali e le aziende che non si adegueranno incorreranno in sanzioni salate.