skip to Main Content

Bonaccini

Che cosa dicono le piazze contrapposte di Bologna tra Bonaccini e Borgonzoni

Le manifestazioni di ieri a Bologna in vista delle elezioni in Emilia Romagna nella nota di Paola Sacchi

Grande e pacifica certo, non come quella dei centri sociali, ma più che una manifestazione è parsa una contrapposizione. A scopo preventivo. Con un assediato Matteo Salvini che in contemporanea, con la candidata Lucia Borgonzoni, ha riempito il PalaDozza a Bologna. Il colpo d’occhio su Piazza Maggiore, strapiena non c’è dubbio, elogiata dallo stesso governatore del Pd Stefano Bonaccini, però più che un segno di forza sembra dare l’immagine plastica della debolezza di una sinistra che all’odiato e temuto sfidante non si contrappone accettando le regole del gioco. Perché se avesse fatto così non avrebbe manifestato in contemporanea, ma avrebbe debuttato con una sua autonoma iniziativa, non contestuale a quella dell’avversario, mettendo in piedi una contrapposizione a priori. A prescindere, direbbe Totò.

La cartolina di Bologna dà l’immagine di una sinistra che non ascolta quel che Salvini e Borgonzoni, nell’iniziativa programmata da tempo, dicono, per poi ribattere il giorno dopo. No, si ricalca, invece, lo stesso schema del tutti contro Salvini sul quale è stato formato il fragile governo nazionale. Piazza grande certo, per usare la celebre canzone di Lucio Dalla ma anche piazza che rischia di risultare nella traduzione poi in termini di consensi più “piccola”.

Perché è l’immagine di una sinistra che non espone un proprio progetto autonomo e vincente, nonostante anche i buoni risultati di Bonaccini, amministratore più solido di altri, ma è la fotografia di uno schieramento che sembra come ripiegato su se stesso, quasi bisognoso dello stesso “nemico” per esistere. Solo il responso delle urne il 26 gennaio ovviamente dirà chi aveva ragione. Per ora è testa a testa nei sondaggi. Ma già per una sinistra da mezzo secolo al governo questo non rappresenta, ovvio, un segnale rassicurante.

C’è una differenza tra piazza Maggiore e le piazze piene di Salvini e del centrodestra, con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, come a S. Giovanni a Roma, e cioè che mentre da queste è partito un progetto, con una precisa identità, condivisibile o meno, da Bologna è partita una testimonianza sulla difensiva. Così suonano le parole di Bonaccini quando dice che la sua Emilia è già stata liberata dalla Resistenza e che quindi non ha bisogno del “liberatore” Salvini.

La battaglia dell’Emilia è per la Lega e il centrodestra un po’ la madre di tutte le battaglie, il cui esito potrebbe dare uno scossone al già traballante governo giallo-rosso-fucsia del Conte 2. E l’Emilia Romagna non è certo l’Umbria espugnata, ex rossa, per dimensione geografica, per il tessuto economico molto più solido, in cui l’imprenditoria privata è stata probabilmente meno soffocata dai metodi dirigistici delle giunte rosse del cuore verde d’Italia, che comunque almeno fino alla metà degli anni ’80 raggiunsero risultati elogiati anche all’ estero.

Ma l’Emilia non è solo Bologna. E già a Ferrara, per citare il caso più emblematico, c’è stato un clamoroso ribaltone con la vittoria del sindaco leghista Alan Fabbri. Alcuni esponenti Pd ieri sera in tv, probabilmente un po’ innervositi, hanno messo le mani avanti dicendo che l’Emilia non sarà una passeggiata come l’Umbria, lasciando trasparire, tra l’altro, una considerazione non proprio bellissima degli umbri. Evidentemente ritenuti poco avveduti, colpevoli (ci sono tweet sugli umbri della mattina del 28 ottobre purtroppo eloquenti) con il loro voto di essersi consegnati docilmente a quella che il centrosinistra continua a chiamare destra. Ed invece sarebbe più esatto definire centrodestra, vista l’ampia rappresentanza raggiunta dalla Lega di quel ceto medio, anche alto, che per sua natura è il centro in carne ed ossa e non quello di cui si parla in certe fumisterie di Palazzo.

Probabilmente il centrosinistra intende anche dire che alla vittoria umbra a trazione leghista la strada sarebbe stata spianata dalla vicenda giudiziaria sulla sanità, sulla quale occorre sempre specificare che non ci sono stati ancora processi e quindi neppure sentenze e che la stessa ex presidente umbra Catiuscia Marini almeno finora risulta indagata.

Il punto è che, contrariamente alla vulgata, gli umbri quando sono andati al voto della cosiddetta sanitopoli si erano persino quasi dimenticati. Ma hanno chiesto a gran voce il “ricambio”. “Basta esser governati sempre dagli stessi per 50 anni, stanno difendendo ormai solo il loro potere, altrimenti non si accanirebbero così tanto contro Salvini “, questa la richiesta che veniva dalle piazze umbre. Il rischio è che come una coazione a ripetere la sinistra continui a dare di sé questa immagine sulla difensiva.

A Bologna più che Salvini, di fatto costretto a fare la manifestazione al chiuso dai centri sociali, la vera “assediata” o meglio “autoassediata” dal suo schema pregiudiziale appariva paradossalmente proprio la sinistra di piazza Maggiore. Con un Bonaccini che sembra già in partenza essersi contraddetto rispetto al proposito, questo sì insidioso per la Lega e tutto il centrodestra, di sfidare Salvini non sul tema del governo nazionale ma su quello del governo locale. La vera posta in palio. Insieme con tutta quella Bologna ieri sera rimasta a casa anche per i disagi creati da uno stato d’allerta dovuto ai centri sociali.

Back To Top